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Attualità

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Rubrica culturale a cura di Barbara Civinini

Archivio 2002-2015 di Notizie generali

 

 

ETRUS KEY: ALLA SCOPERTA DEGLI ETRUSCHI Oltre 50 appuntamenti e più di 20 siti e monumenti da visitare. Non si tratta solo dell’estate ceretana, ma di un affascinante viaggio nel tempo, dove la ricchezza e il valore del territorio diventano i protagonisti essenziali per un programma unico nel suo genere.-Dalle mura ciclopiche poligonali dell’antica Pyrgi (III secolo a.C.) agli oscuri segreti custoditi dalla necropoli della Banditaccia. Questo e molto altro ancora riserva la seconda edizione di Etrus key, la chiave per entrare nella terra degli Etruschi, signori del Mediterraneo, immergersi nella bellezza artistica e naturalistica, comprendere i segni della storia e assaggiare le eccellenze enogastronomiche del comprensorio. L’obiettivo dell’iniziativa – organizzata dal Comune di Cerveteri in collaborazione la Soprintendenza, il Consorzio Tuscia Turismo e la Lega Coop – è quello di introdurre le eccellenze storiche artistiche ed enogastronomiche di Cerveteri nel contesto dell’Esposizione universale in corso a Milano. Il fitto programma di eventi – in calendario ogni sabato e domenica sino al 27 settembre – prevede tour guidati alla scoperta del territorio, anche notturni, e visite esperenziali per scoprire segreti, tecniche di lavorazione e antiche ricette. Per tutta l’estate, Etrus-key farà conoscere il mondo degli Etruschi e il territorio di Cerveteri – spiega Lorenzo Croci, Assessore allo Sviluppo Sostenibile del Territorio. Lo scorso anno, le Notti Bianche al Museo e tutte le iniziative proposte hanno avuto un grande successo. Dunque, questa seconda edizione, prosegue, sarà un’occasione per tutti coloro che ancora non hanno visitato la nostra città per conoscere il nostro immenso patrimonio storico, artistico e archeologico, e vedere i meravigliosi capolavori di Eufronio, in esposizione nel nostro Museo. Fra gli appuntamenti in programma la visita guidata all’Antiquarium e alle mura ciclopiche dell’antica Pyrgi al Castello di Santa Severa; le visite in notturna alla Necropoli della Banditaccia, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, e al Museo Nazionale, dove è possibile ammirare la Kylix e il Cratere di Euphronios; l’escursione nel centro storico sino ad arrivare alla Rocca Antica dove viene offerta una degustazione di prodotti tipici e di vini del territorio. Per l’occasione riparte anche il Caere Express, che dalle 21.00 accompagnerà i visitatori interessati in un emozionante viaggio nella storia. Sarà possibile visitare delle tombe normalmente chiuse al pubblico nell’area esterna alla Necropoli, come la Tomba dell’Alcova, la Tomba dei Tarquinii e la Tomba dei Tamsnie. Ogni domenica, inoltre, sarà possibile fare il tour nelle cantine ceretane e degustare antichi menù etruschi a tariffe convenzionate nelle strutture che aderiscono all’iniziativa. La partecipazione agli eventi e ai percorsi guidati è gratuità, però è obbligatoria la prenotazione. E’previsto unicamente il pagamento del biglietto d’ingresso per l’accesso al Museo e alla Necropoli della Banditaccia. Info e prenotazioni: 06.399.67.250 -06 99552637, >www.etruskey.it. (B.C.)
30 agosto 2015

L’ETA’ DELL’ANGOSCIA: DA COMMODO A DIOCLEZIANO – Dall’impero dell’oro a quello del ferro arrugginito. 200 opere straordinarie raccontano, ai Musei Capitolini, l’Età dell’angoscia. Contributi dal Metropolitan Museum, dal Louvre e dai Musei Vaticani. “I Giorni di Roma”, il progetto gestito da Roma Capitale a quattro mani con i Beni Culturali, con L’età dell’angoscia è arrivato al suo quarto appuntamento. La mostra è stata allestita con importanti contributi provenienti sia dai grandi musei internazionali come il Metropolitan Museum di New York, il Louvre di Parigi e il Museo dell’Acropoli di Atene, che nazionali, fra cui citiamo i Musei Vaticani e il Museo Archeologico di Aquileia. Il periodo storico su cui si sofferma è quello del III secolo d.C., agitato da un prolungato periodo di anarchia militare cui porrà fine Diocle, acclamato imperatore dalle sue legioni. La guerra civile dilania la popolazione, carestie ed epidemie dilagano, mentre le orde barbariche premono sui confini. I vecchi dei vengono abbandonati per fare spazio a nuove divinità di provenienza orientale, come Iside, Cibele e Mithra. I sistemi sociali ed economici collassano e la quotidianità dei cittadini è compromessa irrimediabilmente. L’angoscia lascia spazio solo all’attesa della salvezza. Diocle, divenuto l’imperatore Diocleziano, con le sue riforme politiche e amministrative cambierà l’architettura istituzionale inaugurando la Tetrarchia: il governo dei quattro. Roma non è più l’unica capitale dell’impero. L’età dell’Angoscia intende approfondire proprio “il passaggio dall’impero d’oro (quello di Marco Aurelio) a uno di ferro arrugginito”, com’era definito dagli storici dell’epoca, dal regno di Commodo (180-192 d.C.) a quello di Diocleziano (284-305 d.C.). Tutto questo è raccontato da circa 200 opere di straordinario livello artistico, esposte per la prima volta insieme. Imponenti statue di marmo e bronzo, a grandezza naturale, in alcuni casi di misura colossale, sarcofagi e urne, mosaici pavimentali e decorazioni pittoriche parietali, e ancora preziosi argenti da mensa, elementi architettonici figurati e altari permettono al visitatore di apprezzare da vicino il gusto di un’intera epoca. Il percorso espositivo, allestito nei Musei Capitolini, è articolato in sette sezioni fra cui spicca quella dedicata ai grandi mutamenti della città segnati dalla costruzione del circuito murario che prenderà il nome di “Mura Aureliane”- che ancora oggi cingono la capitale – dalla presenza di grandi caserme militari, e dalla realizzazione della Forma Urbis Severiana, una pianta marmorea dell’urbe su grande scala. Molto interessante anche la sezione dedicata alle dimore private che si sofferma sui gusti e gli arredi domestici di alcune fra le famiglie più ricche dell’epoca e quella dedicata alla vita quotidiana fuori porta. La mostra, curata dagli autorevoli Eugenio La Rocca, Claudio Parisi Presicce e Annalisa Lo Monaco, si potrà visitare sino al 4 ottobre. Info: 060608 – www.museicapitolini.org. (B.C.)
26 luglio 2015

UN VIAGGIO ALLA SCOPERTA DEL VINO ETRUSCO – Lo propone il comune di Cerveteri in collaborazione con la Soprintendenza, nell’ambito del progetto ‘Experience Etruria’. Prorogata anche la mostra dedicata ai capolavori di Eufronio, che rimarranno al Museo Cerite sino al 31 ottobre. La vitivinicoltura vanta origini antichissime. In una famosa tomba tebana della XVII dinastia (15552-1306 a.C.), sono raffigurati due contadini che colgono grappoli d’uva da una pergola. Quindi è lecito dedurre che in Egitto, già nel II millennio a.C., era diffuso il sistema di coltivazione ‘a pergola’. Nel mondo greco il vino era ritenuto un dono degli dei. A Dionisio, dio del vino – il più giovane figlio immortale di Zeus – era attribuita l’introduzione della coltura della vite nel mondo degli uomini. Numerosi sono i riferimenti del poeta Omero alla cultura del vino. Famoso l’episodio dell’Odissea in cui Ulisse acceca il ciclope Polifemo – figlio di Poseidone e di Toosa, una ninfa dei mari – dopo averlo drogato con il vino. Virgilio oltre a stilare un elenco di vini e uve in uso nel mondo antico, nelle Georgiche ci offre anche una gioiosa esaltazione della terra d’Etruria fertile d’uva e di vino. Gli etruschi furono grandi produttori ed esportatori di vino. Imbarcazioni cariche di anfore vinarie solcavano l’intero Mediterraneo. A Cap d’Antibes è stato trovato il relitto di una nave contenente circa 170 anfore di Vulci. In molti affreschi tombali di Tarquinia è raffigurato il kottabos, un gioco greco – ma l’origine sarebbe attribuita i coloni sicelioti – che consisteva nel lanciare il vino contenuto in una coppa contro una colonnina. Il premio poteva consistere anche nella “compagnia” di uno dei convitati. Nella tomba dei Leopardi di Tarquinia – datata al 473 a.C. – una delle opere più espressive e importanti dell’arte funeraria etrusca, riconosciuta insieme al resto della necropoli come patrimonio dell’umanità dall’UNESCO dal 2004, è raffigurata chiaramente una scena di un simposio – che si svolge all’aperto, fra gli ulivi – in cui i commensali, tre coppie di sposi seduti, sorseggiano vino insieme con alcune fronde di alloro. Nell’ambito del progetto ‘Experience Etruria’, promosso dalla Soprintendenza Archeologica del Lazio e dell’Etruria Meridionale, in collaborazione con il Comune di Cerveteri, Il Museo Nazionale Cerite offre un viaggio da non perdere dedicato al rapporto del popolo etrusco con il cibo, il buon vino e i frutti della terra. “La mostra – spiega Lorenzo Croci, Assessore allo Sviluppo Sostenibile di Cerveteri – è un bellissimo viaggio nel mondo della tradizione etrusca. Anfore, pregiati servizi da tavola, e immagini di banchetti e feste ci raccontano, in un viaggio emozionante tra cultura e natura, il rapporto tra il popolo etrusco e la bevanda che ancora oggi rappresenta un’eccellenza del nostro territorio, il vino”. Qui c’è il fuoco di Bacco – l’antico vino di Caere si potrà visitare sino al 31 ottobre. Ma c’è di più. Il celeberrimo cratere di Eufronio rimarrà al Museo Nazionale Cerite fino al 31 ottobre. Infatti, la mostra dedicata ai capolavori di uno dei più autorevoli maestri dell’arte greca tardo antica e dello stile a figure rosse, su richiesta dell’amministrazione di Cerveteri, è stata prorogata fino al termine dell’Expo’. Info: 06 9941354. (B.C.)
12 luglio 2015

A CENA CON TRIMALCIONE – La Fondazione Mazzetti di Asti propone un viaggio alle origini del gusto italico. Il cibo a Pompei e nell’Italia antica si può condividere anche attraverso i social seguendo l’hashtag #originidelgusto. Dal Pullum elixum ex iure suo (Pollo cotto nel suo sugo) alla Ius diabotanon in pisce frixo (Salsa vegetale per pesce fritto): un magnifico viaggio alle origini della cucina italica, ma con una pecca. Non viene svelato definitivamente il mistero del liquamen, più conosciuto come garum, anche perché sembra che Apicio non ne abbia mai data la ricetta e gli antichi riferimenti letterari ne riportano diverse versioni. Certo all’epoca era un ingrediente molto comune in cucina, lo usavano tutti, proprio come facciamo noi oggi con il sale e, molto probabilmente, il famoso gastronomo dell’urbe, citato anche da Seneca e Plinio, la ritenne superflua. L’excursus lo propone la Fondazione Mazzetti in collaborazione con i Beni culturali, e il contributo della Cassa di Risparmio di Asti, pensando anche alle linee guida di Expo. Oggi come in passato, il cibo è uno dei principali fattori che qualificano una civiltà. Legato alla sfera sociale e religiosa, concorre alla creazione del senso di appartenenza e a quella che definiamo “identità culturale”, e da lì alla comunicazione interculturale. La mostra, Alle origini del gusto. Il Cibo a Pompei e nell’Italia antica, conduce il visitatore in un viaggio, a ritroso nel tempo, alle origini del comportamento alimentare italiano che si è sviluppato sul nostro territorio: dai Greci agli Etruschi, fino agli Italici, grazie ad una formula innovativa, capace di coniugare l’archeologia con la tecnologia. Molti sono i riferimenti letterari sulla produzione agricola e la cucina dell’epoca, a partire dal ricettario di Apicio, alla cena di Trimalcione nel Satyricon di Petronio. Un grosso contributo viene dall’archeologia, in particolare dall’area vesuviana: Pompei, Ercolano e Stabia – seppelliti dall’eruzione del 79 d.C. – restituiscono rappresentazioni figurate, ambienti completi di arredamenti, impronte di coltivazioni, reperti botanici, zoologici e anche veri cibi carbonizzati. La mostra è articolata in varie sezioni che riproducono fedelmente le ambientazioni collegate al consumo, all’elaborazione e alla produzione degli alimenti. La mostra allestita nello splendido palazzo barocco Mazzetti di Asti – finito di restaurare da poco e sede del museo e della pinacoteca civica – è accompagnata da un ciclo di conferenze dedicato al cibo offerto alle divinità e ad alcuni aspetti dell’alimentazione nell’antichità e in particolare a quella di Pompei, grazie ai risultati degli studi sui reperti organici e vegetali (come semi, frutti e pane, sopravvissuti all’eruzione), rinvenuti. La manifestazione con la sua mascotte “Coco” – disegnata dal livornese Vinciguerra – si può condividere anche attraverso i social seguendo l’hashtag #originidelgusto e la pagina Facebook di Palazzo Mazzetti. Il catalogo è edito da Masilio. Alle origini del gusto si potrà visitare sino al 5 luglio. Info: 199.15.11.21 – www.palazzomazzetti.it(B.C.)
21 giugno 2015

LEUCOTEA TORNA A CASA – Inaugurata dal ministro Franceschi e dal presidente della regione Zingaretti, la mostra dedicata al santuario di Leucotea, è allestita nella Manica Lunga. Il tempio fu rinvenuto nei primi anni 60 vicino al castello dagli scavi del professor Pallottino. Si potrà visitare sino al 13 settembre. Molte delle straordinarie testimonianze rinvenute lungo il litorale a nord di Roma, proprio in prossimità del castello di Santa Severa, sono tornate a casa in occasione della mostra L’antico viaggio nel mare che nutre inaugurata nei giorni scorsi dal ministro dei Beni culturali Franceschini e dal presidente della Regione Zingaretti. A fare da guida il direttore del Museo civico del Mare e della Navigazione Antica, Enei.Allestita nella Manica Lunga – riaperta dopo lunghi anni di oblio – offre l’occasione di rivedere in loco pezzi di grande importanza e che oggi sono custoditi presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.Prima fra tutte la famosa testina di Leucotea-Thesan databile tra la metà e il terzo venticinquennio del IV secolo a.C., una cornice in terracotta di una delle celle del tempio A di Pyrgi (460 a.C.), due raffinate antefisse a testa di Sileno e di Menade e altri reperti provenienti dal piccolo Museo dell’Antiquarium. La città di Pirgy era uno dei porti di Caere Vetus (l’antica Cerveteri) e tra il VI e il IV secolo a.C. rappresentava uno dei più importanti scali commerciali del bacino del Mediterraneo. Possedeva almeno due santuari celebrati in tutto il mondo antico, frequentati da Etruschi, Greci e Fenici: un tempio della fine del VI secolo a.C. dedicato a Uni-Astarte (denominato Tempio B) e un tempio della prima metà del V secolo a.C. dedicato a Leucotea-Ilizia, (l’etrusca Uni,Tempio A). Gli importanti reperti furono portati alla luce nei primi anni 60 dagli scavi del professor Pallottino. Dell’immagine della dea in terracotta che decorava il tempio rimane solo il bel volto, quasi intatto, con i capelli al vento, che volge lo sguardo verso l’approdo sicuro offerto da Eracle. E’ proprio a lei, la “dea bianca”, protettrice dei naviganti, divenuta simbolo di sacra ospitalità, che è dedicata la mostra organizzata anche con il contributo de La Sapienza e dei comuni del comprensorio che partecipano al progetto Experience Etruria, nato proprio per valorizzare l’antica terra degli Etruschi, promosso dalla nuova Soprintendenza Archeologia del Lazio, recentemente accorpata con quella dell’Etruria Meridionale. La leggenda vuole che la dea fosse approdata a Roma dopo il suicidio e la sua trasformazione in nereide. Pagava pegno per aver allevato Dioniso, figlio adulterino di Zeus. Divenuta divinità del mare, è sarà lei a donare a Odisseo la fascia miracolosa con la quale riesce raggiungere la terra dei Feaci. Felice esempio di collaborazione tra istituzioni: Regione, Ministero e Soprintendenza, la mostra si potrà visitare sino al 13 settembre.
(B.C.)

7 giugno 2015

A RISCHIO PALMYRA, UN CRIMINE CONTRO L’UMANITA’ 120 esperti di tutto il mondo si appellano al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per fermare il saccheggio. Intanto le città italiane che ospitano un sito UNESCO listano i monumenti a lutto. Anche Cerveteri aderisce alla campagna #unite4heritage. Sotto i colpi della furia distruttrice dei miliziani dell’Isis adesso potrebbe scomparire anche Palmyra. Importante centro carovaniero nel deserto siriano fin dall’antichità, tanto da essere soprannominata la Sposa del deserto, fu poi assimilata dall’impero romano cui risalgono gran parte delle rovine esistenti (I e II secolo d.C.). Il suo nome è una fedele traduzione greca dall’aramaico tadmor, che significa palma. Anche se la Siria era divenuta provincia romana nel 64 a.C., Palmyra, che aveva mantenuto una certa autonomia, fu annessa ufficialmente più tardi, intorno al 19 d.C. Ottenne da Roma lo statuto di città libera tra la fine del II e l’inizio del III secolo, all’epoca di Settimio Severo, per intenderci. Si tratta di un patrimonio di valore inestimabile e in perfetto stato di conservazione che noi tutti non possiamo perdere. Proprio per questo un gruppo di esperti e universitari si è rivolto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per fermare lo scempio e il saccheggio. Del resto lo stesso parlamento europeo, alla fine di aprile, aveva già preso posizione a Strasburgo definendo la distruzione dei siti archeologici e culturali da parte dello Stato islamico – riporta l’Ansa – come un “crimine contro l’umanità”. “Non si tratta solo degli effetti della guerra”, affermava Silvia Costa, Presidente della Commissione cultura Ue, proseguiva l’agenzia, ma di un’azione programmata di pulizia culturale che intende cancellare i simboli culturali e religiosi, patrimonio di quelle popolazioni e del mondo intero. Proprio per questo l’UNESCO ha lanciato una campagna contro la distruzione del patrimonio storico e culturale in Medio Oriente. All’iniziativa hanno aderito tutte le città italiane che ospitano un sito “patrimonio dell’umanità”. Il comune di Cerveteri ha partecipato a questa iniziativa di civiltà listando a lutto la facciata del Museo Archeologico Cerite, anche in segno di cordoglio per le vittime civili e di profondo sdegno per una barbarie ingiustificabile e insensata, ha detto il sindaco. L’iniziativa è sostenuta dall’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale Unesco, di cui Pascucci è vicepresidente. A Firenze è stata incappucciata la statua della Primavera sul ponte Santa Trinità, simbolo dei danni subiti dalla città durante la Seconda guerra mondiale. A Urbino il drappo è stato appeso da una delle finestre di Palazzo Ducale che si affacciano su Piazza Duca Federico. Verona ha scelto il suo monumento più famoso, l’Arena. A Roma l’hashtag di #unite4heritage è stato affisso in Piazza del Campidoglio. Sul sito www.sitiunesco.it è possibile visitare la galleria fotografica dei monumenti italiani “messi a lutto” per protestare contro le violenze dei terroristi. (B.C.)
22 maggio 2015

TERRAMARE RACCONTA IL CULTO DEI MORTI DI 3 MILA ANNI FA – Il Museo civico di Modena, con un’accurata ricostruzione al vero, mette in “scena” i riti funebri della necropoli di Casinalbo, scoperta alla fine dall’800, e oggi oggetto di una nuova campagna di scavo che ha restituito più di 600 tombe a pozzetto. La morte e la vita di una comunità dell’età del bronzo. L’antico sepolcreto di Casinalbo (MO) ha restituito più di 600 tombe a pozzetto, grazie alla nuova campagna di scavo del Museo Civico Archeologico di Modena, fatta in collaborazione con la Soprintendenza, che ha esplorato un quinto dell’estensione presunta, pari a circa 12.000 metri quadrati. La necropoli fu scoperta alla fine dall’800, vicino a uno di quegli abitati dell’età del bronzo – conosciuti come “terramare” – che dal 1650 a.C. occuparono in modo capillare la pianura padana centrale. Una scoperta davvero importante perché con le sue urne, i sentieri che delimitavano i nuclei di sepoltura e le aree dove si svolgevano rituali del rogo funebre, ha rivelato aspetti inediti della morte e della vita di una comunità di oltre 3000 anni fa. Le nuove tecniche di ricerca archeologica e antropologica hanno consentito di recuperare importanti informazioni sull’assetto demografico, l’organizzazione della società e le condizioni di vita dei suoi abitanti. Per esempio si è scoperto che questi antichi antenati cremavano i defunti su una pira e praticavano l’ossilegio, cioè la raccolta selezionata dei resti ossei, accompagnando il rito con libagioni, e forse con vino. Sulla base di questa ricerca Fausto Ferri ha allestito al Palazzo dei Musei di Modena una mostra che, attraverso un’accurata ricostruzione al vero, conduce il visitatore a percorrere un sentiero dell’area sepolcrale e ad assistere alle cerimonie con cui la comunità affidava il defunto al mondo ultraterreno, mettendo così “in scena” la necropoli. Le ricostruzioni, i filmati e le voci che nell’oscurità sussurrano i versi dei funerali di Patroclo e di Ettore dell’Iliade, contribuiscono a creare una dimensione molto evocativa. Il percorso espositivo è ricco di immagini, testi, strumenti multimediali e straordinari reperti provenienti non solo da Casinalbo ma anche da altre necropoli dell’età del bronzo dell’Emilia-Romagna, del Veneto e del Piemonte. Le urne dei forti. Storie di vita e di morte in una comunità dell’età del Bronzo è stata realizzata con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena e con il Patrocinio dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. Il titolo della mostra, spiegano al museo, è stato ispirato dai famosi versi dei Sepolcri di Foscolo (egregie cose il forte animo accendono/l’urne de’ forti, o Pindemonte) contrario all’editto napoleonico che imponeva lapidi anonime per evitare le discriminazioni fra defunti non abbienti. Curata da Andrea Cardarelli, professore di Preistoria e Protostoria all’Università Sapienza di Roma – che firma anche l’edizione scientifica della ricerca – e da Cristiana Zanasi, del Museo Civico Archeologico di Modena, si potrà visitare sino ai primi di giugno. Info: 059 2033101-125 – www.comune.modena.it/museoarcheologico(B.C.)
24 maggio 2015

SUL PALATINO TORNANO I DIOSCURI RESTAURATI – Castore e Polluce, dopo il restauro, tornano alle pendici del Palatino, nel Tempio di Romolo, riaperto per l’occasione. Il gruppo scultoreo in stile arcaico fu ritrovato in pezzi nella vicina vasca della fonte Giuturna, così chiamata in onore della ninfa con cui i romani personificavano la fonte sacra, Lacus Iuturnae. Sette sculture legate alla fonte Giuturna tornano a essere esposte al pubblico nel Tempio di Romolo, che ha riaperto al pubblico proprio per quest’occasione. Il gruppo è composto dai Dioscuri – i due gemelli divini Castore e Polluce – con i rispettivi cavalli, mentre l’ara riporta le immagini legate alla loro leggenda. Li accompagna una statua di Apollo – che probabilmente decorava il vicino Statio Aquarum, la sede dell’amministrazione degli acquedotti – e la sponda in marmo bianco del pozzo della sorgente. Il parapetto, perfettamente conservato, riporta due iscrizioni che ricordano il magistrato Marcus Barbatius Pollio (I sec. a.C. età augustea), il quale lo dedicò a Giuturna. Iuturnai sacrum si legge, con riferimento alla ninfa con la quale i romani personificavano la fonte sacra. E’ una delle sorgenti più importanti dell’antica Roma: le sue acque erano ritenute salutari. La leggenda vuole che i Dioscuri siano apparsi ai Romani per guidarli contro i Latini, alleati di Tarquinio il Superbo, nella battaglia al Lago Regillo (499 a.C.) per la difesa di Roma. Furono poi visti abbeverare i loro cavalli alla fonte di Giuturna e annunciare in città la vittoria. La sorgente, che scaturiva ai piedi del Palatino, tra il Tempio di Vesta e quello dei Càstori (chiamato così in onore di Castore), fu individuata dagli scavi di Giacomo Boni nel 1900. La mostra ha offerto l’occasione per restaurare il gruppo scultoreo in stile arcaico, ritrovato in pezzi nella vasca della fonte, e databile tra la fine del II a.C. e l’inizio del I sec. a.C. Le preziose statue dei Dioscuri provengono dall’area archeologica che si trova a poca distanza dal Tempio di Romolo. I più curiosi possono individuare con precisione dove sgorgava l’acqua. L’allestimento, molto curato, restituisce perfettamente le suggestioni e i riflessi dell’antica sorgente. Ancora oggi il tempio conserva un pozzo quadrato senza parapetto, visibile attraverso un vetro nell’area destra del pavimento della rotonda, e nella cripta una sorgente d’acqua, utilizzata nella liturgia medievale dall’adiacente chiesa dei Santi Cosma e Damiano. Il tempio di Romolo oggi si presenta come un edificio di mattoni coperto a cupola con un imponente portale. Nonostante il restauro integrale avvenuto nel XVII secolo, non ha subito sostanziali modifiche. Ma è soprattutto l’imponente porta di bronzo a impressionare. Persino la serratura è ancora quella originale e perfettamente funzionante. Fu riallestita così come la vediamo oggi dopo gli scavi fatti da Rodolfo Lanciani alla fine del XIX secolo, che fra l’altro riportarono alla luce la quota pavimentale antica. Nel restauro eseguito dalla Soprintendenza per gli interventi legati al Giubileo del 2000, è stata completamente demolita la volta barocca ricostituendo la volumetria antica. Lacus Iuturnae-La fontana sacra del Foro Romano, promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area Archeologica di Roma con Electa, si potrà visitare sino al 20 settembre. Info: www.electaweb.it(B.C.)
10 maggio 2015

NELL’URBE A SPASSO CON GIULIO CESARE – Raddoppia lo spettacolo ai Fori imperiali. Il 24 aprile prima fuori cartellone gratuita e no-stop dalle 22.20 all’una di notte. Il premio Oscar Storaro riscrive la storia di Roma caput mundi con la luce. Dopo il grande successo ottenuto lo scorso anno dal “Foro di Augusto”- voluto dal princeps per celebrare la nuova età dell’oro – il progetto di valorizzazione dei Fori Imperiali di Roma Capitale si amplia aggiungendo una nuova tappa al percorso turistico: il “Foro di Cesare”, inaugurato dallo stesso Giulio Cesare nel 46 a.C. L’insolita passeggiata notturna nel cuore dell’urbe, ideata lo scorso anno da Piero Angela e Paco Lanciano, riprende il suo viaggio nella storia dal prossimo 25 aprile. Roma a quel tempo contava più di un milione di abitanti: nessuna città al mondo aveva mai avuto una popolazione di quelle proporzioni; solo Londra nell’800 raggiunse queste dimensioni. Era la metropoli dell’antichità: la capitale dell’economia, del diritto, del potere e del divertimento. Con questa nuova iniziativa sarà possibile riviverla com’era a quell’epoca, grazie anche alle luci del premio Oscar Vittorio Storaro. Dal prossimo compleanno di Roma, il 2768°, infatti, si accenderà l’illuminazione artistica permanente dei Fori Imperiali firmata dal maestro italiano della fotografia (Apocalypse Now, Reds, L’ultimo imperatore). “Chi fa fotografia scrive con la luce la storia del film”, spiegava Storaro a Rainews.it prima che partisse il progetto. Dal 21 aprile la luce riscriverà la storia di Roma caput mundi (foto 1). Gli spettatori saranno accompagnati dalla voce di Piero Angela e da filmati che la ricostruiranno con grande rigore storico e scientifico. Il racconto partirà dallo smantellamento dell’intera area, voluto per costruire via dei Fori Imperiali, ed entrerà nel vivo della storia partendo dai resti del maestoso Tempio di Venere, cercando di rievocare il ruolo del Foro di Cesare nella vita dei romani, ma anche la figura stessa dell’imperatore. “Il Foro di Cesare è stato devastato nel Rinascimento, ma alcune colonne si sono salvate e nei filmati vedremo anche il momento della scoperta del foro, che era sotterraneo, negli anni ’30 – ha spiegato il divulgatore scientifico e conduttore televisivo, riporta AdnKronos – dove c’erano tribunali, negozi, forse persino una scuola. Il tempio purtroppo è sparito, ma noi abbiamo immaginato di entrarci dentro e vedere com’era all’epoca”. Per assistere allo spettacolo itinerante all’interno del Foro di Cesare, l’accesso avverrà attraverso la scala collocata nei pressi della Colonna Traiana. Il pubblico attraverserà quindi il Foro di Traiano, su una passerella realizzata per l’occasione, e percorrerà la galleria sotterranea dei Fori Imperiali, aperta per la prima volta dopo gli scavi del secolo scorso. Ma c’è di più. In occasione del Natale di Roma sarà possibile vedere nuovamente in piedi le prime 7 colonne del Tempio della Pace, oggetto di un importante intervento di recupero. I due percorsi sono in programma dal 25 aprile al I novembre con tre repliche a sera per il Foro di Augusto (foto 2) e a ciclo continuo per quello di Cesare, da vivere separatamente o in forma combinata nella stessa serata o in due serate diverse. La prima fuori cartellone, il 24 aprile, sarà gratuita e no-stop dalle 22.20 all’una di notte per quanti si prenoteranno allo 060608. Info: www.viaggioneifori.it. (B.C.)
19 aprile 2015

AUGUSTO: LA RIVOLUZIONE DEL TEMPO – Il nuovo calendario del primo imperatore di Roma finì per rivoluzionare il tempo pubblico, sociale e religioso coinvolgendo l’intera città. In mostra anche il rarissimo calendario di Alba Fucens. L’iniziativa dalla Soprintendenza speciale di Roma chiude le celebrazioni del Bimillenario.
Lo usiamo ancora oggi a distanza di quasi duemila anni, eppure lo riscrisse proprio lui, il princeps per eccellenza, il primo imperatore di Roma. Stiamo parlando del calendario. La Soprintendenza speciale di Roma racconta questa rivoluzione del tempo con una mostra del tutto particolare, La rivoluzione di Augusto. L’iniziativa è stata organizzata a quattro mani con Electa, che ne ha curato anche il catalogo, e allestita a Palazzo Massimo, presso il Museo Nazionale Romano che ha messo a disposizione molti reperti importanti. Il calendario in uso dall’età regia fino alla riforma di Giulio Cesare del 46 a.C., riportava solo feste in onore degli dei. Augusto, in qualità di pontifex maximus, lo manipola e accanto alle vecchie festività ne inserisce delle nuove legate alla sua figura (nascite, morti, vittorie, onorificenze), mutando così l’organizzazione e l’ordine del tempo per sempre. Le innovazioni introdotte dall’imperatore trovano riscontro anche nell’opera di Ovidio: Fasti. I calendari erano detti anche Fasti perché il termine indicava i giorni dell’anno in cui si poteva compiere l’attività amministrativa. La rivoluzione del calendario si propaga rapidamente in tutte le province con piccole variazioni o riferimenti locali e prosegue nel tempo per arrivare fino alle modifiche introdotte da papa Gregorio XIII nel 1582. Insomma, il nuovo calendario finisce per rivoluzionare il tempo pubblico, sociale, religioso coinvolgendo l’intera città che Augusto “riscrive” anche topograficamente. Il territorio urbano è ampliato e diviso in 14 regiones, all’interno delle quali vi sono 265 vici, una sorta di rioni che adesso sono coinvolti non solo nel vecchio culto dei Lari Compitali, ma anche nella gestione sei servizi urbani. I ceti più umili sono chiamati a sovraintendere al nuovo culto attraverso i magistri – scelti tra i liberti – e i ministri – scelti tra gli schiavi – con la partecipazione di tutti gli abitanti del rione. Insomma, una vera e propria operazione di consenso popolare. Così la riorganizzazione dello spazio si fonde con quella del tempo dando vita a nuove feste e tradizioni. La mostra cerca di descrivere questa rivoluzione esponendo anche degli autentici capolavori, molti provenienti dallo stesso museo che la ospita, come l’Augusto pontefice massimo e le lastre marmoree del calendario prenestino di età augustea. In mostra anche il calendario di Alba Fucens, un rarissimo esempio di calendario dipinto su intonaco, posteriore alla riforma cesariana, rinvenuto nel 2011. La rassegna è completata dal cortometraggio “A” Elegia di Augusto che ripercorre i principali luoghi augustei, facendo rivive la personalità del divus e da un suggestivo video in 3D che ricostruisce la Villa della Farnesina con tanto di arredi e di affaccio sul Tevere, attribuita all’unica figlia dell’imperatore, Giulia, condannata all’esilio per adulterio. La mostra si potrà visitare sino al 2 giugno. Info: 06 67232680 – 06 39967700. (B.C.)
29 marzo 2015

LIVIA: DIVINA AUGUSTA – Il Museo della città romana di Claterna l’8 marzo accompagna i visitatori alla scoperta del ruolo delle donne tra potere e quotidianità attraverso le molte testimonianze offerte dagli scavi iniziati alla fine del XIX secolo. L’antica civitas dorme intatta sotto i campi di Ozzano, a mezzo metro di profondità, da quasi duemila anni.
Ozzano (BO) 
– L’8 marzo il Museo della Città romana di Claterna lo dedica a Livia Drusilla Claudia, prima imperatrice di Roma (27 a.C.), svelando i tanti volti di una donna che visse per tutta la vita al fianco dell’uomo più potente dell’Orbis Terrarum, in uno dei momenti storici cruciali per il destino di Roma. Livia sposò Ottaviano tre giorni dopo la nascita di Druso, figlio del primo marito, il cugino patrizio Tiberio Claudio Nerone, che le concesse il divorzio. In molti sostennero che si trattasse di un matrimonio di utilità politica per accaparrarsi il sostegno della gens patrizia dei Claudii, ma i coniugi rimasero insieme per 51 anni, anche se non ebbero figli propri. Ben presto Livia divenne un modello da imitare per le matrone romane. Alcune voci, riportate da Cassio Dione Cocceiano, la accusarono di essere dietro la morte di Marco Claudio Marcello, il nipote favorito di Augusto, avvenuta nel 23 a.C., ma Svetonio nella sua Vita dei dodici Cesari non ne fa alcuna menzione, mentre Tacito afferma la sua estraneità a quei fatti. A ogni buon conto Ottaviano, divenuto imperatore con l’appellativo di Augusto, alla sua morte nel testamento la adotta, affiliandola così ufficialmente alla stirpe degli Iulii. Sarà poi il nipote Claudio a divinizzarla come “Divina Augusta”. Tacito nei suoi Annali ci ha lasciato il ritratto di una donna di grande influenza. L’iniziativa, promossa dalla Soprintendenza archeologica regionale in collaborazione con l’associazione Culturale Civitas Claterna, propone un vero e proprio excursus sul ruolo delle donne romane tra potere e quotidianità, attraverso le molte testimonianze offerte dal museo ricco di accessori e suppellettili. Il Museo della città romana di Claterna è stato inaugurato nel dicembre 2006 ed è ospitato all’interno del Palazzo della Cultura di Ozzano dell’Emilia. Espone una selezione di reperti catalogati negli ultimi 30 anni, anche se gli scavi archeologici iniziarono nel 1891. L’antica civitas di Claterna, che dorme intatta sotto i campi di Ozzano, a mezzo metro di profondità, da quasi duemila anni, crebbe a cavallo della via Emilia – il decumanus maximus, la direttrice commerciale più importante della Padania – dalla metà del II secolo a.C. fino al IV d.C. Raggiunse l’autonomia amministrativa, quando, nel I secolo a.C. – forse nel periodo sillano o più tardi, sotto Cesare – fu elevata al rango di municipio. La città, dal nome di origine etrusca, aveva un assetto monumentale tipicamente urbano, come testimoniano strade, ambienti termali, case, fognature, iscrizioni, oggetti d’uso e d’ornamento. Le domus che spesso mostrano il classico schema ad atrium tipico della tradizione romana, avevano stanze spaziose, con bei pavimenti spesso a mosaico o in cocciopesto decorati con disegni eleganti, geometrici o ispirati a motivi vegetali, erano dotate anche di vasche e peristili con aree aperte e porticate. Claterna arrivò alla massima espansione durante l’impero. Il patrono della città fu l’amico e genero di Augusto, Agrippa. Info: www.civitasclaterna.org. (B.C.)
8 marzo 2015

LA GRANDE BELLEZZA DEI SOGNI – La Hollywood sul Tevere si racconta mettendo in mostra gli abiti più belli degli ultimi cento anni a palazzo Braschi, antica testimonianza di nepotismo pontificio. In esposizione pezzi unici, entrati nell’immaginario collettivo, dallo scialle di Assunta Spina, alla redingote di Casanova. Il cinema si racconta mettendo in mostra i sui costumi più belli, dall’epoca del muto a “La grande bellezza”. Un tributo all’eccellenza italiana – un’arte nell’arte – che ha valso al nostro Paese 12 statuette in 100 anni. Un vero e proprio evento allestito nel cuore della città, fra le mura del Museo di Roma, che nacque per custodire la memoria di quella parte di capitale che andava scomparendo, prima per le demolizioni imposte dai piani regolatori di fine ottocento e poi per lo smantellamento d’intere aree urbane voluto per far posto alla “Terza Roma” di Mussolini. Dallo scialle di Francesca Bertini in “Assunta spina” al magnifico abito bianco indossato da Claudia Cardinale per il celeberrimo ballo con il principe di Salina de “Il gattopardo”, dalle superbe mise di “Marie Antoinette” ai composti panni de “Il giovane favoloso”: questi sono i Vestiti dei sogni. La mostra promossa da Roma capitale e realizzata dalla Fondazione Cineteca di Bologna, raccoglie oltre 100 pezzi unici, decine di bozzetti e una selezione di oggetti, che creano un dialogo con la quadreria di una location eccezionale come quella di Palazzo Braschi, ultima testimonianze di nepotismo pontificio. Situato nel cuore rinascimentale dell’urbe, tra Piazza Navona e Corso Vittorio Emanuele II, fu commissionato da Papa Pio VI (1775–1799) per il nipote, Luigi Braschi Onesti, e la sua costruzione iniziò nel 1792 proprio nella stessa area del quattrocentesco palazzo Orsini, fatto demolire l’anno precedente. Dunque una mostra che non vuole esser una semplice esposizione di abiti, ma vuole far emergere l’importanza di una tradizione artigiana italiana che con i suoi splendidi costumi non è solo entrata a pieno titolo nell’immaginario collettivo d’intere generazioni, ma ha fatto anche scuola nel mondo, raccontandone la sua lunga storia. Il percorso, articolato in più ambienti, culmina nel salone dedicato alla Sartoria Tirelli, che quest’anno festeggiarne il cinquantenario. All’esposizione hanno partecipato tutte le più importanti Maison, da Farani a Gattinoni, da Attolini a Devalle. E gli Oscar ci sono tutti, da Piero Tosi (alla carriera, nel 2013) a Danilo Donati (per “Romeo e Giulietta” di Zeffirelli e “Il Casanova” di Fellini), da Milena Canonero (ben tre, il primo per “ Barry Lyndon”, poi per “Momenti di gloria” e in anni recenti per la “Marie Antoniette”) a Gabriella Pescucci (per “L’età dell’innocenza”). Una mostra da non perdere per gli appassionati che potranno trovare gli abiti di scena dei loro sogni: dalla redingote di Casanova alla più sofisticata mise di Cleopatra, alla giacca di Jep Gambardella. Il tutto è nobilitato dall’allestimento delle luci di Luca Bigazzi, tra i più apprezzati direttori della fotografia del panorama contemporaneo. La mostra si potrà visitare sino al 22 marzo. Info: 060608 – www.museodiroma.it – www.cinetecadibologna.it(B.C.)
22 febbraio 2015

ARRIVA IL CATASTO DIGITALE DI ROMA ANTICA – Lo aveva già fatto Leon Battista Alberti. Adesso l’antico Catasto Gregoriano voluto da Pio VII nel 1816 è disponibile sulla rete in open source. Un’accurata ricostruzione topografica della Roma antica l’aveva già fatta nel XV secolo Leon Battista Alberti con la sua “Descriptio urbis Romae”. Adesso, a distanza, quasi, di seicento anni arriva quella online in open source realizzata dalla Sovrintendenza Capitolina in collaborazione con l’Università Roma Tre, l’Archivio Storico Capitolino, l’Archivio di Stato e l’Istituto Centrale per la Grafica. Descriptio Romae Webgis è una sorta di banca dati basata sul Catasto Gregoriano, voluto da Pio VII nel 1816 e portato a termine sotto Gregorio XVI nel 1835, la prima mappatura sistematica della città, dei suoi spazi e dei suoi edifici. Un patrimonio inestimabile composto di 90 tavole ad acquerello, con oltre 15mila particelle, che restituisce quasi un’istantanea di una Roma che prova a cambiare e a riorganizzarsi dopo l’occupazione napoleonica. Con la modalità webgis – un’estensione alla rete degli applicativi nati e sviluppati per gestire la cartografia numerica – adesso è possibile trasformare ogni edificio e spazio della città in un contenitore grafico in cui raccogliere documenti di varia origine, magari provenienti anche dall’estero. Il nuovo prodotto informatico – spiegano al SAN (Sistema Archivistico Nazionale) – è stato concepito non solo per svincolare la consultazione in loco dei documenti relativi alla città storica, favorendone così una maggiore tutela, ma anche per facilitare una migliore interconnessione fra le diverse serie documentali. Pensiamo, proseguono, che sia stato conseguito un risultato di notevole importanza scientifica, nel campo dell’organizzazione e diffusione delle conoscenze. Adesso, con il Catasto Gregoriano webgis, l’insieme di dati e documenti sulla storia, l’architettura e l’archeologia della città possono finalmente trovare una collocazione sistematica indipendente dalla location effettiva. Lo studio è stato coordinato da Susanna Le Pera per la Sovrintendenza capitolina, Paolo Micalizzi per Roma Tre e Paolo Buonora per l’Archivio di Stato. La consultazione è libera. Il nuovo catasto digitale di Roma antica è anche su Facebook: basta cercare “descriptio romae”. Info: www.san.beniculturali.it. (B.C.)
2 febbraio 2015

KEYS TO ROME: DA ALESSANDRIA A SAJEVO Roma Capitale, con la rete europea dei Musei Virtuali, lancia un esperimento culturale unico collegando i musei di quattro grandi città. Un percorso fatto di filmati e di sistemi d’interazione naturale che guidano i visitatori alla scoperta del mondo conosciuto di allora. Roma Capitale con Keys To Rome. La città di Augusto lancia un esperimento culturale unico nel suo genere perché, grazie alle nuove tecnologie, collega i musei di quattro grandi città – Amsterdam, Alessandria d’Egitto e Sarajevo – in un viaggio a ritroso nel tempo alla scoperta di Roma nel mondo conosciuto di allora. L’evento, inaugurato ai Mercati di Traiano proprio nel giorno della nascita di Augusto, pater patriae, è organizzato, nell’ambito di un più ampio progetto di ricerca internazionale, da V-MUST, la rete europea dei Musei Virtuali, coordinata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, con il supporto della Commissione Europea. Tema centrale della mostra è proprio lo sviluppo della cultura romana in queste diverse location che simboleggiano i quattro angoli dell’impero: nel cuore di Roma all’interno del Mercato di Traiano che ospita il Museo dedicato all’architettura e alla scultura dei Fori Imperiali; ad Alessandria d’Egitto, nelle splendide sale della moderna Biblioteca Alessandrina che ha all’attivo il più importante Museo della Biblioteca, costruita durante il regno di Toloneo II e distrutta varie volte tra il 48 a.C. e il 62 d.C. (con lei sono andati perduti per sempre più di 40 mila rotoli); ad Amsterdam, nell’innovativo Museo Allard Pierson dedicato alle civiltà antiche; e, infine, a Sarajevo, all’interno della storica biblioteca, restaurata da poco. Il percorso, fatto di filmati, di sistemi d’interazione naturale e applicazioni mobili, guiderà il visitatore alla scoperta della storia di Roma, grazie a due protagonisti – un vecchio mercante e suo nipote – che devono ritrovare gli oggetti appartenuti alla famiglia e svelarne i segreti, usando le chiavi della città, nell’unico giorno in cui il dio Giano consente di aprire le porte del tempo. Infine, video-pannelli presenti lungo il percorso espositivo illustrano le novità scientifiche degli ultimi scavi. Nella Grande Aula del Museo, una mappa della città dà al visitatore la sensazione di “camminare” nella Roma di duemila anni fa. Il Foro di Augusto, il suo Mausoleo, l’Ara Pacis e gli altri monumenti, “emergono” dalla mappa e raccontano la propria storia, grazie a due guide d’eccezione: lo stesso princeps e il suo braccio destro, Agrippa. La manifestazione è stata arricchita dal “Digital Museum Expo”, workshop rivolto agli operatori di settore per presentare le soluzioni tecnologiche più recenti, create per i musei del futuro. L’Expo, ospitata inizialmente a Roma, sempre all’interno del Museo dei Fori Imperiali, tra ottobre e dicembre si è spostata a turno nelle atre tre città di “Keys to Rome”. La mostra si potrà visitare sino al 12 aprile. Info: 060608 – www.itabc.cnr.itwww.mercatiditraiano.it(B.C.)
11 gennaio 2015

RIVIVE LO STADIO DOMIZIANO DEI GLADIATORES Non tutti sanno che sotto la splendida piazza Navona – voluta da Papa Innocenzo X, nato Giovanni Battista Pamphilj, nel XVII secolo per celebrare il suo casato, in una sorta di competizione “amichevole” con i Barberini ed i Farnese – una volta, ai tempi dell’antica Roma, c’era uno stadio. Venne fatto costruire dall’imperatore Domiziano – da cui prese il nome – nell’85 d.C. e fu restaurato Alessandro Severo nel III secolo d.C. Era lungo 276 metri, largo 106 e poteva ospitare 30.000 spettatori. Dato che si trattava di uno stadio e non di un circo non aveva nè cancelli né spina centrale, come al Circo Massimo per intenderci. Il nome originario era mutuato da agon, un termine latino di derivazione greca (lat. agon -onis) sinonimo proprio di gara sportiva, da cui in Agone. Oggi la piazza ricalca il perimetro dell’antico stadio, che rimase in funzione sino al V secolo d.C., e nel sottosuolo conserva ancora l’impronta della struttura originaria. Roma Capitale nel 2010 ha affidato in concessione a privati l’intero plesso archeologico rimasto chiuso per anni. Ed è proprio in quest’area, riaperta di recente al pubblico dopo i lavori di restauro, che la società Stadio Domiziano propone la mostra Gladiatores e agone sportivo: una sorta di viaggio nella gladiatura, una delle espressioni più caratteristiche della cultura di Roma antica. L’esposizione che sviluppa il filone dell’archeologia sperimentale, articolata in sei sezioni, ripercorre la storia dell’armamento gladiatorio dal IV secolo a.C. fino all’inizio del II secolo d.C., illustrandone le diverse tipologie e seguendone l’evoluzione. Al centro della mostra c’è la figura del gladiatore, divisa per classi di appartenenza e corredata di tutti gli accessori necessari nelle competizioni sportive. I prototipi provengono dalla collezione dall’architetto Silvano Mattesini (Associazione Archeos), curatore della mostra, che comprende corazze, elmi (foto), spade, scudi, schinieri, cinture, cingula e maniche di protezione, per un totale di oltre 300 esemplari. I visitatori, tramite accurate ricostruzioni al vero, avranno modo di prendere confidenza con gli antichi gladiatori di Roma, dai Venatores specializzati nel combattimento con le fiere ai Provocatores armati alla maniera militare, dai Thraeces di origine tracica ai più comuni Mirmillones. Matteo Tamburella, responsabile della struttura, svela un antico mistero: gli incontri furono spostati nell’odierna piazza Navona nel II secolo d.C., quando vennero effettuati i lavori di restauro del Colosseo. “Il ritorno dei gladiatori allo Stadio Domiziano, spiega, ha un doppio significato: vuole ricordare che i gladiatori hanno combattuto non solo al Colosseo ma anche in questo stadio e che le regole gladiatorie furono codificate stabilmente proprio dall’Imperatore Domiziano dopo trecento anni di gestione privata”. La mostra si potrà visitare sino alla fine di marzo. Info: 06 45686101-06 45686100 – www.stadiodomiziano.com. (B.C.)
21 dicembre 2014

LA ROMA BAROCCA DEI BASSIFONDI“Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini”, vale a dire: “Ciò che non fecero i barbari, lo fecero i Barberini”. Così una delle più celebri pasquinate metteva in ridicolo Papa Urbano VIII Barberini (1623-1644), perché aveva permesso di usare le decorazioni di bronzo del Pantheon e di altri monumenti antichi per fare il Baldacchino di San Pietro in Vaticano. Ed è proprio questa Roma dei bassifondi popolari che rumoreggiano, una città di perdizione e di miseria, che l’Accademia di Francia espone a Villa Medici, nelle Grandes Galeries. Ironia del destino, la mostra si svolge proprio nella Capitale, a pochi isolati di distanza dal luogo dove riposa ancora oggi la celebre statua di Pasquino, in un piccolo slargo alle spalle di piazza Navona. Fu rinvenuta nel 1501 durante i lavori di ristrutturazione di Palazzo Orsini (l’attuale Palazzo Braschi). In realtà si tratta del frammento di un gruppo scultoreo in stile ellenistico databile al III secolo a.C., attribuito ad Antigonos, e forse rappresentava un guerriero greco. I bassifondi del Barocco. La Roma del vizio e della miseria, è ideata e organizzata in collaborazione con il Petit Palais, Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris, dove si sposerà dalla fine di febbraio. E’ stata curata nei minimi dettagli da Annick Lemoine, responsabile del Dipartimento di Storia dell’arte dell’Accademia di Francia e da Francesca Cappelletti, una delle maggiori esperte del ‘600. L’obiettivo è quello di raccontare un mondo “miserabile”, vittima di vizi ed eccessi di ogni tipo, che portò a una stupefacente produzione di opere poco conosciute anche perché conservate, in gran parte, in collezioni private. Dalle abili pennellate prendeva corpo un mondo indecoroso, quello dei bassifondi, delle taverne, dei luoghi di perdizione, e soprattutto dell’indigenza più feroce – come hanno sottolineato le curatrici della mostra – che divenne il tratto unificante di uno stile pittorico che finì per rovesciare totalmente quello classico proposto dall’arte ufficiale della Roma Barocca. Il percorso espositivo, è articolato in svariate sezioni, da quella dedicata alle “tentazioni di Bacco”, a quella dei “divertimenti” dove campeggia un ritratto di Anonimo caravaggesco intitolato in maniera del tutto esplicita: “Bravo che fa il gesto della fica’ con le dita”, a quella dedicata alla “città dei margini”, dei più miseri. E’ la prima volta che viene raccontato il lato oscuro della Roma barocca – ha spiegato il direttore di Villa Medici Eric de Chassey, riporta l’ANSA – e questi artisti vivevano proprio qui, ai piedi di questa collina che ospita l’Accademia. In tutto si tratta di una cinquantina di opere realizzate a Roma nella prima metà del XVII secolo da artisti provenienti da tutta l’Europa, tra cui Claude Lorrain, Bartolomeo Manfredi e Jusepe de Ribera. Le opere esposte provengono dai più importanti musei europei, ma anche da prestigiose collezioni private e alcune sono state esposte al pubblico raramente. La mostra si potrà visitare sino al 18 gennaio. Info: 06 6761 311 – www.villamedici.it. (B.C.)
23 novembre 2014

SUL PALATINO RIAPRE LA DIMORA DI AUGUSTO Il Divus nel 36 a.C, ancora prima della vittoria di Azio – come testimonia lo storico Velleio Patercolo – aveva acquistato un certo numero di case sul Palatino, per ristrutturare la sua modesta abitazione, confiscata all’oratore Ortensio, per costruire una domus degna del suo status, proprio accanto al primo insediamento di Romolo. La destinazione della collina mutò completamente e da quartiere residenziale divenne un luogo riservato ai fasti dell’autorità imperiale. D’ora in poi la solennità delle funzioni pubbliche coesisterà con la dimensione privata dell’imperatore. Ben presto il nome del colle che la ospitava, il Palatium, divenne sinonimo di palazzo di rappresentanza per eccellenza. Anche se formalmente Augusto non sembrò allontanarsi dai mores maiorum (costumi degli antenati), la vecchia struttura dell’ordinamento repubblicano si trasformò, di fatto, in quella imperiale, che accentrò nelle mani di uno solo, l’imperator, tutti i poteri, a cui si aggiunse la suprema dignità sacerdotale di Pontefice Massimo. Roma, ben presto, s’identificò con Augusto, il vincitore di Azio, il pater patriae, divinizzato ancora in vita. Il princeps ripristinò gli antichi costumi, i prisci mores, ma portò avanti anche una moderna politica urbanistica che ben presto cambiò il volto dell’Urbe. Oggi, dopo anni di degrado, la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, nel bimillenario della morte di Augusto, grazie ad un grosso intervento di recupero, non solo ha ampliato il percorso della Casa di Augusto, e musealizzato quella di Livia, riaprendo gli ambienti del I sec. a.C. abitati dalla sua terza e amatissima moglie, ma ha anche riorganizzato l’allestimento del Museo Palatino. Il progetto ideato da Mariarosaria Barbera, è costato, negli ultimi due anni, circa due milioni e mezzo di euro, ricavati dal bilancio ordinario. Il nuovo allestimento del museo – creato nella seconda metà del XIX secolo e ospitato nel convento ottocentesco delle monache della Visitazione – ne accentua lo stretto legame con i complessi monumentali esterni ed è integrato con apparati multimediali che consentono di comprendere appieno lo sviluppo del Palatino, dall’età protostorica al tardo antico. I visitatori hanno a disposizione un breve filmato dedicato all’imperatore e un video wall in 3D che ripropone l’urbanizzazione del Palatino dalle capanne romulee alla residenza di Augusto, passando per la domus aurea e il palazzo dei Flavi, fino al Septizodium di Settimio Severo, ultima imponente costruzione palatina. Per la prima volta sono visibili al pubblico affreschi di grande valore come quello della “Stanza delle prospettive”, quelli della biblioteca e del tablinum e l’ambiente del triclinio decorato su sfondo rosso pompeiano con tanto di betilo. Le visite della domus palatina si effettuano solo con prenotazione (06 39967700). Il catalogo, che costituisce un valido strumento di aggiornamento, è edito da Electa. Info: http://archeoroma.beniculturali.it. (B.C.)
26 ottobre 2014

LE TOMBE MAWANGDUI RACCONTANO LA CINA DI 2000 ANNI FA La vita e la storia dell’antica dinastia Han (206 a.C.-226 d.C.) sono in mostra a Roma, nel refettorio quattrocentesco di Palazzo Venezia. I preziosi reperti provengono dalle leggendarie tombe rinvenute a Mawangdui, una delle più importanti scoperte del XX secolo in Cina. Sono stati messi a disposizione dal Museo provinciale dello Hunan, una delle maggiori istituzioni del sistema museale della Repubblica Polare. Agli scavi contribuirono gli studenti delle scuole e persino i militari dell’Esercito Popolare di Liberazione. Lo stesso primo ministro di allora, Zhou Enlai, si occupò dei lavori coinvolgendo gli archeologi più prestigiosi. Siamo nei primi anni 70 – in piena rivoluzione culturale – e sulla scia delle antiche leggende come quella del “Tumulo del re Ma” o della “Tomba delle due donne” e ancora di più dei “fuochi fatui” rivelatori, a Mawangdui, nei pressi dell’attuale capoluogo, convergono le ricerche di archeologi e appassionati. Ma le antiche sepolture, appartenenti alla famiglia di Li Cang, Marchese di Dai e primo ministro dello Stato di Changsha, che riposava insieme alla moglie Xin Zhui e uno dei loro figli, vennero alla luce in modo del tutto occasionale, mentre si scavava per costruire un rifugio sotterraneo. Le tre tombe ritrovate contenevano al loro interno più di 3000 oggetti, tra cui lacche, ceramiche, bronzi, sete e giade, che testimoniavano gli eccellenti risultati ottenuti in campo artistico e culturale, offrendo uno spaccato della società cinese dell’epoca. D’immenso valore la salma della marchesa di Dai, perfettamente conservata, tanto che la scoperta venne paragonata a quella della tomba di Tutankhamon. Di particolare importanza i manoscritti su listelli di bambù o tavolette lignee, ricchi dei contenuti più svariati, fra cui il più antico testo di farmacologia contenente le prescrizioni per 52 malattie e le indicazioni per mantenersi in salute e avere una buona vita sessuale. La mostra divisa in tre sezioni -“Antiche leggende”, “Segreti millenari”, più una dedicata a una selezione accurata di reperti – restituisce l’essenza stessa di una civiltà e del suo popolo che già all’epoca veniva identificata come “il Paese della seta e delle porcellane”. Patrocinata del Ministero della Cultura della Repubblica Popolare Cinese e dai Beni Culturali, è organizzata dalla State Administration of Cultural Heritage (SACH) con la DG per la Valorizzazione del patrimonio culturale del MiBACT e la Soprintendenza speciale per Roma. L’iniziativa si colloca nell’ambito del Memorandum d’Intesa sul Partenariato per la promozione del patrimonio culturale siglato il 7 ottobre 2010 tra il nostro Paese e la Cina. La mostra si potrà visitare sino al 15 febbraio. Info: 06 6999 4218 – www.mondomostre.it. (B.C.)
5 ottobre 2014

LE MERAVIGLIE DELLA MODA TRA RINASCIMENTO E CONTRORIFORMA, A VILLA D’ESTE Nella cornice fiabesca di Villa D’Este la Soprintendenza provinciale dei Beni Culturali propone un’accurata selezione di abiti e dipinti d’epoca, realizzata dalla De Luca Editori d’Arte. L’obiettivo della mostra, curata da Roberto Valeriani, è quello di far toccare con mano al grande pubblico l’evoluzione della moda e del costume in Europa dagli inizi del ‘500 fino al secolo successivo. Per farlo La Nuova Moda tra ‘500 e ‘600 si avvale anche di una prestigiosa selezione di costumi di scena provenienti dalla Sartoria Farani, ideati e realizzati per le più importanti produzioni teatrali, televisive e cinematografiche. Il noto atelier romano, dagli anni Cinquanta in poi, non ha vestito soltanto i vip del cinema, ma anche i sogni di grandi registi che rimarranno per sempre nell’immaginario collettivo, come lo scandaloso Casanova interpretato da Sutherland e, andando ancora più a ritroso nel tempo, la Giocasta dell’Edipo re di Pasolini. Come spiega Luigi Piccolo nel bel catalogo della mostra: “Per raccontare l’evoluzione della moda e del costume in Europa dagli inizi del Cinquecento al secolo successivo possiamo tracciare tre momenti ben definiti. Il primo è caratterizzato dal Rinascimento italiano, il secolo che esalta la bellezza, la cultura e l’armonia, regole vigenti nelle corti italiane, nelle quali si formano futuri papi, cavalieri di ventura e principi”. Agli inizi del ‘500 la moda degli abiti di corte, e con essi anche quelli di uso più comune, è cambiata quasi completamente: il taglio dei vestiti sembra divenire più confortevole e allo stesso tempo più spettacolare, mettendo in risalto alcune caratteristiche fisiche. Nei vestiti femminili, diversamente da quanto avveniva in passato, viene accentuata l’altezza del busto; le gonne e le maniche sono rigonfie e voluminose ma lasciano ben visibili collo e spalle. Per l’uomo, invece, si concepiscono vestiti più attillati e articolati, abbandonando la consuetudine di utilizzare sopravvesti ampie e panneggiate. Poi, nella seconda parte del secolo, con l’avvento della Controriforma, il Concilio di Trento detta nuove regole, e anche l’abito diventa austero e molto meno appariscente. Nel successivo inizia lenta, ma inesorabile, la terza fase, quella de declino. L’Italia perde la sua egemonia: nei ritratti i nobili vestono alla francese o alla spagnola. La mostra è completata da una selezione di tessuti, merletti e galloni ricamati provenienti dal Museo civico d’Arte di Modena e da una carrellata di testi d’epoca che testimoniano la diffusione dei modelli tramite la stampa. Tuttavia, per i trattati di costume bisogna aspettare la metà del ‘600. E solo più tardi, nel 700, nasceranno i primi veri e propri giornali di moda, come Le Journal des Dames (Parigi 1759) e The Lady’s Magazine (Londra 1770). La mostra si potrà visitare sino al 19 ottobre. Info: 0774 312070 – www.villadestetivoli.info. (B.C.)
21 settembre 2014

SCOMPARE LA SOPRINTENDENZA PER L’ETRURIA MERIDIONALE La rivoluzione culturale del ministro Franceschini miete la prima vittima eccellente: una vecchia signora classe 1939, la Soprintendenza per l’Etruria Meridionale – istituita con la legge 823 – che verrà accorpata con quella del Lazio. Non credo che ci sia alcun rischio per l’etruscologia del Lazio, ha dichiarato il ministro durante la presentazione ufficiale del DPCM approvato dal Consiglio dei Ministri. Si tratta di una riorganizzazione importante e necessaria – ha detto – che supera la contrapposizione ideologica tra tutela e valorizzazione e permette di investire nel settore della cultura e del turismo. L’ostilità di parte del mondo accademico e l’allarme lanciato dal sindaco di Cerveteri, che aveva invitato i cittadini a sottoscrivere una petizione in rete per salvarla (www.activism.com/it_IT/firme/gli-etruschi-scompaiono-dalla-cultura-italiana/61813), dunque sembra che siano serviti a poco. Tra l’altro il sindaco in una recente riunione della Commissione regionale “Cultura e Turismo” ha chiesto aiuto alla stessa Regione per ottenere dallo Stato, attraverso un’apposita Legge sui Siti Unesco, quei finanziamenti necessari a valorizzare il patrimonio, che mancano da ben dieci anni. Pascucci ha sollecitato anche un’apertura del Patto di stabilità nei Comuni che ospitano un Sito Unesco per svincolare quelle risorse che sono indispensabili agli interventi a favore del Patrimonio culturale. La riorganizzazione (v. tab.) del Mibact, firmata dal ministro Franceschini, di fatto rivoluziona il modello organizzativo dei Beni Culturali italiani. L’obiettivo è quello di rendere l’amministrazione più snella, efficiente e meno costosa. Si tratta di riammodernare la struttura centrale semplificando quella periferica e soprattutto, come ha sottolineato il ministro, di promuovere l’integrazione definitiva tra cultura e turismo, valorizzando il grosso patrimonio museale italiano. In programma, spiega un comunicato del ministero, la revisione delle linee di comando tra centro e periferia e il taglio delle figure dirigenziali (37 dirigenti in meno), con lo specifico intento di risolvere l’“ingorgo” burocratico venutosi a creare con i frequenti conflitti tra Direzioni regionali e Soprintendenze. Inoltre, il sistema museale nazionale dovrebbe essere rilanciato da una nuova Direzione Generale con strategie mirate, favorendo anche la costituzione di nuovi poli con Regioni ed enti locali. (B.C.)
2 settembre 2014

LUGO AI TEMPI DEL COLERA Lugo (RA) – Un viaggio a ritroso nel tempo sino alla terribile epidemia di colera del 1855. Lo propone la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna con una mostra allestita con i reperti (catini, piatti, brocche, ciotole, pitali, in ceramica; bicchieri e bottiglie in vetro) rinvenuti durante gli scavi archeologici della Rocca Estense, effettuati a partire dal 1985, che hanno riportato alla luce nel Mastio di Uguccione il condotto usato come pozzo nero delle prigioni tra XVI e XIX secolo e riempito da uno scarico di materiale ceramico. I dieci metri di “butto” (riferibili a due periodi diversi: ai decenni centrali del Seicento e alla metà dell’Ottocento) hanno restituito un centinaio di oggetti usati dai detenuti e gettati nello scarico della prigione durante l’epidemia. Il vibrione venne portato da alcuni soldati austriaci che avevano partecipato all’assedio di Venezia proprio nei giorni dell’epidemia, la peggiore dopo quella del 1630. Molte stoviglie recano scritte e graffiti, soprattutto i nomi dei detenuti. E’ proprio da questi oggetti che è stato possibile ricostruire le loro storie, incrociando i dati con l’Archivio di Stato di Ravenna (foto) e con le ricerche effettuate dal Fondo criminale della Pretura di Lugo. Così è riemersa dal passato la storia di Stefano Ponzi, detto Massagnino, facchino di professione, implicato in un caso di ricettazione del 1853, rimesso in libertà fu comunque sottoposto a precetto politico di rigore; quella di Nicola Belletti di San Lorenzo, detenuto nel 1854, nato da tali Giuseppe e Santa Selva e di tanti altri poveri miserabili. Nella prima metà dell’Ottocento, Lugo aveva ormai assunto la sua definitiva configurazione urbanistica, che si articolava proprio intorno alla mole della Rocca Estense, distrutta dai Faentini nel 1218 e ricostruita nuovamente dal condottiero Uguccione della Faggiola alla fine del XIII secolo. Divenuta inadeguata per lo sviluppo dell’artiglieria da combattimento, venne ristrutturata nel 1568-1570 da Alfonso II d’Este. Con il passaggio allo Stato Pontificio nel 1598 perse la sua funzione difensiva per essere poi riconvertita in luogo di detenzione. Ancora nella seconda metà dell’800 circa un quarto dei suoi vani erano adibiti a carcere. Dopo l’Unità d’Italia e fino all’inizio degli anni ’60 del Novecento continuò a mantenere attive alcune celle, come sede di mandamento giudiziario. Dalla pianta delle carceri di Lugo, datata 1845 e conservata presso l’Archivio di Stato di Roma, è stato possibile ricostruire il numero e l’organizzazione degli ambienti della Rocca destinati a prigioni e la popolazione carceraria di quel tempo. La mostra che rientra nell’iniziativa “Quante storie nella Storia” della Soprintendenza Archivistica, si potrà visitare sino al 22 gennaio dell’anno prossimo. Info: 054538488 – 054538561. (B.C.)
31 agosto 2014

AI FORI LA ROMA DI AUGUSTO FORMATO SUPERQUARK Piero Angela e Paco Lanciano propongono un viaggio nel tempo con un’insolita passeggiata virtuale nel parco dei Fori nel cuore della Roma antica, versione by night. Si tratta del progetto Foro di Augusto. 2000 anni dopo realizzato da Roma Capitale, nell’ambito delle celebrazioni per il bimillenario della morte di Augusto (19 agosto 14 d.C.) e di un più ampio intervento di valorizzazione dei Fori Imperiali, con l’apporto delle Banche Tesoriere di Roma Capitale: BNL Gruppo BNP Paribas, UniCredit e Banca Monte dei Paschi di Siena. Il costo di realizzazione – La Repubblica parla di ben 840mila euro – dovrebbe essere ammortizzato automaticamente dagli introiti di biglietteria. Partendo dai frammenti e dai reperti del sito, grazie alle tecnologie più all’avanguardia, con proiezioni 3D, e rending molto realistici, tutte le sere tornerà a rivivere la Roma di 2000 anni fa. La voce di Piero Angela illustrerà ogni dettaglio del sito sorto accanto all’attuale via Alessandrina restaurato di recente e all’epoca dominato dalla grande statua di Augusto, alta ben dodici metri. In pratica, come ha spiegato il famoso giornalista scientifico, si è cercato di restaurare il foro con la luce, andando a completare le parti mancanti nel pieno rispetto dell’esistente. Con il pater patriae, il primo imperatore, Roma visse una grande espansione che la portò a regnare su un impero esteso dall’Inghilterra ai confini con l’attuale Iraq, che comprendeva gran parte dell’Europa, del Medio Oriente e tutto il Nord Africa. Ancora oggi sono rimaste tracce di quell’antico passato, da Leptis Magna al Vallo di Adriano, con anfiteatri, terme, biblioteche, templi e strade. Nel periodo di massima espansione Roma era un’autentica metropoli: contava più di un milione di abitanti, quanti ne aveva Londra ai primi dell’800. Una grande ricostruzione storica, formato Superquark, che i turisti, dallo scorso 21 aprile, 2767° Natale di Roma, possono seguire appieno con l’ausilio di un’audio-guida in cinque lingue oltre l’italiano (inglese, francese, spagnolo, russo e giapponese). Anche la musica e gli effetti speciali vengono diffusi da sistemi audio con cuffie. Gli spettatori sono alloggiati su tribune disposte in due file parallele sui marciapiedi di via Alessandrina. Le tribune, che ospitano anche gli impianti tecnici (luci, proiettori, computer), sono alte 2,60 metri più un metro di parapetto. La soluzione è stata studiata con la Sovrintendenza capitolina per contenere al massimo l’impatto visivo su via dei Fori Imperiali e sullo stesso Foro di Augusto. Le rappresentazioni multimediali si svolgeranno sino al 21 ottobre tutte le sere fra le 21 e le 23. Info: 060608 – www.museiincomuneroma.it. (B.C.)
27 luglio 2014

DOPO 20 ANNI RIAPRE IL MAUSOLEO DI ROMOLO Dopo sei anni di restauri, costati più di 800 mila euro, ha riaperto al pubblico il Mausoleo di Romolo, all’interno del circo di Massenzio, che insieme al palazzo Imperiale fa parte della villa attribuita all’imperatore Massenzio (306-312 D.C.). Sono orgoglioso di poter restituire ai romani e ai milioni di turisti che ogni anno visitano Roma, un gioiello assoluto del nostro patrimonio archeologico, ha commentato il sindaco sul portale web del comune. La riapertura del Mausoleo di Romolo, ha proseguito, può considerarsi come un ulteriore tassello verso la realizzazione del più grande parco archeologico del mondo, che si dovrebbe estendere dalle pendici del Campidoglio, sino all’Appia. Il complesso – progettato per celebrare l’imperatore – infatti, è situato tra il secondo e terzo miglio della via Appia antica, ed è composto di tre strutture principali: il palazzo, il circo di Massenzio, lungo mezzo chilometro, e il mausoleo dinastico, che ospitò sicuramente il piccolo Romolo Valerio, morto prematuramente (309 d.C.). Ancora poco conosciuto, è sicuramente meglio conservato del Circo Massimo: si possono ancora distinguere chiaramente le due torri, il palco imperiale, la tribuna dei giudici, la porta trionfale e la spina centrale. I resti testimoniano come la costruzione sia stata ricavata da una precedente villa rustica repubblicana (II secolo a.C.). Si sarebbe dovuta sviluppare su due livelli: uno inferiore e seminterrato, destinato a cripta funeraria, e un piano superiore che però non fu mai edificato. Il complesso venne acquisito dal comune nel 1943. Nel XVIII secolo la struttura del pronao fu inglobata nel casale dei Torlonia, costruito in appoggio alla struttura circolare romana. Fino ai primi dell’ottocento il complesso ha ospitato persino un’osteria. Dal 2008 la Villa di Massenzio fa parte del sistema dei Musei in Comune. Siamo nel periodo finale della Roma pagana – ha spiegato il sovrintendente capitolino Presicce, ripota “Il Messaggero” – Massenzio è l’ultimo imperatore che tenta di difendere la visione pagana della Roma classica. Costantino lo sconfiggerà sul ponte Milvio nel 312 e da allora l’Impero e la città di Roma saranno cristiani. Il complesso archeologico è quindi una testimonianza importante del passato precristiano della civiltà romana. Per le visite non occorre la prenotazione. Info. 060608 – www.museiincomuneroma.it. (B.C.)
13 luglio 2014

AL COLOSSEO IN ANTEPRIMA GLI AUDITORIA DI ADRIANO Gli ambulacri dell’anfiteatro Flavio si rivestono di armaria, le scaffalature delle biblioteche antiche, in un inedito allestimento scenografico, per raccontare la storia del libro, dal rotolo al codice. La Biblioteca Infinita. I luoghi del sapere nel mondo antico ricompone in un contesto unitario gli importanti reperti provenienti dagli auditoria di Adriano – rinvenuti nel 2008 in occasione degli scavi della Metro C a piazza Madonna di Loreto – e quelli del templum Pacis riemersi lungo via dei Fori Imperiali, che adesso vengono esposti per la prima volta. Fra questi due statue in avorio che ritraggono Settimio Severo e Giuliano l’Apostata usate per indicare la collocazione delle loro opere all’interno della biblioteca. Divisa in 7 sezioni, l’esposizione curata da Rossella Rea e Roberto Meneghini, con 120 reperti, tra statue, affreschi, rilievi, strumenti e supporti di scrittura non documenta soltanto l’evoluzione del libro e della lettura nel mondo greco-romano, dall’età ellenistica al tardo antico, ma anche i luoghi pubblici e privati dove si scambiava e si custodiva il sapere. Fino al I secolo a. C. a Roma esistevano solo biblioteche private. Fu Giulio Cesare a volere la prima struttura pubblica, l’atrium Libertatis che sorse dieci anni dopo la sua morte fra il Quirinale e il Campidoglio. Gli auditoria erano composti da un insieme di sale destinate all’ascolto di pubbliche letture, le recitationes, e il ritrovamento di piazza Madonna di Loreto – esempio unico – oggi ha confermato questa teoria. Finora, erano in molti a ritenerli dei semplici spazi espositivi. Per secoli, infatti, la prassi corrente e consolidata della lettura, da qualunque supporto scrittorio, è stata quella a voce alta. Il templum Pacis – voluto da Vespasiano per sancire il ritorno alla pace dopo lunghi anni di lotte – invece era uno spazio policulturale costituito da un giardino porticato in cui campeggiavano le più belle opere d’arte provenienti dalla Grecia e dall’Asia minore. Il templum ospitava una famosa biblioteca – divisa nelle consuete due sezioni greca e latina – auditori per conferenze e pubbliche letture. Sembra che vi abbia insegnato persino Quintiliano. Uno straordinario complesso che nel IV sec. d.C. era ancora considerato una delle meraviglie di Roma. La storia di questi due edifici conclude il percorso della mostra con l’ausilio di alcuni plastici che riproducono in scala le principali biblioteche dell’impero. La Biblioteca Infinita, promossa dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma e dalla Sovrintendenza Capitolina, in collaborazione con Electa, che ne cura anche il catalogo, si potrà visitare sino al 5 ottobre. Il biglietto (v.orari) è valido due giorni per un ingresso al Colosseo e al Foro romano-Palatino e può essere acquistato anche tramite smartphone e con l’applicazione iMiBAC Top 40. Per evitare la fila all’ingresso del monumento si può leggere il QRcode con smartphone o tablet. Info: 06.39967700 – www.coopculture.it(B.C.) ORARI DELLA MOSTRA o 08.30–18.15 sino al 31 agosto Uscita dal monumento 19.15 o 08.30–18.00 dall’ 1 al 30 settembre Uscita dal monumento 19.00 o 08.30–17.30 dal 1 al 5 ottobre Uscita dal monumento 18.30 (Il monumento chiude un’ora dopo l’orario dell’ultimo ingresso) Fonte: Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma.
29 giugno 2014

L’EREDITA’ DI AUGUSTO: L’ARTE DELLA PROPAGANDA Imitatissima nel novecento dalla retorica dell’impero nostrano, durante l’epopea di un “dux”- dal latino ducere, cioè guidare – a sua immagine, con aquile, fasci e gagliardetti, l’arte della propaganda ereditata dal primo imperatore di Roma, Augusto, la ritroviamo a fasi alterne lungo l’intero percorso della nostra storia. Quest’arte di convogliare consenso esaltando i propri destini, è stata messa in mostra, da Roma Capitale, al Museo dell’Ara Pacis (foto), proprio a poca distanza dall’Augusteo, l’imponente Mausoleo a forma di tumulo descritto da Strabone nella sua Geografia, fatto costruire da Augusto di ritorno dalla campagna d’Egitto nel I secolo a.C. nell’area dell’odierna piazza omonima, e ancora in attesa di restauro per mancanza di fondi. L’arte del comando. L’eredità di Augusto, curata dal Sovrintendente Presicce e dalla direttrice del Museo, Rossini, è divisa in 12 sezioni articolate per epoche storiche differenti, che illustrano in quale modo imperatori come Carlo Magno, Federico II, Carlo V o Napoleone, per citarne solo alcuni, nel corso della storia abbiano reinterpretato “l’arte del comando” del princeps a volte con formule molto vicine o identiche. La propaganda di Augusto fu così efficace che la discendenza divina dell’imperatore e la pace augustea furono fonte d’ispirazione per gli assolutismi nei secoli successivi al suo Impero. Basata sulla discendenza della gens Julia dall’eroe troiano Enea – figlio di Anchise e della dea Venere – la testimonianza della predestinazione del suo potere venne commissionata ai grandi autori dell’epoca e sarà proprio l’Eneide di Virgilio a suggellare la sua discendenza divina e le origini troiane di Roma. Il principe non commissionò soltanto l’Eneide (Aeneis), ma anche l’arredo simbolico del suo Foro e l’Ara Pacis (l’altare della pax augustea), affidando alle migliori menti dell’epoca la creazione della sua immagine. L’interpretazione cristiana del mito augusteo ne favorì la popolarità anche nel Medioevo, come testimonia la “leggenda dell’AraCoeli” – riportata anche nei Mirabilia Urbis Romae, le guide turistiche dell’epoca – con l’apparizione della Vergine ad Augusto, annunciata dalla Sibilla Tiburtina, la profetessa dell’età classica che avrebbe predetto la nascita di Gesù. In esposizione, grazie ai prestiti di molti musei autorevoli, dagli Uffizi, alla Galleria Borghese a Villa Giulia, ci sono incisioni, dipinti, monete, mosaici, acqueforti, oli, sculture e monili di grande valore. Di particolare interesse, nella sezione dedicata ai totalitarismi del Novecento le foto della Mostra mussoliniana sulla Romanità, che si svolse nel 1937 a Palazzo delle Esposizioni. All’ingresso campeggiava la scritta: “Italiani, dovete far sì che le glorie del passato vengano superate dalle glorie del futuro”. Ma tutti conosciamo l’epilogo di quell’infelice pagina di storia. La mostra si potrà visitare sino al 7 settembre. Info: 060608 – www.arapacis.it. (B.C.)
8 giugno 2014

I MISTERI DELLA SEDUZIONE ETRUSCA: DAL BRITISH MUSEUM A HOLKHAM HALL Il Museo dell’Accademia Etrusca della città di Cortona (MAEC) propone una mostra evento alla scoperta dell’etruscologia moderna e della grande passione che suscitò nel mondo anglosassone. Per la prima volta vengono esposte in Italia opere etrusche d’inestimabile valore prestate dal British Museum di Londra (foto), accanto ai disegni originali e alle lastre di rame del De Etruria Regali libri VII di Thomas Dempster, rinvenuti di recente nei corridoi di Holkham Hall, straordinaria residenza fatta erigere in Norfolk dal conte di Leicester. Coke, primo conte di Leicester, infatti, finanziò la pubblicazione del volume – revisionato da Filippo Buonarroti, uno dei massimi esperti dell’epoca – quasi un secolo dopo la sua prima stesura (1616-1619) sponsorizzata da Cosimo II de’ Medici. Con il De Etruria (foto)– in pratica il primo catalogo illustrato delle principali opere etrusche in Italia – nacque l’etruscologia moderna. E proprio a Cortona l’anno successivo alla pubblicazione di questa monumentale storia degli etruschi venne costituita la prima Accademia di Studi etruschi d’Europa, cui aderirono grandi intellettuali del tempo come Voltaire e Rousseau. La mostra che rievoca il clima di quegli anni, descrivendo i legami tra il mondo anglosassone e l’Italia tra Sette e Ottocento e la passione inglese per il mondo etrusco, espone per la prima volta alcuni “capolavori simbolo” di quell’antico popolo come l’“Arringatore” e il “Putto Graziani”, accanto ai disegni originali del De Etruria e a molte delle meraviglie etrusche confluite nelle raccolte del British Museum in tre secoli di collezionismo: statuette votive, urne, bronzi, ceramiche e gioielli rinvenuti nell’Etruria centrale, da Prato fino a Bolsena e Vulci. La mostra, allestita a Palazzo Casali, è articolata in due sezioni: la prima è dedicata al Grand Tour di Lord Thomas Coke, alla sua collezione di opere d’arte e al complesso progetto editoriale del De Etruria Regali; la seconda è incentrata sul collezionismo etrusco in Gran Bretagna tra il XVIII e il XIX secolo. Seduzione etrusca. Dai segreti di Holkham Hall alle meraviglie del British Museum, organizzata dal MAEC con il contributo della Regione Toscana e della Soprintendenza per i Beni Archeologici, espone oltre 150 opere tra reperti etruschi, dipinti, disegni, documenti antichi, oggetti d’epoca, manoscritti e volumi. La mostra, curata da Paolo Bruschetti, Bruno Gialluca, Paolo Giulierini, Suzanne Reynolds e Judith Swaddeling, è accompagnata da un catalogo di grande respiro – edito da Skira – che propone molti documenti inediti. Si potrà visitare sino al 31 luglio. Info: 0575 637235. (B.C.)
18 maggio 2014

CIVITAS VETULA: LA CITTA’ NATA DAL SOGNO DI UN PAPA Quando alla metà del IX secolo gli abitanti di Centumcellae, odierna Civitavecchia lungo il litorale laziale a Nord di Roma, si rivolsero al papa Leone IV (foto) per chiedergli aiuto contro le incursioni saracene, non immaginavano che di lì a poco sarebbe nato un raro esempio di fondazione alto medievale. Oggi la memoria ritrovata dell’antica fondazione di Cencelle è proposta da Roma capitale con una mostra che ne ricostruisce la storia, dalla sua consacrazione come Leopoli nell’854 fino al XVII secolo. Il percorso espositivo, allestito nella splendida cornice dei Mercati di Traiano, e articolato in tre sezioni, ricostruisce lo sviluppo dell’insediamento urbano: da sede vescovile al momento della sua nascita a realtà comunale, sino alla riconversione in azienda agraria, legata però all’indotto della produzione di allume. La leggenda vuole che Leopoli sia apparsa in sogno al pontefice, com’è riportato anche nel Liber Pontificalis. Il progetto urbano poi sarà messo in opera da Pietro, magister militum, che costruirà un rifugio sicuro per gli abitanti della vicina Centumcellae, uno dei grandi porti per il rifornimento di Roma, voluto da Traiano. Il luogo dell’insediamento era già abitato, come conferma un sarcofago etrusco decorato con un mostro marino, portato alla luce nel 2013, ed esposto come testimonianza dell’abitato precedente. I cittadini che si trasferirono nella nuova Cencelle-Leopoli, però, mantennero la propria identità. La documentazione scritta conferma come, qualche decennio dopo la fondazione, il nuovo centro fosse definito castrum Centumcellensis e per molto tempo rimasero tracce di due città con lo stesso nome, una marittima, l’altra all’interno, sulle colline. Al termine dell’alto medioevo la città costiera riacquista vitalità e viene recuperata. Il suo nome viene cambiato in Civitas Vetula: Leopoli era definitivamente diventata Civitavecchia. Il catasto urbano, accreditato già nel 1349, conferma un’intesa urbanizzazione fatta con case a schiera. I numerosi rinvenimenti archeologici evidenziano come l’assetto delineato tra XII e XIV secolo sia ampiamente ripristinato anche dopo il terremoto del 1349 e curato con capillari interventi di restauro sino al XVI secolo. E’ proprio grazie a questi reperti che la mostra fa rivivere la città medievale con le sue numerose attività artigianali e con i suoi ambienti di vita quotidiana, arricchita da un plastico della città e da un video. Forma e vita di una città medievale.Leopoli-Cencelle, organizzata dalla Sovrintendenza Capitolina e da quella per l’Etruria Meridionale, con il contributo delle università di Roma e di Chieti che hanno collaborato alle attività di scavo a partire dal 1994, si potrà visitare sino al 27 luglio. Info: 39 060608- www.mercatiditraiano.it. (B.C.)
27 aprile 2014

ALLA SCOPERTA DEL MITO Il Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo – imponente palazzo ottocentesco in stile neorinascimentale nei pressi della stazione Termini – dopo essersi rifatto il look, offre al grande pubblico l’opportunità di confrontarsi con la mitologia. Mitologia è una parola che deriva dal greco e che significa proprio “racconto del mito”, e mito, a sua volta, è sinonimo di “storia”. Come ogni racconto, anche il mito ha le sue regole e l’uomo e la natura, da sempre, ne sono i protagonisti indiscussi. Dalla nascita del mondo al viaggio dell’eroe – dove il viaggio è metafora del crescere e del conoscere – il racconto mitologico ha sempre cercato di rispondere alle domande fondamentali dell’uomo. Mostri.Creature fantastiche della paura e del mito (foto), attraverso più di cento reperti archeologici, indaga proprio i miti della tradizione classica che hanno influenzato l’arte moderna e contemporanea, e il cinema in modo particolare. L’allestimento s’ispira a un labirinto, la forma più antica del viaggio iniziatico che ogni eroe deve affrontare per accedere a una consapevolezza superiore. Gli straordinari prestiti dai musei di tutto il mondo, oltre che dalle più prestigiose collezioni archeologiche italiane, hanno consentito di delineare l’iconografia delle creature fantastiche presenti in tutte le culture antiche. Creature mitologiche come Gorgoni, Sirene, Centauri e Arpie sono raccontate attraverso reperti pregiati (sculture, terrecotte, vasellame, affreschi e mosaici) provenienti sia dal mondo etrusco e romano che dal vicino Oriente e dalla Grecia. In ogni cultura, antica ma anche moderna, i personaggi e le vicende del mito costituiscono un immenso serbatoio di archetipi, fonte d’ispirazione per l’arte, la letteratura e la politica. Molte figure della mitologia greca e romana sono state reinterpretare dal mondo cristiano divenendo simbolo di vizi e virtù. Oggi i personaggi del mito classico sono diventati simbolo dei comportamenti umani. Così, il complesso di Edipo è la tendenza latente del bambino a innamorarsi della madre, mentre Narciso è chi ama troppo se stesso. Polo d’attrazione la Medusa – un tempo attribuito a Leonardo da Vinci – splendido olio su tela di anonimo fiammingo della prima metà del XVII secolo proveniente dalla Galleria degli Uffizi, e la pregiata raffigurazione di Perseo su tela del Cavalier d’Arpino, messa a disposizione dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna. L’esposizione, promossa dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma in collaborazione con Electa, si potrà visitare sino al primo giugno. Il catalogo della mostra è una sorta di dizionario illustrato in cui ogni creatura è illustrata a partire dalle fonti letterarie e dalle sue rappresentazioni più diffuse. Info: 06 3996770 – www.coopculture.it. (B.C.)
13 aprile 2014

L’APOTEOSI, IL RITO DELL’IMMORTALITA’ NELL’ANTICA ROMA Non tutti sanno che lo splendido Castel Sant’Antagelo è nato come monumento funerario, il Mausoleo di Adriano. Ha ospitato le spoglie dell’imperatore e dei suoi successori fino a Caracalla, come, in precedenza, il Mausoleo di Augusto aveva accolto le spoglie dell’imperatore e della sua gens. In origine era una costruzione imponente, (foto) alta 44metri, formata da tre corpi sovrapposti: il basamento quadrato, il podio cilindrico e il tumulo con in cima un edificio circolare. Il basamento aveva quattro ingressi, uno per ogni lato, anche se l’unico ingresso che dava accesso al sepolcro era quello di fronte al ponte. L’aspetto del mausoleo era ancora noto nel ‘400, come dimostra la ricostruzione eseguita dall’architetto Filarete nel bassorilievo delle porte bronzee della basilica di San Pietro, nella quale l’unico elemento privo di fondamento è il colonnato attorno al tempio. Oggi la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Roma, ricostruisce la sua storia in una mostra epocale che intende prima di tutto valorizzare il suo significato storico, partendo proprio dall’altissima qualità della sua architettura. Il percorso, articolato in 8 sezioni, partendo dalle fondamenta, descrive le origini e l’evoluzione storica dell’apoteosi e del viaggio celeste. L’apoteosi decretava la divinizzazione dell’imperatore che diveniva divus con il funerale imperiale. Il rito fu celebrato a Roma per la prima volta per Augusto nel 14 d.C. L’ultimo atto di un lungo processo che già nella Repubblica aveva visto salire agli onori dei funera publica gli uomini più carismatici e meritevoli. A questo proposito Cicerone, nel Somnium Scipionis, spiegava come il viaggio celeste fosse destinato all’uomo che si era distinto in favore dello Stato, e illustrava le teorie dell’immortalità dell’anima e della sfericità del cosmo sulle quali si fondava l’idea dell’ascesa in cielo delle anime elette. Il percorso verso la divinizzazione però aveva origini molto antiche, e affondava le sue radici nel sapere degli Egizi, al quale si erano ispirati anche i Greci, concedendo l’appellativo di cosmocrati, ossia dominatori del cielo, a pochi eletti. Il termine apoteosi che proviene dal termine apothéosis (da theos, cioè dio) – nell’antica lingua greca significa divinizzazione di un essere umano – non trova una traduzione nella lingua latina che, invece, usa la parola consecratio. La nuova religione cristiana abolì il rito imperiale pagano poiché non riconosceva la divinità dell’imperatore né il suo ruolo come autorità religiosa. Tuttavia l’idea pagana di sovrano divinizzato rimase ancora come modello per i regnanti dell’Europa moderna tra il ‘500 e il’ 700. Le opere esposte sono di grande interesse storico, come la Brocchetta di Ripacandida, il rilievo di Amiternum, il Cammeo di Nancy, e il Dittico in avorio di Quinto Aurelio Simmaco e le immagini di imperatori divinizzati. Apoteosi. Da uomini a Dei. Il Mausoleo Adriano si potrà visitare sino al 27 aprile e i biglietti si possono acquistare anche online (www.gebart.it). Il catalogo è edito da Palombi. Info: 06 32810. (B.C.)
30 marzo 2014

OGNI ULTIMA DOMENICA DEL MESE Un grande viaggio indietro nel tempo alla scoperta dell’affascinante civiltà etrusca e dei suoi tanti volti. Lo propone ogni ultima domenica del mese, per tutto l’anno, il Museo Archeologico Nazionale Tarquiniense con un ricco programma di visite guidate a tema, gratuite. Un racconto in cui la protagonista è quest’antica civiltà con una delle sue città-stato più importanti: Caere – Caisra in etrusco, Cære vetus per i romani, Arghilla per i marinai greci – l’attuale Cerveteri. Le dodici città della Lega etrusca, più note come dodecapoli – secondo Strabone fondate da Tirreno – rappresentarono una potente alleanza economica e militare. Caere tra il VII e IV secolo a.C. fu la più importante perché aperta a grandi traffici commerciali. Sul mare, infatti, aveva tre scali portuali: il principale a Pyrgi (Santa Severa), uno a Punicum (Santa Marinella) e un terzo ad Alsium (Palo). Con questi appuntamenti il Museo Archeologico di Tarquinia intende proporre al grande pubblico gli aspetti più importanti della civiltà etrusca, nata all’incirca nel X secolo a.C. e poi assimilata culturalmente dalla civiltà romana. Roma conquisterà Veio, dopo una guerra lunga dieci anni, nel 396 a.C. Un racconto articolato in dodici capitoli, quanti sono gli appuntamenti (vedi): la nascita della città, il potere dei principi, la religione, la guerra, i commerci, il banchetto, i giochi atletici, il mondo femminile e la morte. Ogni visita sarà preceduta da una breve introduzione che illustrerà la storia del Palazzo Vitelleschi, monumento quattrocentesco, fatto costruire dal Cardinale Giovanni Vitelleschi tra il 1436 e il 1439, sotto il pontificato di Eugenio IV. Alla morte del cardinale, il palazzo fu utilizzato come alloggio principesco dei Pontefici nelle loro soste a Corneto. Ceduto alla nobile famiglia Soderini e trasformato poi in albergo, nel 1900 divenne proprietà del Comune di Tarquinia che nel 1916 lo donò allo Stato perché lo destinasse a sede del Museo Archeologico. Oggi con l’Antiquarium e la collezione Bruschi-Falgari ospita una delle raccolte archeologiche etrusche più importanti. Naturalmente il biglietto d’ingresso per il Museo (intero € 6,00, ridotto € 3,00) include la visita guidata a tema. E’ possibile anche prenotare (beatrice.casocavallo@beniculturali.it – 333.4644284). Info: 0766 850080 – www.etruriameridionale.beniculturali.it. (B.C.)
16 marzo 2014

DA ITTIREDDU A VILLA GIULIA: IN MOSTRA LA CIVILTA’ DEI NURAGHI Ancora un lungo viaggio per il popolo dei nuraghi, che dopo la bella mostra Simbolo di un Simbolo, prima nel Museo Civico di Ittireddu e poi in quello Sanna di Sassari, è approdato al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, a Roma. È la prima volta che la civiltà nuragica della Sardegna è protagonista nella Capitale e lo fa attraverso un’esposizione di grande fascino, svelando i segreti di un popolo che dalla Sardegna ha intessuto relazioni commerciali e culturali con le altre popolazioni del Mediterraneo, anche con l’Etruria meridionale. Questa civiltà – che prende il nome proprio dalla singolare struttura che la caratterizza – si sviluppò tra l’età del Bronzo e gli inizi di quella del Ferro e si diffuse capillarmente edificando migliaia di monumenti, in origine alti più di 20 metri e realizzati in pietre squadrate: i nuraghi. Le imponenti costruzioni erano sede di attività legate all’esercizio del potere politico, amministrativo e religioso, ma soprattutto dovevano essere manifestazione evidente della forza e della ricchezza della comunità. Poi dal XII secolo inizia una profonda riorganizzazione sociale e l’isola diviene punto di transito per le rotte verso Occidente e Oriente. E’ a questo punto che i nuragici, sapienti navigatori, apprendono nuove tecniche metallurgiche e le rielaborano in modo originale per poi esportarle in tutto il Mediterraneo rispolverando il passato illustre: il nuraghe, che non è più edificato in pietra ma proposto in bronzo con altri oggetti di culto. Diviene cioè un simbolo, espressione dell’unità sociale e dell’autodeterminazione della forza collettiva. Intorno a questo modello si crea un importante apparato figurativo per quei culti e rituali che rappresentano il background intorno al quale si crea una tradizione. La mostra è distribuita in quattro sezioni: “Immagini di un popolo”, “I luoghi e i simboli”, “Identità ed orizzonti” e “Simbolo e segni della memoria”. Alle 40 opere esposte – oggetti in bronzo o pietra provenienti dai più importanti musei della Sardegna, testimoni della memoria culturale di un popolo – si è scelto di affiancare alcuni tra i più importanti bronzetti (foto) sardi rinvenuti in Etruria meridionale: la navicella dal santuario di Hera a Gravisca (Tarquinia), quella rinvenuta nel sequestro Medici e ancora oggetto d’indagine, i tre bronzi figurati dalla tomba femminile bisoma della necropoli di Cavalupo, il cui ricchissimo corredo, eccezionale per il periodo (seconda metà del IX secolo a.C.), è esposto nella prima sala del Museo, dedicata a Vulci. La mostra, che si potrà visitare sino al 16 marzo, è promossa dalla Soprintendenza per i beni archeologici dell’Etruria meridionale e dal Comune di Ittireddu e sostiene la popolazione colpita dall’alluvione. Il catalogo è edito da ARA edizioni. Info: 06 3226571. (B.C.)
2 marzo 2014

L’ANTICA CAERE IN MOSTRA AL LOUVRE-LENS – L’antica Caere, uno dei centri più importanti in Italia e nel Mediterraneo sino al IV secolo a.C., torna a rivivere in Francia, al Museo Louvre-Lens, succursale del celeberrimo Louvre di Parigi, con la mostra Les Étrusques et la Méditerranée: La Cité de Cerveteri. Si tratta della prima esposizione a tema archeologico organizzata in partenariato dalla nuova succursale, inaugurata nel 2012. Al quattro mani partecipa oltre al Louvre – che possiede la collezione di antichità etrusche più ricche, una volta appartenute al marchese Campana – il ministero dei Beni culturali e il Palazzo delle Esposizioni di Roma. Notevole anche il contributo dell’Istituto di studi sul Mediterraneo antico del Consiglio nazionale delle ricerche (Isma-Cnr) che ha collaborato all’allestimento della mostra. “L’Isma-Cnr conduce scavi regolari nell’area urbana di Cerveteri sin dai primi anni ’80 del secolo scorso, spiega il direttore Paola Santoro, sul web dell’istituto. La parte centrale del percorso espositivo è dedicata proprio all’età dell’oro dell’antica città etrusca, l’epoca arcaica, dove spiccano le scoperte effettuate dal Cnr, che ha indagato tutti i siti santuariali illustrati in mostra e contribuito, con le sue ricerche, alla ricostruzione dei vari aspetti della vita urbana: artigianato, urbanistica, culti, viabilità. All’Isma, prosegue, si deve anche la ricostruzione del quadro topografico generale del territorio ceretano”. La mostra, allestita in un padiglione progettato appositamente dall’agenzia di architettura giapponese Sanaa, permette ai visitatori di ricostruire la storia dell’antica Caere e dei suoi abitanti, documentata non solo dai testi antichi, ma anche dai numerosi reperti restituiti dal territorio negli ultimi due secoli. Attrazione principale il Sarcofago degli Sposi (520a.C.), l’urna funeraria in terracotta dipinta rinvenuta nel 1845 nella necropoli della Banditaccia di Cerveteri e acquistata da Napoleone III nel 1861, oggi conservata al Louvre di Parigi, non così bella ed enigmatica come quello di Villa Giulia, ma indubbiamente di grande fascino, soprattutto dopo il recente restauro. Il materiale esposto, frutto della condivisione, è di grande interesse. Tra le 400 opere in mostra, provenienti dai musei di tutto il mondo, ci sono ceramiche, sculture in pietra e terracotta, oreficeria e utensili da lavoro di grande pregio come le terrecotte votive del Vaticano e quelle decorative di Berlino e Copenhagen e le lastre dipinte di Parigi. La mostra si potrà visitare sino al 10 marzo, poi da aprile farà tappa a Roma, al Palazzo delle Esposizioni, dove è in calendario fino al 20 luglio. (B.C.)
16 febbraio 2014

UN PONTE VERSO L’ETRURIA ALL’OMBRA DEL CUPOLONE Alla stazione Roma San Pietro, importante snodo turistico della Capitale e del suo hinterland, si è aperto un nuovo ponte ideale verso le necropoli etrusche di Cerveteri e Tarquinia che agevolerà i percorsi dei turisti stranieri, ma anche italiani, verso questi luoghi affascinanti e ricchi di cultura della nostra regione. Si tratta di un importante accordo stipulato fra il Comune di Roma Capitale – in particolare il suo Ufficio Unesco – la società ferroviaria RFI, e i Comuni di Cerveteri e Tarquinia, che ha istituito uno spazio d’informazioni turistiche dedicato presso la Stazione più centrale della Capitale, a due passi dal “Cupolone” di Michelangelo. Si tratta di un allestimento multimediale permanente per informare cittadini e turisti sui luoghi identitari d’interesse culturale e ambientale del Centro Storico di Roma, delimitato delle mura aureliane e da quelle gianicolensi, sito UNESCO dal 1980, e delle necropoli etrusche di Cerveteri e Tarquinia, patrimonio UNESCO dal 2004. “La Stazione di Roma San Pietro è da sempre il principale snodo crocieristico e turistico di Roma. Entrando attivamente a far parte di quest’accordo, con un investimento molto contenuto, il Comune di Cerveteri – ha spiegato l’Assessore Marketing territoriale, Barbato – si è garantito una importante visibilità in un luogo frequentato ogni giorno da migliaia di persone. Questa iniziativa – ha proseguito – sommata alle altre fatte in questi mesi per la promozione di Cerveteri e del suo territorio, sarà in grado di veicolare nuovi flussi turistici verso la nostra Città”. La realizzazione dei nuovi pannelli informativi multimediali riportanti informazioni turistiche e le indicazioni per raggiungere i siti archeologici di Roma e dell’Etruria, ha visto anche il coinvolgimento della Regione Lazio e del Ministero dei Beni Culturali, attraverso la Soprintendenza per i Beni Archeologici. “Stiamo lavorando per creare un sistema turistico a Cerveteri – ha aggiunto l’Assessore al Turismo ceretano, Croci – che si fondi in primo luogo sulle attrazioni culturali della nostra terra”. Sicuramente ancora un passo avanti per aprire le porte della civiltà etrusca al grande turismo. (B.C.)
30 gennaio 2014

AUGUSTO ALLE SCUDERIE DEL QUIRINALE A duemila anni dalla morte del primo imperatore di Roma, Augusto, avvenuta nel 14 d.C., le Scuderie del Quirinale presentano una mostra eccezionale coprodotta dai Beni culturali e dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici della Capitale con il Louvre. Curata da Eugenio La Rocca, docente alla Sapienza, ex sovraintendente di Roma, dal direttore dei Musei Capitolini Claudio Parisi Presicce, e dai francesi Cécile Giroire e Daniel Roger, l’esposizione riunisce per la prima volta le statue più famose di Augusto: l’Augustus Pontifex maximus,conservato al Museo Nazionale Romano; l’Augusto di Prima Porta dei Musei Vaticani; il celeberrimo Doriforo del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, espressione dell’eccellenza scultorea di età classica nella sua nudità quasi erotica (foto); e due splendide statue bronzee, una restituita dal mar Egeo e l’altra proveniente dalla Nubia, messa a disposizione dal British Museum. La mostra, con una selezione di reperti di altissimo valore, in tutto quasi 200 pezzi, propone un percorso che intreccia la vita e la carriera del princeps con la nascita di una nuova cultura e di un nuovo linguaggio artistico, tuttora alla base della civiltà occidentale. Il suo principato, durato oltre quaranta anni, fu il più lungo che la storia di Roma avrebbe mai ricordato e l’Impero raggiunse la sua massima espansione nel bacino Mediterraneo. Tutti gli aspetti del lungo periodo di pace vengono presi in esame: dal nuovo sistema religioso, alle svariate forme di celebrazione del potere, alla diffusione della nuova cultura augustea nelle province, soprattutto in Gallia. La mostra si conclude con la ricostruzione inedita di 11 rilievi dell’edificio pubblico eretto originariamente in Campania, dopo la morte dell’imperatore – oggi divisi tra la Spagna e l’Ungheria – che narrano la battaglia di Azio (31 a.C.) in cui sconfisse la flotta di Marco Antonio e di Cleopatra. Il catalogo della mostra edito da Electa, con una nutrita raccolta di schede illustrate costituisce una vera e propria monografia del primo imperatore. Nelle sue pagine prende corpo all’affermazione di quell’età dell’oro cantata dai poeti, primo fra tutti Virgilio, che si traduce in una cultura figurativa improntata a un classicismo eclettico che trasforma l’Urbe in una città di marmo. Particolarmente interessanti i riferimenti alla grande Mostra Augustea della Romanità che nel 1937, nel Bimillenario della nascita, si caricò delle istanze propagandistiche del regime. Augusto si potrà visitare sino al 9 febbraio. Info: Info: 06 39967500 – www.scuderiequirinale.it (B.C.)
12 gennaio 2014

CLEOPATRA, ROMA E L’INCANTESIMO DELL’EGITTO Roma, a distanza di 13 anni dall’ultima grande esposizione, ritorna a mettere in mostra l’ultima regina tolemaica: Cleopatra. Cleopatra. Roma e l’incantesimo dell’Egitto, allestita nel Chiostro del Bramante, è prodotta da Arthemisia Group in collaborazione con DARTsrl e curata da Giovanni Gentili, già curatore della memorabile mostra su Giulio Cesare. La mostra, grazie al contributo dei più grandi musei del mondo, dal British Museum al Museo egizio di Torino, espone più di 180 pezzi da non perdere. Alcune opere non erano mai state mostrate in precedenza. Cleopatra (foto), oltre a raccontarne la vita, per la prima volta approfondisce il rapporto tra la regina d’Egitto e Roma, quando poco più che ventenne conquistò prima Giulio Cesare e poi Marco Antonio, aprendo, di fatto, la strada a quel rapporto tra potere e sesso che si ripeterà all’infinito nella storia della politica di tutto il mondo. Dopo la vittoria su Antonio e Cleopatra, sul dritto delle monete, venne fatta incidere la scritta: “Aegypto capta” (Egitto conquistato). Tuttavia, l’imperatore non poté impedire il dilagare dell’egittomania. La mostra, infatti, intende raccontare una storia diversa e cioè come in realtà fu Roma a subire l’indiscutibile fascino della regina e dell’antichissima civiltà del Nilo. Il percorso espositivo, articolato in 9 sezioni, è aperto dalla magnifica Testa di regina tolemaica – probabilmente la stessa Cleopatra – datata alla seconda metà del I secolo a.C. e proveniente dai Musei Capitolini di Roma. Lungo l’itinerario prendono corpo quelle vicende straordinarie che ridisegnarono la storia e la geografia del Mediterraneo nella seconda metà del I secolo a. C. In esposizione ci sono capolavori come il Ritratto di Giulio Cesare (30 a.C. ca., Musei Vaticani) e quello di Cleopatra ritrovato a Roma (ca. 45 a.C., Musei Vaticani), oltre a splendidi cammei, monete preziose e altri rarissimi oggetti. Gli anni romani (46 al 44 a.C.) di Cleopatra sono testimoni indiscutibili di una multietnicità irreversibile con il dilagare nell’Urbe del “regno magico”, come testimoniano preziosi documenti archeologici. Sotto l’influenza della regina tolemaica cambiano il costume e la moda, soprattutto delle matrone, che adesso indossano una serie di monili modello “sacro ureo“, il serpente simbolo della regalità egizia. I visitatori saranno guidati in questo viaggio affascinante da Valerio Massimo Manfredi che racconterà la storia di Cleopatra svelandone i segreti in un’audioguida della mostra sarà data in omaggio a tutti. La mostra si potrà visitare sino al primo febbraio. Info: 06 916 508 451 – www.mostracleopatra.it. (B.C.)
29 dicembre 2013

POMPEI: LA TRAGEDIA IN 3D Le ultime ore di Pompei made in UK. Le racconta il British Museum in un docufilm sponsorizzato da Goldman Sachs Group, una delle principali banche di investimento globali. La pellicola ha trasformato la mostra londinese “Life and death in Pompeii and Herculaneum” – realizzata grazie alla generosa collaborazione della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli – che si è conclusa da pochi mesi, in un’appassionante documentario. Il film tridimensionale, diretto dallo stesso direttore del museo, Neil MacGregor, e costato appena 100mila euro verrà distribuito da Microcinema in ben 51 paesi. Nel nostro paese è stato proiettato unicamente il 25 e il 26 novembre scorso. La pellicola immerge lo spettatore in uno spettacolo unico al mondo con musiche, poesie, oggetti quotidiani, reperti e testimonianze dell’epoca. L’obiettivo è quello di far rivivere l’immane tragedia che distrusse le due cittadine campane, fiore all’occhiello dell’impero romano, attraverso la quotidianità delle piccole cose, fermando magicamente l’orologio del tempo a quel fatidico 79 d.C., quando Pompei ed Ercolano vennero distrutte per sempre dalla micidiale eruzione del Vesuvio. Gli effetti speciali hanno permesso di riprodurre fedelmente la cronistoria di quegli ultimi e terribili attimi. La ricostruzione multimediale è integrata dai racconti degli esperti di settore come il curatore della mostra Paul Roberts, la professoressa dell’università di Cambridge, Mary Beard e la storica Bettany Hughes, che consentono allo spettatore di interagire con i famosi calchi delle persone catturate nel loro ultimo istante di vita. L’arredamento che rivive sul grande schermo è composto da una cassapanca, uno sgabello intarsiato e persino una panca da giardino. Il pezzo più sorprendente e commovente è la culla di un bambino romano. Ma la pellicola include molto di più, dalle attrezzature da cucina al cibo, tra cui una pagnotta intatta ancora con il timbro del fornaio, dai falli beneauguranti all’erotico dio Pan che feconda una capra, alla ricostruzione della Casa del poeta tragico di Pompei con il famosissimo mosaico che riproduce un cane a catena con la scritta “Cave Canem”. Gli appassionati, comunque, posso rivedersi con calma, in rete, sulla piattaforma You Tube, la bella ricostruzione fatta da Piero Angela per la trasmissione di RAI1 “Superquark”: “Pompei”. (B.C.)
15 dicembre 2013

CALIGOLA, LA TRASGRESSIONE AL POTERE Sul lago di Nemi il ricordo della casa galleggiante dell’imperatore si è perso nella notte dei tempi. E’ esistita veramente o si tratta soltanto di vecchie credenze popolari? Leggenda o realtà? Agli inizi del secolo scorso il colpo si scena. Tra il 1928 e il 1932 riemergono dall’antico passato due enormi imbarcazioni, settanta metri per venti. Vengono esposte nel Museo del lago di Nemi – creato appositamente – ma dal passato ritorna anche la damnatio memoriae del famoso rampollo dell’antica dinastia giulio-claudia: un terribile incendio le distrugge nel 1944. Adesso la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, nella ricorrenza dei 2000 anni dalla nascita, ricostruisce la storia del terzo imperatore di Roma, passato alla storia con il soprannome di Caligola, per via dei suoi immancabili calzari, i caliga, ovvero le scarpe dei legionari – come narrava Svetonio – che regnò dal 37 al 41 d.C., e delle sue leggendarie navi. La mostra, allestita nel Museo delle Navi Romane di Nemi, intende raccontare la vera storia di Caio Cesare Germanico, gettando una nuova luce sul personaggio, come spiega il direttore del Museo, Giuseppina Ghini, soffermandosi sugli aspetti meno noti, come il programma politico e i rapporti con le province dell’impero, e i lati caratteriali che lo distaccarono dalla sua gens. Grazie alla collaborazione con la Soprintendenza Speciale di Roma, è stato possibile presentare per la prima volta a un vasto pubblico i reperti provenienti sia dalle navi di Caligola, sia dal Santuario di Diana, fino a poco tempo fa conservati presso i magazzini dei musei di Palazzo Massimo e delle Terme di Diocleziano a Roma. Attrazione della mostra la grande statua marmorea dell’imperatore in trono – alta oltre 2 metri – recuperata due anni fa dal Nucleo Archeologico della Guardia di Finanza ed esposta dopo un paziente lavoro di restauro, fatto con amore da Roberto Civetta. Attorno alla statua ruotano tutta una serie di reperti, mai esposti prima, provenienti dagli scavi nel territorio, in larga parte condotti con l’Università di Perugia, tra il santuario di Diana Aricina, il teatro, la villa di Caligola e quella di Domiziano a Castel Gandolfo. Per l’occasione la Soprintendenza ha realizzato un audiovisivo sul recupero, il lavoro di assemblaggio e il restauro della statua marmorea, che viene proiettato insieme ad altri due filmati sul recupero delle navi. Il Museo è dotato anche di due totem che illustrano i temi principali dell’esposizione. Caligola, la trasgressione al potere, in considerazione del grosso afflusso di visitatori, è stata prorogata sino al 30 gennaio. Il catalogo è pubblicato da Gangemi editore. Info: 06 9398040. (B.C.)
17 novembre 2013

ARCHIMEDE, UN GENIO DEL I MILENNIO a.C.Roma – Un genio assimilabile a quello di Leonardo, inventore, astronomo, matematico, esperto di macchine, ma del I millennio a.C. Questo era Archimede. Ce lo racconta per la prima volta una mostra interdisciplinare promossa da Roma Capitale e organizzata in collaborazione con il Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi di Siracusa: Archimede. Arte e scienza dell’invenzione. L’esposizione, ospitata dai Musei Capitolini, è stata ideata dal Museo Galileo di Firenze, in collaborazione con il Max Planck Institut di Berlino e con il contributo dell’Assessorato Regionale per l’Identità Siciliana e della Soprintendenza Speciale di Napoli e Pompei. La mostra presenta importanti reperti archeologici, preziosi codici manoscritti e opere d’arte che descrivono il contesto storico e culturale dell’epoca di Archimede e documentano la fortuna dello scienziato siracusano nei secoli successivi. L’esposizione è arricchita da suggestive applicazioni multimediali prodotte dal Laboratorio del Museo Galileo e da dei prototipi di alcune sue invenzioni realizzati da Opera Laboratori Fiorentini ­ Civita Group. Plutarco ce ne ha consegnato un’immagine bifronte: erede diretto, il più autorevole, della tradizione euclidea e platonica, da un lato, e interprete eccezionale della lunga stagione d’innovazioni tecniche del mondo greco, che raggiunse il culmine nell’età alessandrina, dall’altro. Ma senza l’opera fondamentale di Clagett (Archimedes in the Middle Ages) non avremo potuto comprendere il complesso percorso attraverso il quale filtrò la sua opera dal mondo romano, attraverso il Medioevo, fino ai padri fondatori della Rivoluzione Scientifica, che lo esaltarono quasi come una divinità, dice Paolo Galluzzi, Direttore del Museo Galileo. La mostra si articola in due filoni principali: il primo fa capire la portata del contributo che Archimede ha dato alla crescita delle scienze in età ellenistica. I visitatori possono ammirare i prototipi delle macchine (foto) che gli ha attribuito la tradizione, con applicazioni multimediali e filmati in 3D che ne visualizzano il funzionamento. Il secondo filone invece è costituito dai Codici dell’inventore riscoperti dagli umanisti nel XV secolo e poi della Rivoluzione Scientifica. Il percorso è arricchito da una selezione di reperti archeologici, che aiutano a capire l’ambiente in cui visse e operò Archimede (foto). La mostra, che si potrà visitare sino al 12 gennaio, dopo una tappa a Berlino, rientrerà a Siracusa, dove alcune sezioni saranno acquisite in modo permanente dal Museo Paolo Orsi. Il catalogo, arricchito dal contributo dei maggiori esperti di settore, è edito da Giunti. Il biglietto può essere acquistato anche on-line (www.omniticket.it) ed è disponibile anche il combinato, valido 7 giorni (Centrale Montemartini + Musei Capitolini + Mostra Archimede). Info: 060608. (B.C.)
3 novembre 2013

LA FIRENZE DEI PRIORI NEI SECOLI D’ORO Dare una nuova chiave di lettura alle numerose opere d’arte dell’epoca d’oro di Firenze e svelare così i segreti della propaganda praticata dai gruppi di potere in età comunale e repubblicana, prima che l’ascesa dei Medici modificasse profondamente l’assetto politico ed estetico della città. Questo in poche battute l’obiettivo della mostra Arte civica a Firenze fra Medioevo e Rinascimento, allestita presso la Galleria dell’Accademia e curata da Daniela Parenti, vicedirettrice del museo e da Maria Monica Donato, ordinaria di Storia dell’arte medievale alla Normale di Pisa. La mostra propone straordinarie testimonianze artistiche che documentano la vita cittadina nel lasso di tempo che spazia dal Duecento agli albori dell’età ducale. Vengono analizzati i grandi temi figurativi preferiti dai gruppi di potere che gestivano la città: dalla sua storia, alla fede, alla mercatura, prendendo in considerazione l’araldica, la religione civica, i luoghi emblematici (Palazzo dei Priori, Palazzo del Podestà, Orsanmichele) e le parti politiche dominanti (gli Angiò, le Arti, i Guelfi e i Ghibellini). Le opere in mostra rivelano un linguaggio figurativo complesso, ricco di riferimenti allegorici, dove il sacro e il profano si compenetrano. Nel Palazzo dei Priori – oggi noto come Palazzo Vecchio – si potevano incontrare le raffigurazioni di San Cristoforo e della Ruota di fortuna, dell’eroe mitologico Ercole, presente nel sigillo ufficiale della città e di quello ebraico David. Ed è proprio il David scolpito da Michelangelo – divenuto emblema della Firenze repubblicana – a terminare idealmente il percorso espositivo. Suggestive le pitture infamanti, opere murali situate in luoghi pubblici che raffiguravano, non di rado con dettagli raccapriccianti, fatti e personaggi invisi alla città di Firenze, come l’affresco con la Cacciata del Duca d’Atene proveniente dall’antico carcere delle Stinche (ora a Palazzo Vecchio). La mostra mette soprattutto in risalto il ruolo delle corporazioni (Arti), vero motore economico della città, di cui gestivano, di fatto, il potere politico. L’iscrizione era condizione imprescindibile per partecipare alla vita politica di Firenze e per i Priori delle Arti fu eretto Palazzo Vecchio. La mostra riunisce, dopo due secoli, le tavole dei santi patroni che originariamente trovavano posto sui pilastri della chiesa di Orsanmichele, nata dalla progressiva trasformazione in luogo di culto dell’antico mercato del grano e affidata alle Arti che la trasformarono in uno scrigno di opere d’arte. La mostra promossa dai Beni Culturali e dal Polo Museale della città, con il Patrocinio della Scuola Normale Superiore di Pisa, si potrà visitare sino all’8 dicembre. Il catalogo è edito da Giunti. Info: 055 2388612 – www.uffizi.firenze.it. (B.C.)
13 ottobre 2013

NOTTE AL MUSEO TUTTO L’ANNO Con la collaborazione della Direzione per la Valorizzazione, il Mibac è riuscito a realizzare un progetto pilota che ha l’obiettivo di diventare un appuntamento stabile con la cultura per tutti e offrire ai turisti che visitano il nostro Paese un’opportunità indimenticabile. Stiamo parlando di una Notte al Museo, esperienza già ampiamente collaudata in molte città italiane, prima fra tutte la capitale. L’iniziativa è nata dalle stesse esigenze dei cittadini messe a fuoco tramite uno specifico sondaggio on-line: il “Museo che vorrei”. 14.816 accessi per 7.043 questionari che hanno rivelato come gli italiani siano attenti alla cultura e siano anche disposti a pagare per usufruirne. Il 75,96%, infatti, ritiene che sia giusto pagare il biglietto d’ingresso. Il sondaggio ha rivelato un dato interessante: con il 60,07% – contro un misero 39,34% degli uomini – sono le donne le maggiori consumatrici di cultura. Tutti, o quasi (85%), hanno espresso la necessità di prolungare l’orario di visita che dovrebbe arrivare fino alle 22 per il 41% e alle 24 per il 44%. L’iniziativa è stata realizzata con la collaborazione di molte associazioni culturali fra cui Agimus, Arci Bologna, Coop Culture, Irideventi e The Clouds. “Ho lavorato molto per questo progetto – ha dichiarato il ministro Bray – che avvicina i nostri musei agli standard europei e intende richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’importanza di questi luoghi, quali riferimenti essenziali per la promozione dei territori e dunque significativi veicoli di sviluppo economico. I cittadini e i turisti avranno la possibilità, fuori dai consueti orari di visita, di ammirare il patrimonio culturale dell’Italia”. Le aperture straordinarie, infatti, sono previste ogni ultimo sabato del mese fino alla fine dell’anno dalle 20:00 alle 24:00 in 38 luoghi della cultura tra musei e aree archeologiche statali. La lista completa si trova sul sito della DG per la Valorizzazione (www.valorizzazione.beniculturali.it) e offre molte opportunità di scelta: dalla Cà D’oro a Venezia alla Galleria Sabauda di Torino, al Castello di Miramare a Trieste, e scendendo nel Lazio dalla Galleria Borghese, alla Crypta Balbi, alle Terme di Diocleziano a Roma. Le aperture saranno assicurate fino a dicembre per i musei , mentre per i siti archeologici solo fino a settembre. Ma l’obiettivo di fondo è quello di rendere permanente l’iniziativa. Sicuramente un evento dal respiro europeo accompagnato da spettacoli, letture e inaugurazioni di sezioni museali. Info: www.beniculturali.it – 800991199. (B.C.)  Elenco delle 38 aperture notturne in pdf 
29 settembre 2013

VILLA D’ESTE TRA CACCE PRINCIPESCHE E MUSICA D’EPOCA – Tivoli Voluta dal cardinale Ippolito II d’Este, figlio di Alfonso I e di Lucrezia Borgia, e ritenuta un capolavoro del Rinascimento italiano, tanto da essere inserita dall’UNESCO nella lista dei patrimoni dell’umanità, Villa D’Este in occasione dell’estate è tornata alle aperture straordinarie notturne. Con il biglietto d’ingresso è possibile vedere anche la bella mostra allestita nell’appartamento del cardinale: Cacce principesche. L’arte venatoria nella prima età moderna, che espone una sessantina di opere a tema, oltre ad una preziosa selezione di armi d’epoca messe a disposizione dal Museo Stibbert di Firenze. Si potrà visitare sino al 30 ottobre. Tivoli, e in particolare la villa, è sempre stato un luogo d’elezione di leggendarie battute di caccia sin dai tempi dell’imperatore Adriano – come ha spiegato lo stesso curatore della mostra, Francesco Salinas – tanto da essere scelta dal cardinale Ippolito d’Este che trasformò il palazzo e i giardini nella magnifica forma che oggi conosciamo (foto). Questa barbara attività, elevata al livello di sport d’elite, fra l’altro era il passatempo prediletto di Ippolito, figlio di Lucrezia Borgia, nipote di Cesare ed esperto dell’arte venatoria, appresa direttamente alla corte di Francia. Ostentazione di potere e di ricchezza, fin dal medioevo, la caccia fu uno dei più importanti momenti di aggregazione delle elites di tutta Europa, autocelebrazione dispendiosa e sfarzosa di un’intera classe sociale. Le vedute di caccia furono presto considerate presenze obbligate nelle grandi quadrerie europee e la villa vene decorata con temi venatori già nei primi decenni del Seicento dalla scuola di Antonio Tempesta, massimo esegeta del genere venatorio, ad affresco su tela, su rame e su pietra, come spiega Solinas. La mostra ne offre una carrellata d’eccezione fra cui figurano dipinti dei fiamminghi Brill e Brueghel. Il catalogo è realizzato da De Luca Editori d’Arte che ha organizzato la manifestazione insieme alla Soprintendenza delle Province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo. La visita offre anche la possibilità di assistere a eventi e concerti distribuiti nei diversi angoli del palazzo e del giardino. Il venerdì sera è dedicato alla riscoperta di patrimonio musicale dell’epoca con la rassegna Il Rinascimento suona giovane, con un programma che spazia dal Cinquecento ai grandi del Settecento. Sono previsti anche alcuni appuntamenti speciali dedicati al connubio tra musica e parole. Tra i temi delle tre serate, un omaggio a Pico della Mirandola, e alla Vertuosa Compagnia, il primo sindacato dei musicisti. Le visite proseguiranno nella fascia serale tutti i venerdì e sabato dalle ore 20:30 alla mezzanotte fino al 14 settembre. Info: 0774 312070 – www.villadestetivoli.info. (B.C.)
8 settembre 2013

LE MUMMIE DI ROCCAPELAGO: vita e morte di una piccola comunità dell’Appennino modenese Roccapelago di Pievepelago (MO) – Dopo il grande successo della mostra allestita nel 2012 nella cripta della Chiesa di Roccapelago, con più di 7000 visitatori in poco più di due mesi, le mummie di Roccapelago sono tornate per raccontare la loro storia: uno studio approfondito dei resti mummificati degli abitanti della piccola comunità dell’Appennino modenese ha rivelato curiosità, usi, abitudini, religiosità, malattie e costumi dell’intera popolazione vissuta tra il XVI e il XVIII secolo. Tra il dicembre 2010 e il marzo 2011, durante il restauro nella Chiesa gli archeologi hanno fatto una scoperta eccezionale: una fossa comune con 281 inumati, donne, uomini e bambini, di cui circa 60 perfettamente conservati. Non si è trattato di mummificazione volontaria di un preciso gruppo sociale, ma piuttosto di conservazione naturale consentita dal microclima particolare dell’ambiente. Oggi una nuova mostra, allestita presso la parrocchia e promossa dalla Soprintendenza insieme, fra gli altri, all’Università di Bologna e alla Cassa di Risparmio di Modena, e curata dall’antropologo Giorgio Gruppioni e da Donato Labate, espone una selezione di quelle mummie e dei reperti i più significativi rinvenuti nello scavo. Una serie di pannelli spiega al pubblico gli aspetti salienti di questo straordinario ritrovamento, fornendo i primi dati di una ricerca multidisciplinare che ha raccolto i contributi di archeologi, antropologi, esperti di tessuti e devozioni. Le indagini archeologiche hanno restituito brani di vita della fase castellana del sito: due frammenti di proiettili ritrovati all’interno della cripta raccontano il clima e le tensioni guerresche durante la dominazione di Obizzo di Montegarullo. Le ceramiche recuperate – in archeologia un prezioso indicatore cronologico – testimoniano la vita quotidiana del castello e in particolare il desinare. I miseri sudari recuperati ci narrano la storia di una comunità povera, di contadini, ma dignitosa che cura i sui morti, acconciando i capelli delle donne con treccia o chignon, e pronta anche a pagare “l’obolo a Caronte”, come testimoniano le rare monete dentro le tombe (v). E la loro vita com’era? Sicuramente non facile: la mortalità infantile era elevatissima, soprattutto nei primi anni di vita, come quella delle giovani donne, probabilmente per il parto. Tuttavia, quanti giungevano l’età adulta, non infrequentemente arrivavano molto in avanti con gli anni per l’epoca, come attestano i numerosi inumati di età senile. Molte le iniziative collaterali nei mesi estivi con proiezioni e visite guidate. La mostra si potrà visitare sino alla fine di ottobre. Info: 053671890 – www.archeobologna.beniculturali.it. (B.C.)
10 settembre 2013

Le testimonianze devozionali – Fonte: Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna – in un file pdf.

RELIGIO LICITA: 1700 ANNI DOPO L’EDITTO DI COSTANTINO Roma – Nell’anniversario dell’editto di Costantino che aprì alla libertà di culto, la Capitale, a 1700 anni di distanza, ricostruisce l’epoca costantiniana testimoniando la progressiva evoluzione del cristianesimo che, da culto lecito privato, arriva ad acquisire una dimensione pubblica, mettendo in mostra oltre centosessanta preziosi reperti provenienti da tutta Europa. La mostra ideata dal Museo Diocesano di Milano e curata da Gemma Sena Chiesa e Paolo Biscottini, già ospitata dalla città meneghina, arriva al Colosseo arricchita da una sezione interamente dedicata a Roma, curata da Mariarosaria Barbera, soprintendente per i beni archeologici della città, con ritrovamenti inediti come il tesoretto di quarantanove monete coniate dalle zecche di Roma, Ostia e Aquileia, contenuto in una cassa lignea chiusa proprio nel 313 d.C. e rinvenuto sulla Via Laurentina nel 2005 e quello più recente, tutto di gioielli, rinvenuti a luglio 2012 in una tomba della basilica in via Ardeatina. L’esposizione celebra l’anniversario dell’eccezionale manifesto di tolleranza religiosa diffuso nel 313 d. C., noto anche come “Editto di Milano”, attribuito all’imperatore romano d’Occidente Costantino, che dopo secoli di persecuzioni dichiarava il cristianesimo religio licita, inaugurando un periodo non solo di tolleranza ma anche d’innovazione politica e culturale. La parte centrale della mostra racconta la rivoluzione politica e religiosa scaturita da questa “liberalizzazione” analizzando, attraverso i reperti, le istituzioni protagoniste di quest’epoca: l’esercito, la chiesa e la corte imperiale. La sezione dedicata ai monumenti costantiniani di Roma propone le residenze, le terme, le basiliche e i mausolei con le loro straordinarie decorazioni. Particolarmente interessante la ricostruzione in computer grafica di alcuni edifici aggiornata alla luce delle ricerche più recenti. Conclude un’animazione dell’Arco di Costantino che consente al visitatore di osservare in alta definizione le vicende narrate nel fregio. Costantino 313 d.C. è organizzata in collaborazione con i Beni culturali e la casa editrice Electa – che ne ha curato anche il catalogo – e realizzata con il contributo, fra gli altri, del Gruppo bancario Credito Valtellinese e di Intesa Sanpaolo. Il biglietto può essere acquistato direttamente con lo smartphone, tramite l’applicazione iMiBAC Top 40, e consente anche la visita al Colosseo, al Foro romano e al Palatino. La mostra si potrà visitare sino al 15 settembre. Info: 0639967700, www.mostracostantino.it – www.archeoroma.beniculturali.it(B.C.)
28 luglio 2013

Come tutti gli anni la Rubrica dedicata alle attualità culturali va in ferie e vi dà appuntamento alla fine di agosto

TORNANO LE NOTTI DELL’ARCHEOLOGIA E IL FESTIVAL DELL’ARCHEOCINEMA, CIAK Tornano le Notti dell’archeologia, iniziativa promossa dalla Regione Toscana e dalla Soprintendenza, in collaborazione con l’Associazione Musei Archeologici Toscani. La manifestazione, arrivata alla tredicesima edizione, per tutto il mese di luglio propone ben 250 eventi, distribuiti nei vari musei della regione, facendo diventare l’archeologia ancora più “pubblica”, come ha dichiarato l’assessore alla Cultura, Cristina Scaletti. I musei toscani aprono le porte di una terra ricca di storia e di testimonianze del nostro passato con iniziative che coniugano la storia con lo spettacolo, con la natura e l’enogastronomia. In Maremma il Polo Universitario di Prato, propone la ricostruzione di un “viaggio commerciale” degli antichi etruschi su due delle vie classiche di trasporto che collegavano gli approdi sul mare ai centri interni più sviluppati: Vetulonia e Roselle. Si tratta di un vero e proprio viaggio fisico, su un carro trainato da cavalli, ricostruito al vero secondo le indicazioni ricavate dalle testimonianze archeologiche del territorio. A Massarosa (Lu) l’area archeologica si animerà con Massaciuccoli Romana – Festival dell’Antica Roma, dove si potranno rivivere per un giorno le atmosfere e il fascino di un accampamento romano e scoprire gli aspetti della vita civile e militare. Non mancheranno, naturalmente, le aperture straordinarie notturne di musei e parchi archeologici, che sono all’origine del nome della manifestazione, animate da spettacoli e degustazioni. Inoltre, dopo il grande successo della prima edizione, torna CIAK, il Festival del Cinema archeologico, ospitato in due luoghi bellissimi: il castello di Piombino, con l’isola d’Elba come sfondo, e Piazza del Duomo a Siena. L’inaugurazione sarà interamente dedicata al rapporto fra l’uomo e il mare con tre documentari presentati direttamente dall’autore, Folco Quilici. I titoli in programma sono: “L’impero di marmo”, “L’uomo e il mare” e “Relitti e tesori nei mari del mondo”. Il festival proporrà il meglio della produzione documentaria archeologica mondiale. Nell’ultima serata saranno presenti Alfredo e Angelo Castiglioni, gli scopritori di Berenice Pancrisia, che illustreranno le loro ultime scoperte nei deserti del Vicino Oriente e presenteranno un documentario fuori concorso dedicato all’Etiopia. L’ingresso è libero. Info: 800860070 – www.regione.toscana.it/nottidellarcheologia. (B.C.)
7 luglio 2013

LA MARINA MILITARE ED I BENI CULTURALI A CACCIA DI TESORI SOMMERSI E’ partita proprio in questi giorni, dalle acque di Livorno, la nuova campagna d’indagini archeologiche sottomarine nell’ambito del vecchio progetto “Archeomar”. Sono subito venuti alla luce due relitti: una nave del ‘700 sulle Secche di Vada e una nave della Seconda guerra mondiale, con tanto di cannoni e ancore, proprio di fronte alla cittadina toscana. Le attività di ricerca e catalogazione sono disciplinate dalla Convenzione stipulata nel 1998 tra la Marina Militare e i Beni Culturali (Direzione Generale per le Antichità) per la ricerca archeologica nelle acque territoriali italiane. La Marina Militare ha messo a disposizione le proprie unità idrografiche – spiega in una nota il Mibac – che coadiuveranno la Direzione Generale per le Antichità per consolidare e arricchire la banca dati Archeomar, dedicata alla valorizzazione e tutela del nostro patrimonio culturale subacqueo. Le unità dalla Marina saranno impegnate lungo le coste del Mar Ligure, Arcipelago Toscano, Arcipelago Pontino, Golfo di Taranto e dell’Alto Adriatico, collaborando congiuntamente con i funzionari delle Soprintendenze per i Beni Archeologici delle regioni Liguria, Toscana, Lazio, Puglia, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Le nuove ricerche subacquee saranno condotte con due unità della Marina: il Numana, un cacciamine, e il battello idrografico Galatea. Inoltre, verranno impiegate sofisticate apparecchiature per realizzare una corretta mappatura dei relitti sommersi. Una di queste apparecchiature è di tipo “Pluto Gigas”, un veicolo subacqueo filoguidato e dotato di sensori e telecamere che possono filmare e catalogare gli oggetti rilevati dal sonar e dalla strumentazione di bordo. Il progetto “Archeomar” è nato circa dieci anni fa, nel 2004, per il censimento totale dei beni archeologici sommersi in quattro regioni del sud, Campania, Basilicata, Puglia e Calabria. Presentato proprio dall’allora ministro Urbani, con budget iniziale di 7 milioni e mezzo di euro, costituisce il più importante strumento di conoscenza del patrimonio archeologico sommerso nei nostri fondali marini. L’obiettivo è quello di costituire un’immensa banca dati del nostro patrimonio sommerso e una mappatura dettagliata dei fondali, che riguardi anche i reperti meno importanti, quelli che non saranno mai portati in superficie. E si andrà a cercare proprio lungo le vecchie rotte percorse per dieci secoli dai naviganti. (B.C.)
23 giugno 2013

DAI RITI PAGANI AGLI EX VOTO DI ORICOLA E DINTORNI Francavilla al Mare (CH) – Un dialogo lungo duemila anni, quello tra fedeli e divinità. Questo in poche parole il tema di fondo della mostra organizzata dalla Soprintedenza per i Beni archeologici dell’Abruzzo in collaborazione con la Regione Abruzzo e con i Comuni di Oricola (AQ) e di Francavilla al Mare: “Devozioni millenarie – Dai riti pagani di Oricola agli ex voto dell’Abruzzo medievale e moderno”. La devozione popolare tributata in Abruzzo alle divinità pagane prima, e cristiane poi, si manifesta nei diversi santuari della regione principalmente attraverso gli ex voto, pegno dell’alleanza tra fedele e dio. La mostra – allestita presso il Museo Michetti di Francavilla al Mare – mette in evidenza l’ideale continuità tra i votivi del III-II sec. a.C. rinvenuti nello scavo del santuario suburbano di Carsioli (Civita di Oricola – AQ) e alcune particolari tipologie di offerte di età moderna. I lavori di scavo archeologico e di recupero nelle aree di Oricola (AQ) e di Carsioli (frazione di Civita di Oricola) sono stati possibile grazie a fondi CIPE della Regione Abruzzo e al cofinanziamento del Comune di Oricola. Il percorso espositivo – articolato secondo la cronologia dei materiali recuperati – passa dai doni simbolici del santuario di Oricola (statue, parti del corpo umano, animali, frutti e oggetti d’uso quotidiano) alle attestazioni popolari degli ex voto pittorici e anatomici di età moderna (XVIII-XX secolo), ai manufatti della cereria De Rosa di Lanciano (CH), alle sculture di santi particolarmente venerati, fino all’espressione artistica di matrice aulica di un’icona della Vergine in trono con Bambino. Il percorso ideale termina con il passaggio dalla supplica individuale al rito collettivo con dei veri e propri gioielli della tradizione: due grandiose tele di Francesco Paolo Michetti, “Gli storpi” e “Le serpi” (1900). Nella sezione archeologica della mostra sono esposti per la prima volta, dopo un accurato restauro, i votivi (foto), quasi tutti realizzati in terracotta e ascrivibili alla tipologia “etrusco-laziale-campana” e alcuni reperti in bronzo. L’atmosfera di aspirazione al trascendente che pervade la mostra è ricostruita proponendo la rappresentazione di alcune tradizioni popolari tuttora praticate, grazie a suggestioni visive e sonore, con cui viene ricreata un’eco delle celebrazioni liturgiche dell’antichità. La mostra si concluderà il prossimo 23 giugno. L’ingresso è gratuito. Info: 0854911161-08549201. (B.C.)
9 giugno 2013

STORIE DELLA PRIMA PARMA Parma – Un famoso passo di Tito Livio racconta che nel 183 a.C. i Romani fondarono le colonie di Parma e di Modena in un territorio che in precedenza apparteneva ai Galli Boi e prima ancora agli Etruschi. Lo storico ricorda però che Modena era già nota come città qualche anno prima (durante le campagne militari contro Annibale). Le scoperte archeologiche dell’ultimo decennio non hanno solamente confermato questa versione, dimostrando come ci fosse una città già prima della fondazione della colonia, ma hanno anche portato prepotentemente alla ribalta il ruolo del centro in epoca arcaica, tra il VI e il V secolo a.C., quando la pianura Padana era saldamente sotto il controllo degli Etruschi. Per questo motivo il Museo Archeologico Nazionale di Parma propone una grande mostra che ripercorre il processo della formazione della città, a partire dai villaggi sparsi di età preromana, testimonianza di un forte legami con il mondo etrusco: “Storie della prima Parma. Etruschi, Galli, Romani: le origini della città alla luce delle nuove scoperte archeologiche”. L’Emilia occidentale in epoca preromana è sempre stata considerata una “terra di confine”, posta tra l’Etruria propria e le culture dell’Italia settentrionale (Veneti, Liguri), nonché punto di passaggio obbligato per le comunicazioni con i Celti d’Oltralpe. I coloni romani, in partica, si istallarono nel contesto di un centro già formato, rivitalizzando il popolamento etrusco di età arcaica. Gli scavi oggetto della mostra hanno rivelato le testimonianze più antiche di questa colonia, a partire dal VII secolo a.C., confermando il resoconto dello storico Livio e l’importanza di questo insediamento già in epoca arcaica. L’esposizione, allestita in tre sale del Palazzo della Pilotta, proietta i visitatori prima nella Parma arcaica e, poi, attraverso i secoli, fino alla fondazione della colonia e all’avvento della cultura romana. La mostra si chiude con le testimonianze della Parma repubblicana, fino alla completa romanizzazione, quando la cittadinanza romana era concessa a tutti gli abitanti della Gallia Cisalpina. Il catalogo della mostra è edito della casa editrice L’Erma di Bretschneider che l’ha anche ideata. Di queste ultime scoperte, che hanno contribuito a ridisegnare il quadro conosciuto finora, L’Erma propone anche una pubblicazione scientifica per addetti ai lavori. “Storie della prima Parma”, promossa dai Beni Culturali con il sostegno della Fondazione Cariparma e il contributo del Comune di Parma, si potrà visitare sino al 2 giugno, salvo probabile proroga. Info: 0521 233718. (B.C.)
26 maggio 2013

VISITE GRATUITE PER LA NOTTE EUROPEA DEI MUSEI Quest’anno la Notte Europea dei Musei – iniziativa nata nel 2005 in Francia, patrocinata dall’UNESCO e dal Consiglio U.E. – e la Giornata Internazionale dei Musei si svolgono entrambe sabato 18 maggio. In quest’occasione i musei che aderiscono sono aperti gratuitamente sino all’una di notte permettendo una visita “insolita” alle proprie collezioni animata da concerti, performance di teatro e danza, installazioni artistiche, degustazioni, conferenze, visite guidate e laboratori. La Giornata Internazione dei Musei – istituita nel 1977 dall’International Council of Museums (ICOM) per sensibilizzare l’opinione pubblica sul ruolo dei musei nello sviluppo della società – dedica questa edizione alla creatività come elemento di sviluppo sociale con un predicato che si pone come una vera e propria equazione: Musei (Memoria Creatività) = Sviluppo Sociale. L’obiettivo – recita il programma – è quello di incontrarsi al museo con la consapevolezza che: “I musei sono un importante mezzo di scambio culturale, di arricchimento e di sviluppo della reciproca comprensione, della cooperazione e della pace tra i popoli”. L’ICOM è un’organizzazione non governativa senza fini di lucro dei musei e dei professionisti museali, associata all’UNESCO, che riunisce oltre 30.000 aderenti nei 5 continenti. Nel Lazio il Museo Civico di Bracciano, dall’11 al 18 maggio, propone la mostra “Diari Immaginari”: 40 artisti di grafica si raccontano attraverso un loro particolare diario. Tutti i partecipanti sono invitati a costruire un loro “diario immaginario”, mentre per le scuole sono previsti dei laboratori editoriali con cui spiegare ai ragazzi come nasce un libro. Il Museo della Pietra di Ausonia (FR) invece propone una giornata dedicata alla creatività della memoria con la proiezione di tre video etnografici, prodotti dal sistema Demos-Regione Lazio, e un Reading dedicato alla seconda guerra mondiale. L’obiettivo è quello di divulgare l’intensa opera svolta dai piccoli musei locali sul territorio laziale, grazie anche al contributo della Regione, con la speranza di riuscire a trasformare un patrimonio locale sommerso in fattore di crescita e di sviluppo, sociale e culturale, per l’intera collettività. Il Museo Civico Archeologico di Norma (LT) propone oltre, alla classica visita guidata e alla simulazione di scavo, un aperitivo serale al museo. Info: www.icom-italia.org. (B.C.)
12 maggio 2013

ALLE SCUDERIE DEL QUIRINALE TIZIANO, MAESTRO DI COLORE Roma – L’inarrestabile ascesa di Tiziano Vecellio, sommo maestro di pittura e protagonista della cultura del suo tempo, in un percorso straordinario, da giovane montanaro del Cadore a primo pittore imperiale. Questa in poche battute la mostra “Tiziano” a conclusione dell’ampio progetto di rilettura della pittura veneziana e di riflessione sul suo ruolo nel rinnovamento della cultura italiana ed europea. Un percorso che le Scuderie del Quirinale hanno sviluppato analizzando l’opera dei protagonisti della rivoluzione pittorica moderna – da Antonello da Messina a Tintoretto – di cui Tiziano rappresenta la testimonianza più alta. Visitando la mostra, allestita nella splendida cornice delle Scuderie Papali – fino al 1870 residenza estiva del pontefice e poi palazzo reale dei Savoia sino alla proclamazione della repubblica – sarà possibile ripercorrere i tratti salienti della sua inarrestabile ascesa, dagli esordi veneziani nelle botteghe di Giovanni Bellini e Giorgione alle grandi tele per i dogi, gli Este e i Della Rovere, fino ad arrivare alle committenze imperiali di Carlo V e, poi, del figlio Filippo II. Attraverso il confronto iconografico si percepisce chiaramente la novità dell’impostazione, il profondo senso del colore, l’arte magistrale della pennellata capace di oltrepassare i confini dell’immaginario, la sua vocazione di ritrattista ma anche la sua vena religiosa. In occasione della mostra – resa possibile grazie al sostegno e ai prestiti delle massime istituzioni museali italiane e straniere – ritornano gli incontri di approfondimento, tenuti dai massimi storici dell’arte, che offrono ai visitatori l’occasione per conoscere, da diverse prospettive, la figura di Tiziano, le sue opere, la sua arte (foto). Un pittore che riflette sui temi e i problemi d’attualità, tra letteratura, politica e religione, pronto a staccarsi da Venezia e dalle ultime signorie italiane per affrontare il rischio della dimensione europea, afferma Augusto Gentili, proprio in uno di questi incontri tematici. Un pittore che sperimenta fino all’ultimo, cercando un linguaggio essenziale che ancora non esiste, che ancora nemmeno è stato pensato, dice. I risultati dell’analisi scientifica della sua opera, fatta dal Centro di Arti Visive dell’Università di Bergamo e resi noti in occasione di questa iniziativa, contribuiscono a ridefinire i confini fra la produzione autografa e quella di bottega, documentando anche l’evoluzione della sua tecnica pittorica. La mostra, curata da Giovanni C. F. Villa, si potrà visitare sino al 16 giugno. Il catalogo è edito da Silvana Editoriale, con i contributi di alcuni fra gli studiosi più quotati del grande maestro veneto. Info: 06 39967500 – www.scuderiequirinale.it(B.C.)
28 aprile 2013

CARAVAGGIO, L’ULTIMO ENIGMA Ladispoli (RM) – Nelle settimane scorse il vecchio borgo di Palo si è trovato al centro di una singolare disputa storico-artistica tornata d’attualità con la presentazione del volume “Caravaggio tra arte e scienza“, edito da Paparo. L’opera propone una monografia comparata – 494 pagine – che ricostruisce nei dettagli, con un singolare approccio interdisciplinare, la vicenda umana, storica e artistica del maestro. La monografia è curata da autorevoli esperti come Vincenzo Pacelli, ordinario di Storia dell’Arte Moderna alla Facolta’ di Lettere e Filosofia dell’Universita’ di Napoli Federico II – uno dei maggiori esperti dell’artista – dal suo allievo e collaboratore Gianluca Forgione, e da Giovanni Di Minno, Ordinario di Medicina Interna dello stesso ateneo. Attraverso l’indagine oggettiva dei singoli contributi – sostiene l’editrice sul suo sito web – emerge la complessa personalità del Merisi, il suo credo naturalistico così irriducibile anche al cospetto della tragedia della morte e della malattia, il profondo legame che egli stabilì con la cultura e la scienza del tempo, talvolta anticipandone sensibilità e risultati. Secondo la tesi del professor Pacelli, Caravaggio non morì malato a Porto Ercole, in Toscana, ma fu ucciso da sicari dei Cavalieri di Malta a Palo, frazione di Ladispoli, probabilmente nella prigione del Castello allora proprietà degli Orsini. “Gran parte del volume – ha tenuto, però, a precisare lo storico all’agenzia di stampa AGI – è dedicata alle conoscenze, in campo naturalistico, scientifico e soprattutto religioso del pittore, che si conferma uno dei grandi protagonisti della nostra storia culturale e artistica”. Ma il presidente del comitato che nel 2010, in occasione del quattrocentesimo anniversario della morte di Caravaggio (1571-1610) annunciò l’identificazione delle ossa del pittore lombardo in un cimitero di Porto Ercole (Grosseto), non ci sta. Silvano Vinceti – leggiamo sul web del “Corriere della Sera” – ribatte che il ritrovamento delle ossa dell’artista a Porto Ercole è confermato non solo da documenti d’epoca, ma da “tutta una serie di esami, che vanno dal carbonio 14 a quello dei metalli pesanti ritrovati tra i diversi resti mortali” analizzati da illustri specialisti. E sottolinea “la compatibilità del Dna con quello di decine di prelievi eseguiti a Caravaggio in provincia di Bergamo”, città natale del pittore. Se n’è discusso ampiamente nella cittadina di mare in occasione della conferenza: “Ladispoli, l’ultimo orizzonte”, organizzata dall’Assessorato alla Cultura e dal sindaco Paliotta. Info: www.paparoedizioni.it. (B.C.)
7 aprile 2013

IN MOSTRA A ROMA I FELICIA TEMPORA, L’ETA’ DEL CONSENSO Roma – Con l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, nella Capitale tornano di scena “I giorni di Roma”, arrivati al terzo importante appuntamento del Progetto quinquennale dedicato alla lunga storia della città, dall’epoca repubblicana fino all’epoca tardo-antica, con la mostra: “L’Età dell’Equilibrio. Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio”. Tema centrale della rassegna, ospitata dai Musei Capitolini, gli ottant’anni aurei, definiti i felicia tempora, circoscrivibili agli anni 98-180 d.C. Si tratta del periodo del massimo splendore dell’impero romano, più noto anche come “età del consenso”, raccontato attraverso le vite dei quattro imperatori che hanno determinato il periodo migliore della pax romana,caratterizzata da un incomparabile equilibrio nei poteri dell’impero fra esercito e senato. Stiamo parlando del periodo storico che va da Traiano a Marco Aurelio, in cui la politica di dominazione romana raccolse i frutti della pace mediterranea: l’unificazione dello spazio monetario, la diffusione del sistema legislativo e giudiziario romano e delle forme contrattuali proprie del diritto romano e la diffusione del modello di vita urbano anche nella periferia dell’impero. Quest’epoca del consenso viene narrata con una rassegna di imponenti statue in marmo, raffinate opere in bronzo, interi cicli scultorei, fregi ed elementi di arredo domestico in bronzo e argento di elevato valore stilistico, articolata in cinque sezioni tematiche. La prima sezione, “I protagonisti“, mette in luce l’uso propagandistico dell’immagine in chiave politica; la seconda, “Il linguaggio artistico”, riflette il nuovo gusto dell’epoca, nato dal sapiente recupero delle vette più alte dell’esperienza ateniese del V sec. a.C. (Fidia, Policleto); la terza, “Ville e dimore”, mette a confronto gli splendidi ambienti e gli arredi di Villa Adriana a Tivoli con la residenza privata di un ricchissimo senatore di età antoniniana, Erode Attico; la quarta, “I rilievi storici”, illustra i diversi aspetti della vita pubblica descritti da straordinari monumenti statali; la quinta, “Vincitori e vinti”, è incentrata sui vari aspetti dell’attività bellica. “L’età dell’Equilibrio” si conclude con una sezione tematica dedicata ai costumi funerari che propone la ricostruzione di due mausolei privati: il cosiddetto sepolcro degli Haterii, originariamente sull’antica via Casilina a Roma, e il mausoleo di Claudia Semne, di piena età traianea. Fra l’altro, è possibile ammirare straordinari corredi funebri di giovani fanciulli completi di bambole snodabili in avorio o legno, gioielli in oro e il corredo della celebre Crepereia Tryphaena. La mostra promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali di Roma Capitale e dal Ministero dei Beni Culturali, con l’organizzazione di Zètema e di MondoMostre, si potrà visitare sino a maggio. Info : 0685301758 – www.museiincomuneroma.it. (B.C.)
24 marzo 2013

ALLA TRIENNALE DI MILANO APPRODA IL MITO DEL CONTE VLAD Milano – Nel centenario della scomparsa di Bram Stoker, la Triennale di Milano ospita una mostra dedicata alla sua creatura leggendaria, il conte Vlad, ovvero Dracula il vampiro. All’epoca, nell’Inghilterra vittoriana, il romanzo non ottenne molto favore. Sarà poi la nascente industria cinematografica a imprimerlo indelebilmente nell’immaginario collettivo, costruendo un mito. Ideata da Alef-cultural project management insieme alla Triennale, in collaborazione con il Kunsthistorisches Museum di Vienna, ridefinisce la figura del “principe della notte” partendo dalla dimensione storica per procedere alla trasfigurazione letteraria, fino ad arrivare alla trasposizione cinematografica. La mostra, articolata in tre sezioni, espone un centinaio di opere tra dipinti, incisioni, disegni, documenti, oggetti storici, costumi di scena e video. La prima sezione, “La realtà dietro il mito”, curata da Margot Rauch, conservatrice del Kunsthistorisches Museum di Vienna, raccoglie una serie di documenti storici e di opere, fra cui il primo ritratto del conte Vlad, figura storicamente esistita nel XV secolo; la seconda “Bram Stoker: Dracula” è incentrata sull’impianto letterario, con specifici approfondimenti sull’opera di Stoker, stampata per la prima volta nel 1897; la terza “Morire di luce, il cinema e i vampiri”, curata dal critico Gianni Canova (foto), ricostruisce la cronologia del vampiro sul grande schermo attraverso manifesti originali e videoproiezioni. Particolare attenzione è rivolta a “Dracula di Bram Stoker” (1992) di Francis Ford Coppola, di cui vengono mostrati gli storyboard e l’armatura originale indossata da Gary Oldman nel film. In mostra anche diversi manifesti delle teorie razionaliste e cristiane sui vampiri del 1700 e alcune opere di Goya, come “Il sonno della ragione genera mostri” o “Le conseguenze”. E per gli appassionati c’è una vera chicca: una copia della prima edizione di “Dracula” firmata da Stocker e dedicata alla mamma, messa a disposizione da Daker, bisnipote dell’autore. Ricostruzioni scenografiche e proiezioni suggestive accompagnano il visitatore in un viaggio emozionante alla scoperta di un universo oscuro e parallelo. Il percorso è completato da un’esposizione dedicata a Guido Crepax con diciotto disegni inediti che illustrano l’incontro tra Dracula e Valentina, la sua creazione più famosa. “Dracula e il mito dei vampiri” si potrà visitare sino al 24 marzo. Info: 02 724341 – www.triennale.it. (B.C.)
10 marzo 2013

ROMA CAPUT MUNDI Roma – Un percorso espositivo attrezzato nel cuore dei Fori, dal Colosseo alla Curia Iulia al Tempio del Divo Romolo ( fresco di restauro), per raccontare la vera storia di Roma, fra potere e integrazione multietnica. Questa in poche battute Roma caput mundi. Una città tra dominio e integrazione, la mostra organizzata dalla Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, curata da Andrea Giardina, autorevole storico della Normale di Pisa e Fabrizio Pesando, archeologo dell’Orientale di Napoli. Si tratta di un progetto sicuramente ambizioso ma, prima di tutto, divulgativo, rivolto al grande pubblico dei non addetti ai lavori, con l’obbiettivo di raccontare la romanità senza i pregiudizi d’oltreoceano, e non solo, che l’hanno sempre accompagnata. Un centinaio fra opere e reperti – sculture, pitture, mosaici e monete – provenienti da vari musei italiani raccontano la storia affascinante della capitale oltre gli stereotipi più diffusi nell’immaginario collettivo mettendola a confronto anche con i film piu’ famosi nella storia del cinema, che rievocano la quotidianita’ dell’impero romano o semplicemente ispirati a Roma citta’, come: Ben Hur, Spartacus e Quo vadis?, fino a Il Gladiatore e al recentissimo I gladiatori di Roma, di Iginio Straffi. Insomma, il tentativo è quello di sfatare molti dei luoghi comuni che dal costume alla letteratura, per finire con il cinema, rappresentano la romanità solo (foto) nei suoi aspetti più brutali di dominatrice feroce. Si preferisce invece una visione più vicina alle parole di Rutilio Namaziano scritte nel De reditu suo (opera preziosa, anche se incompleta, perché ricca di osservazioni topografiche e di citazioni di classici latini e greci – i versi citati si riferiscono al saluto a Roma, tradotto dal Carducci) : “Fecisti patriam diversis de gentibus unam”. Roma, infatti, dimostrò una straordinaria duttilità con i popoli sottomessi, una capacità senza precedenti di integrare, miscelare e dialogare che si rivelò determinante per il consolidamento e il mantenimento del suo potere. Roma concedeva con facilità la cittadinanza ed i figli dei liberti erano cittadini a tutti gli effetti. Proprio per questo nella Curia è stato allestito uno spazio per ricordare l’orazione pronunciata dall’imperatore Claudio nel 48 d.C., nella quale egli esortava i senatori ad accogliere tra loro i rappresentanti della Gallia Transalpina. Naturalmente, la mostra non tralascia di documentare anche gli altri aspetti di questa civiltà, come le guerre di conquista, la schiavitù e la persecuzione dei cristiani. La mostra, che si potrà visitare sino al 10 marzo, è accompagnata da un ricco volume di studi pubblicato da Electa. Info: 06.39967700 – www.coopculture.it. (B.C.)
24 febbraio 2013

APERTO UN TAVOLO TECNICO PER SALVARE IL COLOSSEO DAL DEGRADO Roma – Con gli ultimi interventi di manutenzione e conservazione del Colosseo la Soprintendenza di Roma ha fatto una scoperta eccezionale: il più grande e importante anfiteatro romano – iniziato da Vespasiano nel 72 d.C. e inaugurato da Tito nell’80 – in grado di ospitare fino a 50.000 spettatori, era a colori. La scoperta è avvenuta nella galleria intermedia al terzo livello del Colosseo, dove sotto l’intonaco sono riemerse tracce evidenti di antiche raffigurazioni e di colori vivaci: cinabro, azzurro, ocra e verde. Sicuramente si trattava di soggetti riferiti al mondo gladiatorio con motivi ornamentali vegetali come palmette e corone d’alloro. Sono riaffiorate anche scene erotiche e simboli fallici. Già nell’ottocento gli studiosi ritenevano che l’Anfiteatro Flavio fosse intonacato in bianco con grandi riquadri rossi, ma certo, ha affermato la direttrice del monumento, Rossella Rea, non ci aspettavamo di trovare decorazioni pittoriche in una galleria che fungeva da passaggio secondario, e dove addirittura ci sono degli urinatoi. “Una scoperta straordinaria perché le superfici intonacate superstiti rappresentano solo 1% del totale delle superfici del Colosseo – ha spiegato a “Il Messaggero” – ma sono di fondamentale importanza perché rivelano un palinsesto di graffiti e disegni che, come nel caso di Pompei, sono determinanti per ricostruire la vita dell’anfiteatro nel corso della sua lunga storia. ”La scoperta inoltre conferma l’ipotesi che la struttura fosse completamente decorata, nelle arre più frequentate e anche in quelle di passaggio, come la galleria in cui è avvenuta la scoperta. Una volta terminato il restaurato di questo tratto della galleria, che verrà aperta al pubblico ma solo a piccoli gruppi, i lavori proseguiranno fino allo “sperone” dello Stern. Ma restaurare non basta. Salvare quello che resta dell’antico simbolo di Roma non è facile perché traffico e inquinamento ogni giorno mettono a dura prova la sua resistenza. Proprio per questo è stato aperto un tavolo tecnico per realizzare una fascia di protezione intorno al monumento chiamata “zona rossa”. L’Anfiteatro Flavio nel 1980 è stato inserito dall’UNESCO nella Lista dei Patrimoni dell’Umanità e nel 2007 fra le “nuove sette meraviglie del mondo moderno”. Info : www.archeoroma.beniculturali.it. (B.C.)
10 febbraio 2013

VINO FRA MITO E STORIA Siena – Un itinerario costruito attorno alla vite e al vino nell’antichità per scoprirne la sua cultura e le sue radici a Siena e dintorni. Questo in poche battute il senso della mostra promossa dalla Provincia di Siena e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, “Vino fra mito e storia”. Nucleo principale dell’esposizione, articolata sul territorio, è l’Enoteca Italiana con un percorso all’interno della Fortezza Medicea dedicato alla storia del vino, mentre nei musei dei cinque territori maggiormente rappresentativi dell’eccellenza vitivinicola senese – Castellina in Chianti, Castelnuovo Berardenga, Montalcino, Montepulciano e San Gimignano – sono state allestite delle mostre collaterali, integrate nelle collezioni permanenti. I visitatori sono guidati a ripercorrere, attraverso le testimonianze archeologiche, le tappe fondamentali della cultura vitivinicola di tutto il bacino Mediterraneo. Tappe di un lungo viaggio che, partito più di cinquemila anni fa nel vicino Oriente, passando per i Greci, i Romani e gli Etruschi, arriva fino all’Italia medievale e moderna. Molte le testimonianze degli oggetti in mostra, dai vasi agli utensili in bronzo, alle urne dove i defunti sono raffigurati sdraiati a banchetto. Per i più curiosi la ricostruzione di un triclinium romano, completo di tutti gli arredi. La mostra – curata da Giuseppina Carlotta Cianferoni, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Siena – espone per la prima volta anche parte di un corredo funebre rinvenuto nella necropoli di Bosco Le Pici, a Castelnuovo Berardenga, in cui il banchetto e il simposio sono rappresentati da una serie di oggetti legati al consumo quotidiano del vino. Mentre nei suggestivi ambienti di Santa Maria della Scala – dove è ospitato il Museo Archeologico Nazionale di Siena – viene esposto un oggetto unico: il cinerario di Montescudaio, famoso per la scena raffigurata sul coperchio. E c’è posto anche per il vino dell’Italia medievale e moderna con i reperti esposti dal Museo Archeologico di San Gimignano: boccali in maiolica arcaica (XIII-XIV secolo) e rinascimentale provenienti dagli scavi del centro storico di Firenze. I reperti recuperati dal relitto del Polluce, invece, parlano di una storia più recente: oggetti di uso quotidiano e parti del corredo della tavola raccontano la vita a bordo di un piroscafo del XIX secolo. La mostra si potrà visitare fino al 5 maggio. Info: 0577 280551 – www.museisenesi.org(B.C.)
27 gennaio 2013

MUSEO ARISTAIOS: UN PATRIMONIO DI POCHI DIVENTA IL TESORO DI MOLTI Roma – La collezione Sinopoli, acquisita dai Beni culturali due anni fa dagli eredi del maestro, diventa un museo: Aristaios, dal nome del catalogo Marsilio (1995) che la illustrava. “Che effetto vederli qui, e non più a casa” dice Silvia Cappellini, moglie del maestro a Il Messaggero, mentre uno dei due figli aggiunge: “Ora non posso più toccarli”. Si tratta d’importanti reperti archeologici, collezionati con amore e passione da Giuseppe Sinopoli (Venezia, 2 novembre 1946 – Berlino, 20 aprile 2001), direttore d’orchestra, compositore e saggista italiano. Fra i 161 pezzi della collezione, che copre un vasto arco temporale, ci sono ceramiche minoiche del 3200 a.C. e opere d’arte provenienti dalla Magna Grecia del 300 a.C. I reperti adesso sono ospitati in pianta stabile dell’avveniristico Auditorium Parco della Musica, firmato da Lorenzo Piano, nella Sala del Peduncolo. Un’area di circa trecento metri quadrati alle spalle della piccola zona archeologica e museale con vista sugli scavi della villa romana ritrovata durante i lavori di costruzione dell’Auditorium. L’iniziativa è il frutto dell’accordo di valorizzazione sottoscritto il 22 giugno 2012 fra il Mibac, la Direzione Regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Lazio, Roma Capitale e la Fondazione Musica per Roma. Così, attraverso la formula della musealizzazione una collezione privata viene offerta al grande pubblico rendendo “un patrimonio di pochi il tesoro di molti”, come ha sottolineato, durante l’inaugurazione, Dino Gasperini, assessore alle Politiche Culturali del comune di Roma. In esposizione anche vasellame etrusco in bronzo e magno-greco, oltre ad una serie cospicua di statuette prevalentemente votive, raffiguranti divinità e devoti, ma anche animali. Di qualità eccezionale i reperti riferibili alla produzione attica: sono presenti opere dei principali pittori a figure nere, tra cui Lydos, il Pittore di Lysippides, esponenti della cerchia di Nikostenes, e dei pittori attici a figure rosse, come il Pittore di Eretria. In esposizione anche alcuni pezzi “misteriosi”, come un cubo di terracotta dipinta a lati concavi d’incerta destinazione d’uso, forse un gioco per bambini e una brocchetta con beccuccio, forse un poppatoio. I lavori di riqualificazione e allestimento del museo, su progetto dello studio Alvisi Kirimoto, sono stati realizzati con fondi del Ministero per i Beni e le attività culturali e con il contributo della Camera di Commercio di Roma. L’ingresso è gratuito. Info: 06.80241281 – www.auditorium.com(B.C.)
Roma 13 gennaio 2013

QUEL CHE RESTA DELLA BATTAGLIA DI ANGHIARI Roma – Dopo settant’anni di oblio torna a casa la Tavola Doria raffigurante la Lotta per lo stendardo, particolare della più celebre Battaglia di Anghiari (foto), commissionata nel XVI secolo a Leonardo da Vinci per il “Salone dei Cinquecento” di Palazzo Vecchio, a Firenze, e andata tragicamente perduta per un incidente di percorso, dovuto alla sua tecnica di realizzazione: l’encausto, che il maestro aveva appreso leggendo la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio. Una testimonianza dell’incidente venne lasciata da Paolo Giovio (1483 ca. -1552), vescovo, medico e biografo, che scriveva: “Nella sala del Consiglio della Signoria fiorentina rimane una battaglia e vittoria sui Pisani, magnifica ma sventuratamente incompiuta a causa di un difetto dell’intonaco che rigettava con singolare ostinazione i colori sciolti in olio di noce (…)”. Toccherà poi al Vasari occuparsi della decorazione del salone. La Tavola Doria quindi ha una valenza storiografica molto importante, anche se opera di anonimo, ma molti vi hanno ravvisato proprio la mano del maestro. Così l’antica battaglia torna alla ribalta ancora una volta dopo le grandi speranze di ritrovarne almeno qualche traccia sotto l’affresco del Vasari – che la ricoprì sessant’anni dopo l’impresa di Leonardo – accese dalle indagini dell’equipe del National Geographic e dell’Opificio delle pietre dure che speravano proprio di ritrovarla. Come ha sottolineato lo stesso sottosegretario ai Beni culturali Roberto Cecchi, il “pellegrinaggio” della Tavola è stato piuttosto lungo. Conservata in casa Doria dal 1641 e rubata nel 1940, nonostante il vincolo che la tutelava, finì nelle maglie della clandestinità, per approdare poi tra i tesori del Fuji Art Museum di Tokio, fondato nel 1983 da Daisaku Ikeda, presidente della Soka Gakkai Internazionale, la scuola buddista che conta nel mondo milioni di affiliati. Portata in Italia per essere studiata da esperti del settore, venne finalmente intercettata dal Nucleo Tutela dei Carabinieri e da qui partiva una lunga trattativa che portava poi all’accordo del Ministero dei Beni culturali con il Fuji Museum. Secondo questo protocollo d’intesa la Lotta per lo stendardo rimarrà esposta in Italia fino al giugno 2014 (probabilmente agli Uffizi), poi sarà trasferita nuovamente in Giappone per quattro anni, e successivamente alternerà la rotazione tra Italia e Sol levante per altri 26 anni. Intanto possiamo ammirarla nella Sala della Rampa, al Quirinale, fino al prossimo 13 gennaio. L’ingresso è gratuito. Info : www.quirinale.it. (B.C.)
23 dicembre 2012

La Rubrica culturale, come tutti gli anni, torna dopo l’Epifania. Buone feste a tutti.

PITTORI A LUCCA AL TEMPO DEL NOBILE GUINIGI Lucca (PT) – Ritorna a casa, in via del tutto eccezionale, il tritico realizzato nel 1417 da Battista di Gerio per la Chiesa di San Quirico all’Olivo, oggi di proprietà privata e chiusa al culto, le cui parti furono disperse tra Lucca, Avignone e Philadelphia. Si tratta della Madonna in trono con Bambino, proveniente dal Philadelphia Museum of Art, parte centrale dell’opera intera, che non è stata spostata a causa del cattivo stato di conservazione, ma sostituita da una riproduzione. La tavola del lato sinistro, raffigurante i Santi Giuliano e Luca, venne acquistata nel 1980 dal Musée du Petit Palais di Avignone, mentre quella destra, che ritrae i Santi Quirico, Giulitta e Sisto Papa, venne acquisita nel 1999 dal Ministero per i Beni Culturali e destinato al Museo Nazionale di Villa Guinigi di Lucca. L’evento, organizzato dalla Soprintendenza BAPSAE di Lucca e Massa Carrara in collaborazione con il Musée du Petit Palais di Avignone e il CICRP (Centro Interregionale per la Conservazione e il Restauro del Patrimonio) di Marsiglia, è stato realizzato con il contributo della Fondazione Banca del Monte di Lucca e della locale Fondazione Cassa di Risparmio. Pittori a Lucca al tempo di Paolo Guinigi. Battista di Gerio in San Quirico all’Olivo è allestita nel Museo Nazionale di Villa Guinigi lungo il percorso museale nella sezione dedicata al Gotico e al Rinascimento. In questo modo al pubblico viene offerta l’occasione di visitare anche la grandiosa residenza estiva voluta da Paolo Guinigi, signore di Lucca dal 1400 al 1430, nella zona suburbana dei borghi di Levante della città, fuori della splendida cerchia muraria medievale, ancora quasi intatta. Paolo Guinigi, contribuì allo sviluppo artistico di Lucca oltre i suoi piccoli confini e anche alla crescita stilistica di Battista di Gerio, nella cui pittura si avverte l’apertura verso la cultura fiorentina emergente, da Beato Angelico a Masaccio. La mostra – che si potrà visitare sino al 6 gennaio – oltre ad offrire una sintesi di questo fermento culturale, con tutti i suoi pittori, da Spinello Aretino a Gherardo Starnina, in particolare ripercorre le vicende di Battista di Gerio, illustrando tramite pannelli e audio-visivi le tecniche ed i restauri eseguiti sul trittico dal Laboratorio di Restauro della Soprintendenza di Lucca e Massa Carrara e dal CICRP di Marsiglia in collaborazione con il Musée du Petit Palais di Avignone dove il trittico è stato ricomposto in occasione della mostra Peindre en Toscane entre Gothique et Renaissance. Info : 0583 496033 – www.luccamuseinazionali.it. (B.C.)
9 dicembre 2012

CIAK, CINQUANT’ANNI DI CINEMA AL CASTELLO DI BRACCIANO Bracciano (Rm) – Venere imperiale, La cintura di castità, C’era una volta: le grandi produzioni cinematografiche del passato tornano a rivivere nella location originale del Castello Odescalchi di Bracciano. Così, bravi interpreti come Charlton Heston, Tony Curtis, Monica Vitti e maestri della regia come Carol Reed e Francesco Rosi si ritrovano fra le quinte di Ciak, la mostra promossa dalla principessa Maria Pace Odescalchi e dedicata agli ultimi Cinquant’anni di Cinema al Castello. Obiettivo della mostra – ha dichiarato la principessa Maria Pace – è quello di offrire ai visitatori una nuova chiave di lettura del patrimonio storico artistico del Museo del Castello Odescalchi, della sua lunga storia e della versatilità di una così imponente dimora storica. Con le immagini più suggestive di 20 film – tra gli oltre 150 girati al castello – la mostra guida il visitatore in un percorso articolato fra architettura reale e fiction alla scoperta dei luoghi più segreti dell’antico maniero, ripercorrendo il lungo connubio con le produzioni cinematografiche e televisive degli ultimi cinquant’anni. Quattordici video-installazioni scandiscono il percorso di visita, articolato in sette sezioni. La prima è allestita al piano terra, nelle Armerie, normalmente chiuse al pubblico. Il titolo, Sulle rive di un lago tempestoso, è tratto da una battuta pronunciata da Ugo Tognazzi ne I cadetti di Guascogna (1950), il primo film in mostra dove compare il Castello Odescalchi. La sezione ripropone le immagini del Maniero illustrandone la sua struttura architettonica. La mostra prosegue attraverso il primo e secondo piano dell’ala nobile dove sono state girate molte scene di grandi film come Lucia di Lammermoor, Virginia la monaca di Monza e Othello. Nella Loggia del Guardaroba al secondo piano un Caleidoscopio accoglie il visitatore con un mosaico di immagini dove le riprese di tutte le produzioni si scompongono e si ricompongono in un continuo gioco di epoche e di costumi. La scenografia è completata da alcuni costumi di scena di Vittorio Nino Novarese per Il Tormento e l’estasi (foto), di Lina Nerli Taviani per Luisa Sanfelice e di Danilo Donati per La Cintura di Castità. La mostra patrocinata, fra gli altri, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, è sponsorizzata da Allianz Bank, dalla Roma Lazio Film Commission e dalla Fondazione Livio IV Odescalchi. Realizzata dall’Associazione Culturale Opere, si potrà visitare sino al 6 gennaio. Info : 0699804348, 0699802379 – www.odescalchi.it(B.C.)
25 novembre 2012

A CASTEL SANT’ANGELO IN MOSTRA SETTE SECOLI DI STORIA DEL PAPATO Roma – Il grande cammino della chiesa, lungo sette secoli storia, viene raccontato dalla trentunesima edizione della Mostra europea del Turismo e delle Tradizioni culturali, con I Papi della memoria, allestita nella splendida cornice di Castel Sant’Angelo. La scelta è stata quella di circoscrivere la storia del papato – ha spiegato il curatore Mario Lolli Ghetti – partendo dal primo Giubileo del 1300 per arrivare sino ad oggi, mettendo in risalto gli eventi più importanti ed i pontefici che hanno maggiormente influenzato non solo le vicende della cristianità ma anche il progresso artistico e culturale dell’umanità. La mostra si articola in nove sezioni tematiche, che prendono l’avvio dal Giubileo di Bonifacio VIII – il papa che riportò la sede da Napoli a Roma per sottrarre l’istituzione all’influenza di re Carlo II d’Angiò, parente stretto del re di Francia Luigi IX – e si concludono con l’ultimo Anno santo. Un percorso articolato che, partendo dalla cattività avignonese, passa prima della Roma rinascimentale di Giulio II con Raffaello e Michelangelo e poi dalla Controriforma di Paolo III Farnese, per approdare poi alla grande stagione del Barocco in cui la città riafferma la sua dimensione universale anche urbanisticamente. Si oltrepassano poi il XVIII e il XIX secolo con le grandi encicliche che apriranno le porte al nuovo Millennio di papa Giovanni Paolo II. Tra i capolavori esposti, provenienti dalle raccolte vaticane e dai principali musei italiani, ci sono un Volto di Cristo attribuito a Beato Angelico, il ritratto di Sisto IV di Tiziano, quello di Clemente VII di Sebastiano del Piombo e un calice reliquario di Benvenuto Cellini. La mostra, organizzata dal Centro europeo per il Turismo, in collaborazione con il Ministero per i Beni Culturali ed i Musei Vaticani, propone anche una accattivante selezione di documenti storici. Tra i più preziosi figura un sonetto autografo di Michelangelo, inviato all’amico Giovanni da Pistoia, affiancato da uno schizzo in cui l’ artista fiorentino ritrae se stesso nell’atto di dipingere la Cappella Sistina, non sdraiato sul ponteggio, come si è creduto per secoli, ma in piedi, un braccio appoggiato al fianco e l’altro steso in alto a reggere il pennello con cui dipinge una figura sulla volta che lo sovrasta. Il catalogo della mostra, che si potrà visitare sino all’8 dicembre, a cura di Giulia Silvia Ghia e Federica Kappler, e’ pubblicato della Gangemi Editore. Info: 06.6819111 – www.poloromano.beniculturali.it. (B.C.)
11 novembre 2012

TORNA A CASA LA TRIADE CAPITOLINA Guidonia Montecelio (RM) – Una grande mostra, ispirata alla figura di Rodolfo Lanciani, insigne archeologo di fine Ottocento, per raccontare città e monumenti riscoperti tra Etruria e Lazio antico. Questa, in poche battute, Archeologi tra ‘800 e ‘900, la mostra-evento allestita dal comune di Guidonia Montecelio nell’ex convento San Michele, terza edizione dell’iniziativa itinerante già ospitata da Vetulonia (2010) e Alatri (2011), che si potrà visitare sino a novembre. L’idea di fondo è quella di raccontare le grandi scoperte del territorio attraverso gli archeologi che le firmarono e che proprio alla ricerca del passato spesso dedicarono la loro vita. Questi insigni personaggi rappresentano anche i vari settori in cui si snoda il percorso espositivo. Fulcro della mostra alcuni reperti splendidi, come i corredi funerari etruschi provenienti da Vetulonia e dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze e le pregevoli opere scultoree ed epigrafiche di Alatri, l’antica Aletrium, descritta dai racconti dello storico prussiano Ferdinand Gregorovius, che ebbe modo di visitarla nell’800 e di ammirarne le sue impressionanti mura in opera poligonale. Dal territorio di Guidonia Montecelio, oggetto dei primi studi archeologici del giovane Lanciani, proviene il gruppo più numeroso dei reperti. Alcuni oggetti sono esposti al pubblico per la prima volta, come quelli scoperti recentemente nelle località di Martellona e nella tenuta dell’Inviolata. Da quest’ultimo luogo proviene anche l’eccezionale gruppo scultoreo della Triade Capitolina (foto)– Giove, Giunone e Minerva sedute su un unico trono – che dalle sale del Museo Nazionale di Palestrina ritorna eccezionalmente a casa in occasione della mostra. Il gruppo scultoreo, in marmo lunense e dedicato alle divinità protettrici dell’Impero, è sicuramente molto importante per l’unicità della sua testimonianza, replicata soltanto in moneta. Oltre tutto, questo rinvenimento ha consentito ai legislatori regionali di tutelare la terra dell’Inviolata, divenuta nel 1996 Parco archeologico naturalistico. Dal Museo di Sant’Angelo Romano, ma pertinenti al territorio di Guidonia, provengono le testimonianze più antiche risalenti all’età del Bronzo finale insieme agli interessantissimi vasi d’abitato di via S. Maria a Montecelio. Testimonia, invece, la vita millenaria di Montecelio la sezione dedicata ai reperti, esclusivamente ceramici, di epoca medievale e rinascimentale, provenienti da butti scoperti nel centro storico. Info: 0774 301290-303435 – www.guidonia.org(B.C.)
21 ottobre 2012

LE MUMMIE DI ROCCAPELAGO RACCONTANO LA VITA E LA MORTE DI UNA PICCOLA COMUNITA’ DELL’APPENNINO MODENESE Roccapelago di Pievepelago (MO) – Una delle più singolari scoperte archeologiche degli ultimi anni è protagonista della mostra Le Mummie di Roccapelago (XVI-XVIII sec.): vita e morte di una piccola comunità dell’Appennino modenese, allestita fino al 14 ottobre 2012 nel museo e nella Chiesa di Roccapelago, nell’Alto Frignano modenese. Nel 2011 durante i restauri della Chiesa della Conversione di San Paolo, scoperchiando il soffitto della cripta, è venuta alla luce una fossa comune in uso fra la metà del Cinquecento alla fine del Settecento, restituendoci i morti di un’intera comunità – 281 in tutto, di cui 60 mummificati – che un microclima particolare ha conservato perfettamente. Ora una mostra curata dall’antropologo Giorgio Gruppioni dell’Università degli Studi di Bologna e da Donato Labate, della Soprintendenza Archeologica, espone 13 di quelle mummie (foto) e circa 150 reperti tra i più significativi rinvenuti nello scavo, cercando di raccontare la vita di quella piccola comunità abbarbicata su un cocuzzolo, a 1095 metri di altitudine. Esperti e genetisti, studiando i poveri resti, stanno ricostruendo la vita della piccola comunità, scoprendo le abitudini dei contadini, le vesti intime, i modi di sepoltura, la dieta e le carenze alimentari, le malattie, i traumi e i tentativi di cura. Le camicie – filate e tessute sul posto – erano usate per molti anni, forse per tutta la vita adulta: lo denunciano le tante riparazioni con toppe anche sovrapposte che le ricoprono in ogni parte. Ma le informazioni più struggenti vengono dalle cure applicate alle salme. Come nei giorni di festa, le si adornava con gioielli poveri, mai in metallo prezioso. Tantissime le medaglie votive, riposte tra le pieghe degli abiti o in appositi sacchetti: tra le iconografie ricorrenti l’effige di Sant’Emidio, protettore dai terremoti, e la Madonna di Loreto, riprodotta anche su un pezzo di stoffa. Singolare il ritrovamento di una rara lettera “componenda” che accompagnava la salma di Maria Ori, una sorta di contratto con Dio per garantirsi protezione in cambio di preghiere, un raro documento di spiritualità popolare. La valorizzazione di questo straordinario rinvenimento si avvarrà delle più moderne tecnologie digitali a cominciare dalla ricostruzione 3D delle sepolture più significative e dalla creazione virtuale di interventi di restauro e modelli di mummie, per offrire al pubblico la storia di questo straordinario ritrovamento. L’intera operazione di recupero, ancora in corso, è state possibili grazie ai finanziamenti dell’8 per mille destinati al restauro e al consolidamento statico di edifici di culto stanziati dalla C.E.I. e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena. La mostra è promossa dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, in collaborazione, con Comune di Pievepelago e molti altri soggetti istituzionali e non. L’ingresso è gratuito. Info : 0536 71890 – 329 3814897. (B.C.)
7 ottobre 2012

TORNANO GLI ARISTOGATTI AL CASTELLO DI SANTA SEVERA – Santa Severa (RM) – Anche quest’anno, il 7 ottobre, torna, per la gioia di grandi e piccini, l’ormai tradizionale appuntamento di fine estate con la Festa del gatto. L’iniziativa è organizzata dal responsabile della Colonia Felina del Castello, Cristina Civinini, con il contributo della Misericordia di Santa Marinella, Sezione Ambiente, e dei pochi volontari e amici che si occupano della malasorte di questi piccoli amici dell’uomo a quattro zampe, spesso abbandonati proprio al Castello o vittime di maltrattamenti. La Colonia del Castello ne raccoglie più di quaranta. Molte le iniziative in programma, dal laboratorio di pittura per i bambini e non (ore 10.30) alla competizione felina (ore 11.00) vera e propria. In palio ci sono tre premi per il più bello, il più simpatico e il più elegante. Alle 11.30 è in programma un concerto dei bambini della “Banda Babele”, diretti dal maestro Francesco Davia. Imperdibile la pesca di beneficenza con tante sorprese simpatiche per tutti. Dietro l’angolo per miao e fido ci sono delle grosse novità. Proprio in questi giorni, infatti, la Camera, con voto quasi unanime – ci spiega Cristina – ha approvato la nuova normativa sul condominio modificando il vecchio articolo 1138 del Codice civile in materia, stabilendo una volta per tutte che è vietato vietare ai nostri amici di poter vivere serenamente fra le mura di casa. Adesso i quasi venti milioni di quattro zampe domestici diventano veri componenti della famiglia. Il testo, però, prosegue Cristina, è stato modificato a Montecitorio e quindi torna in Senato. I piccoli amici del Castello li trovi anche su Facebook. Ti aspettiamo ! Info : 3470760140.

ITALIA TESORO D’EUROPA Anche quest’anno, alla fine dell’estate, tornano le Giornate Europee del Patrimonio. Molto è cambiato da quando nel 1991 il Consiglio d’Europa le ha ufficialmente lanciate, per poi trasformarle nel 1999 in un’azione congiunta con la Commissione europea. Non è cambiata però, come ha dichiarato il ministro Ornaghi, la motivazione profonda che sta alla loro base: consentire ai cittadini europei di riappropriarsi dell’identità che la tradizione consegna attraverso monumenti e i luoghi storici. Come di consueto, in queste giornate, il 29 e 30 settembre, l’ingresso a musei, gallerie e zone archeologiche dello Stato è gratuito, come sono gratuite anche tutte le altre iniziative collaterali. Di particolare interesse il contributo del FEC, il Fondo edifici di Culto del Ministero dell’Interno, che mette a disposizione dei cittadini, ormai da diversi anni, l’intero patrimonio che annovera oltre 700 chiese distribuite in varie Regioni, con la creazione di un percorso tematico dedicato a Santa Caterina da Siena, compatrona d’Europa e dell’ordine domenicano, il cui ruolo è stato molto significativo negli sviluppi della storia della Chiesa e dell’Europa. Il patrimonio del FEC risale ad alcune leggi della seconda metà del 1800 ed annovera, oltre agli edifici di culto, conventi, caserme, un castello, centinaia di unità immobiliari, fondi rustici, cascine e boschi, diffusi su tutto il territorio nazionale. Diversi paesi hanno organizzato eventi comuni con l’obiettivo di enfatizzare la dimensione europea del programma. Ad esempio, Ucraina, Spagna, Moldova e Georgia, hanno collaborato per creare un sito web che collega tutti i musei europei del vino fra di loro. L’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, la Slovenia, la Francia e il Belgio stanno attualmente cooperando per uno scambio di giovani nell’ambito dell’educazione e del patrimonio culturale. Per incoraggiare il pubblico a riscoprire l’importanza del patrimonio locale, parallelamente, si terrà un concorso fotografico internazionale, “Wiki loves monuments”, con lo scopo di raccogliere immagini del patrimonio artistico dei vari stati da poter condividere, con licenza aperta, su Wikipedia. La competizione è nata nel 2010 per iniziativa di Wikimedia Netherlands che l’aveva promossa su scala locale, raccogliendo più di 12.000 foto di beni culturali dei Paesi Bassi. Anche il Mibac ha deciso di collaborare con Wikimedia Italia per consentire ai cittadini di documentare fotograficamente il nostro straordinario patrimonio, senza contravvenire però al “Codice Urbani”, secondo il quale per poter fotografare un qualsiasi monumento italiano e pubblicarne l’immagine, occorre ottenere l’autorizzazione di volta in volta da parte dell’ente competente. Info: www.wikilovesmonuments.it. (B.C.)
23 settembre 2012

CINEMA E ARCHEOLOGIA: LA CINEPRESA ALLA SCOPERTA DEL PASSATO Rovereto (TN) – Quest’anno la Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto è arrivata alla XXIII edizione. Nata nel 1990 nell’ambito del convegno “Paolo Orsi e l’archeologia del ‘900”, intende sensibilizzare il grande pubblico sulla tutela del patrimonio culturale. La manifestazione organizzata dal Museo Civico di Rovereto, istituzione in cui si sono formati alcuni tra i più importanti archeologi italiani vissuti a cavallo fra ‘800 e ‘900, si svolge nell’Auditorium del Polo Culturale e Museale “Fausto Melotti”. Il partner principale della Rassegna è il periodico Archeologia Viva di Firenze, una delle riviste di settore più diffuse in Italia. Ogni anno vengono proiettati in media dai 60 ai 70 filmati e attraverso il voto del pubblico viene attribuito il premio “Città di Rovereto – Archeologia Viva”. Fra le molte pellicole in programma ne citiamo solo alcune. Atlante dei due Mari, una coproduzione di Inghilterra, Francia e Belgio con la regia di Michael Pitts, in 35’ racconta le storia antica del canale della Manica e del Mare del Nord, le vie marittime più importanti del mondo. L’omonimo progetto di ricerca, tra il 2009 e il 2012, avvalendosi di sofisticate tecniche di indagine subacquea ha scoperto antiche imbarcazioni, grandi velieri del XVIII secolo e navi tragicamente affondate durante le guerre mondiali. Bellissimo anche il viaggio per terra e per mare – tra Marsiglia, Arles, Delos e Settefinestre – proposto dal documentario La via delle anfore. Una storia della conquista delle Gallie, produzione francese dello scorso anno firmata da Nicolas Jouvin della durata di quasi un’ora. Un tour al tempo dell’Impero Romano lungo la storia del vino e dei suoi contenitori, le anfore. Sono queste, infatti, le migliori testimonianze del ruolo commerciale, politico, militare e culturale di Roma nel Mediterraneo. Le tradizioni legate al vino invece giocano in casa e ce le racconta una volpe di Fedro in versione snob e un piccolo Bacco pasticcione, protagonisti di un’esilarante avventura alla scoperta del prezioso nettare degli dei. Il lungometraggio, Bacchino e Vulpecula, è prodotto da Techvision Sistemi Multimediali Srl con la regia di Sergio Riccardi e Assia Petricelli. Di particolare interesse la pellicola della Turchia, firmata da Hülya Önal, Donne nell’antica costa egea, che in 30’ ricostruisce lo status della donna e la sua vita quotidiana tra il VI e il V sec. a.C., proponendo una carrellata di ruoli: dea, prostituta, schiava, vittima, madre. L’ingresso alla kermesse, che si volge tra l’1 e il 6 ottobre, con il patrocinio del MAE e dei Beni culturali, oltre a quello del Presidente della Repubblica, accompagnata da numerosi convegni collaterali, è gratuito. Info : 39 0464 452820 – www.museocivico.rovereto.tn.it. (B.C.)
9 settembre 2012

ANTINOO. IL FASCINO DELLA BELLEZZA Tivoli (Rm) – Per la prima volta la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio mette in mostra il favorito dell’imperatore Adriano e lo fa all’Antiquarium di Villa Adriana. Antinoo. Il fascino della bellezza racconta il forte legame che unì l’imperatore al giovane di sublime bellezza, che conobbe a Bitinia probabilmente intorno al 123 d.C. e portò con sé a Roma, con oltre 50 opere tra sculture, rilievi, gemme e monete. In memoria di Antinoo fece costruire l’Antinoeion, venuto alla luce nelle campagne di scavo condotte dalla Soprintendenza tra il 2002 e il 2005, e che oggi viene illustrato in anteprima con una Sezione specifica della mostra – la terza – e con un percorso di visita dedicato. All’interno della struttura è stata individuata anche la tomba-tempio progettata per onorare la memoria del suo prediletto. Attualmente sono perfettamente leggibili il perimetro e la pianta del luogo dove sorgeva un’ampia esedra, fronteggiata da due templi separati dall’obelisco, che oggi si trova sul Pincio. Gli edifici erano riccamente decorati di statue, anche di animali e di bassorilievi egittizzanti, alcuni esposti in quest’occasione. La mostra articolata, in quattro sezioni, che espone opere provenienti da vari musei e collezioni, ha voluto privilegiare il “ritorno a casa” dei reperti che più verosimilmente vi furono rinvenuti. In esposizione anche il magnifico ritratto di Antinoo-Osiride in quarzite rossa, custodito nello Staatliche Kunstammlungen di Dresda. L’imperatore, infatti, aveva deificato il suo favorito, rappresentandolo spesso nei panni di Osiride, la più alta divinità egizia che, secondo il mito, rinasce dalle acque del Nilo, simbolo di fertilità. Ed è proprio in queste acque che il suo favorito scomparse annegando in circostanze misteriose intorno al 130 d.C. Nel corso dei secoli la memoria del giovane bitinio è stata alimentata da pitture e sculture che ne riproponevano l’effige fino ad approdare al romanzo della Yourcenar che ne ha definitivamente consacrato la popolarità legandolo ad un uomo, un imperatore, che aveva ereditato il suo senso dell’umano dai Greci, e che si sentiva responsabile della bellezza del mondo, come narra la scrittrice. Il catalogo, edito da Electa, ne ricostruisce la figura e l’influenza esercitata nella storia del gusto. Intanto a Villa Adriana è in arrivo un contributo di 4 milioni di euro da parte del ministero dei Beni culturali, di cui i primi 2 sono già stati stanziati per gli interventi più urgenti, oltre al restauro del Teatro Marittimo e della Sala dei Filosofi. La mostra si potrà visitare sino ai primi di novembre. Info : 06 39967900 –www.pierreci.it. (B.C.)
26 agosto 2012

L’ARTE DEL VETRO NELL’ANTICA ROMA Roma – Un’esposizione di quasi 300 pezzi dal valore inestimabile tra vasellame prezioso, gioielli e mosaici, per raccontare la storia dell’antica arte del vetro dai primi balsamari provenienti dal Mediterraneo (V-VI secolo a.C.) ai preziosi tesori di età ellenistica, come il piatto in mosaico millefiori con inserzioni a foglia d’oro proveniente da Canosa di Puglia. Questa in poche battute l’esposizione Vetri a Roma, organizzata dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma in collaborazione con Electa, che ne ha curato anche il Catalogo, ospitata dalla Curia Iulia, al Foro romano. Il nucleo più consistente della mostra illustra la produzione di età imperiale, caratterizzata da beni di lusso élitari, come lo splendido piatto blu intagliato e inciso con eroti bacchici proveniente da Albenga. Continua, poi, con la produzione di preziosi manufatti monocromi dai colori sgargianti: blu, verde, viola o anche nero per imitare la rara ossidiana. Seguono i vasi a mosaico che si arricchiscono di forme, combinazioni di disegni e di colori, come la pisside in vetro mosaico “a bande d’oro” da Pompei e la coppa in vetro mosaico “millefiori” con motivo a stelle da Adria. Solo nel I secolo d.C. nasce l’industria del vetro grazie alla rivoluzionaria invenzione della soffiatura. Con l’abbattimento dei prezzi si diffonde una vera e propria oggettistica in tutte classi sociali, come testimoniano gli stessi testi latini da Plinio a Marziale. Servizi da mensa (bottiglie, brocche, piatti, bicchieri, coppe) (foto), contenitori per profumi e medicamenti. E poi, vassoi, attingitoi, grandi coppe “portafrutta” come quelle che si vedono negli affreschi pompeiani, vasi per conserve, come quelli consigliati da Columella e anfore per il vino, come quelle che Marziale dice adatte all’invecchiamento del Falerno. Il Sayricon di Petronio, nella cena di Trimalchione, parla addirittura di “vetro infrangibile “. Anche le tecniche della decorazione si evolvono e compaiono vetri soffiati decorati da filamenti, granuli e frammenti di vetro applicati come l’anforetta blu a filamenti da Treviri e l’anfora decorata “a spruzzo” da Pompei. La versatilità del vetro consente anche la realizzazione di gemme e gioielli di cui la mostra offre un’ampia selezione in cui spicca un medaglione in foglia d’oro incisa e dipinta tra due strati di vetro con ritratto maschile, conservata al museo di Arezzo, e il cammeo in vetro molato con raffigurazione di Arpocrate. Esemplare di rara bellezza il tondo che rappresenta un fondale marino con due pesci e un delfino, proveniente dal triclinium della domus del Chirurgo di Rimini. La mostra si potrà visitare sino al 16 settembre. Info : 39.06.39967700 – www. archeoroma.beniculturali.it(B.C.)
5 agosto 2012

DIVINA PRESENZA. RIAPRE IL MUSEO DI MILETO Mileto (Vibo Valentia) – Con Divina presenza. Arte ed Eucarestia riapre il Museo Statale di Mileto in occasione del III Congresso Eucaristico Diocesano. La mostra è promossa dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria e dalla Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea. I preziosi manufatti in mostra raccontano il tema dell’Eucarestia, momento centrale nella vita e nell’esperienza della comunità cattolica, che nei secoli ha creato espressioni d’arte di grande rilevanza. Le opere – magnifici esempi di suppellettile ecclesiastica – provengono dalle chiese del territorio diocesano. Fra i pezzi di maggior rilevanza artistica i vasa sacra, i calici, le patene e le pissidi, destinati alla celebrazione eucaristica. La mostra, curata da Fabio De Chirico e da Rosanna Caputo, riconsegna alla comunità uno spazio rinnovato, quello del Museo Statale – dopo i lavori di ristrutturazione e di riadeguamento funzionale – memoria storica delle tante vicende che hanno segnato nei secoli questo territorio. Il Museo Statale di Mileto, ospitato nel Palazzo Vescovile, nacque nel 1997 da una convenzione tra il Ministero per i Beni Culturali e la Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea. Il Museo si configura come strumento prezioso per la lettura critica della storia millenaria della città di Mileto, già capitale del Regno Normanno e prima sede episcopale latina del Meridione, polo di aggregazione delle istanze culturali provenienti dall’intero territorio. La sua importanza è indubbia, poiché abbraccia la storia della città dall’epoca romana, alla rifondazione normanna dell’XI secolo, fino al distruttivo terremoto del 1783 e alla ricostruzione della città in un nuovo sito. Le raccolte sono divise per epoche storiche, e vantano opere di bellezza straordinaria, a cominciare dai mosaici policromi romani ritrovati alla periferia della città. Nelle prime sale sono collocati manufatti litici e marmorei di età romana provenienti probabilmente dall’antica Hipponion, centro romano non lontano da Mileto. Nella sezione medievale, di particolare importanza il sarcofago di Eremburga, seconda moglie di Ruggero I morta a Mileto nel 1089; al piano superiore, la raccolta di argenteria, manifattura tessile, scultura, pittura e sarcofagi monumentali attribuiti al “Maestro di Mileto”. Nell’attiguo Palazzo del Seminario è conservato l’Archivio Storico Diocesano, istituito nel 1200, uno dei più importanti della Calabria. Raccoglie documenti dall’epoca normanna ai nostri giorni. La mostra, gratuita, si potrà visitare sino al 9 settembre. Info : 0963 337015 – www.articalabria.it. (B.C.)
29 luglio 2012

TEATRO ANTICO NEL PARCO ARCHEOLOGICO Marzabotto (BO) – Tragedia e satira, musica e commedia dell’arte, suggestioni dai grandi autori classici e novelle del rinascimento bolognese. Questa in poche battute la terza edizione del Festival della Commedia Antica di Marzabotto, sei serate ad alto coinvolgimento emotivo ospitate nelle tre location del parco archeologico, della necropoli est della città etrusca e della Pieve di S. Lorenzo a Panico, risalente alla metà del XII secolo e restaurata nel 1913. Prima di ogni spettacolo è prevista una visita gratuita al museo e agli scavi guidata dal direttore Paola Desantis. L’edizione di quest’anno propone un cartellone di assoluta novità nel panorama del teatro classico estivo a cominciare dalla batracomiomachia, La Battaglia dei topi e delle rane, un poemetto pseudo omerico, probabilmente di epoca ellenistica, tradotto nel 1826 da Giacomo Leopardi, in cui lo stile omerico delle grandi battaglie e delle sfide fra i guerrieri viene imitato alla perfezione e piegato a una ridicola guerra fra topi, rane e granchi. La FraternalCompagnia invece propone Visita al dottore, un viaggio lungo cinque secoli, dal 1500 sino ai nostri giorni, nella storia centenaria del dottore – Balanzone, una maschera tipica della commedia d’arte bolognese – attraverso le sue metamorfosi, seguendo la trasformazione della società che lo circonda. In cartellone anche il primo capolavoro di Jean Racine, tragedia in 5 atti composta nel 1667, inglobando le tematiche dell’Andromaca di Euripide. Esempio di teatro a mezza strada fra la nuda passione e il realismo psicologico, adattato da Filippo Amoroso. Il primo agosto Le Porrettane, una delle più famose raccolte di novelle del rinascimento bolognese, scritte, sul finire del ‘400, da Sabadino degli Arienti, penna e calamaio dei Bentivoglio, concludono il festival sugli spalti del Teatro Antico di San Giacomo Maggiore. Sboccate e irriverenti, spietate, furbe e scherzose queste novelle raccontano piccole storie esemplari animate da principi e imperatori, preti e frati, studenti e saccenti universitari, contadini, commercianti, cerusici, barbieri e semplici cittadini. Un appuntamento di grande rilevanza culturale che contribuisce a valorizzare ulteriormente un sito archeologico di suggestiva bellezza e straordinaria importanza scientifica, dimostrando al tempo stesso l’attualità e la sostanziale modernità della letteratura antica. L’iniziativa e promossa dal Comune di Marzabotto e dalla Provincia di Bologna in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, la Regione e il Parco Storico Naturalistico di Monte Sole. Info : 051 932907 www.archeobologna.beniculturali.it. (B.C.)
15 luglio 2012

LUX IN ARCANA, L’ARCHIVIO VATICANO SEGRETO Roma – Una selezione mirata ricavata dagli 85 chilometri lineari dell’Archivio Vaticano approda in Campidoglio, nelle splendide sale dei Musei Capitolini di Roma, per Lux in Arcana, l’Archivio Segreto Vaticano si rivela, l’esposizione epocale, ideata in occasione del IV Centenario dalla fondazione dell’Archivio Segreto Vaticano, in collaborazione con Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali, la Sovraintendenza ai Beni Culturali e Zètema Progetto Cultura. L’obiettivo di fondo non è soltanto quello di spiegare come funziona l’archivio più intimo dei Papi, ma anche di rendere accessibile per la prima volta al grande pubblico gli antichi e delicati documenti della chiesa cattolica su cui è stata scritta una pagina fondamentale della storia di Roma e dell’Occidente. L’attributo “segreto”, infatti, qualifica l’Archivio dalla metà del ‘600 e traduce il vocabolo latino secretum, che significa “privato”. L’Archivio Segreto Vaticano è di proprietà del Papa, che ne detiene il governo e vi esercita in prima persona una suprema ed esclusiva giurisdizione. In esposizione manoscritti di straordinaria valenza storica, fra i quali il Dictatus Papae di Gregorio VII, la bolla di deposizione di Federico II, la lettera dei membri del Parlamento inglese a Clemente VII sulla causa matrimoniale di Enrico VIII, la lettera su seta dell’imperatrice Elena di Cina e quella su corteccia di betulla scritta dagli indiani d’America a Leone XIII. La mostra riserva anche una emozione unica e irripetibile : gli atti del processo a Galileo Galilei (1616-1633) (foto). L’autentico e completo incartamento processuale contiene un insieme di atti raccolti dalle Congregazioni del Sant’Uffizio durante il processo allo scienziato pisano che, nel suo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, aveva sostenuto il moto della Terra intorno al Sole, aderendo così alle teorie copernicane, considerate eretiche dalla Chiesa. A conclusione del processo, Galileo rinnegherà le sue teorie pronunciando formale abiura nel convento dei Domenicani di S. Maria Sopra Minerva. Gli allestimenti multimediali permettono al visitatore di rivivere gli accadimenti storici relativi ai documenti esposti, raccontando persino i retroscena ed i personaggi coinvolti, permettendogli quasi di assaporare, così, il gusto del passato. Inoltre sarà possibile seguire attraverso i più conosciuti social network le attività collaterali alla mostra e scoprire curiosità e approfondimenti sul sito www.luxinarcana.org. I documenti (v. Elenco) scelti tra codici, pergamene, filze, registri e manoscritti, che coprono un arco temporale dall’VIII al XX secolo, rimarranno a Palazzo dei Conservatori sino al 9 settembre 2012. Il biglietto integrato della mostra, che consente anche la visita dei Musei Capitolini, costa 12 euro. Info : 060608 – www.museicapitolini.org. Consultabile l’elenco delle opere esposte nel pdf qui di seguito(B.C.)
1 luglio 2012

UNA TAZZA D’ORO DI 3800 ANNI FA Parma – Bellissima e tondeggiate, è stata presentata proprio in questi giorni alla stampa dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna – a Palazzo della Pilotta, sede del Museo Archeologico Nazionale – una tazza in oro purissimo, di circa mezzo chilo, databile all’antica età del Bronzo (foto). Un ritrovamento archeologico eccezionale avvenuto circa due mesi fa nel Reggiano, durante i lavori della cava Spalletti di Montecchio Emilia, del Gruppo C.C.P.L. Si tratta dell’unico esemplare mai trovato in Italia e uno dei pochi esistenti al mondo: due reperti simili sono esposti al British Museum di Londra e un terzo al Landesmuseum di Bonn. Anche se il pezzo è apparentemente privo di contesto – dicono in Soprintendenza – la sua importanza, l’unicità nel panorama italiano e i rari confronti con analoghi manufatti europei (Fritzdorf in Germania, Ringlemere e Rillaton nel Regno Unito) lo pongono tra le più rilevanti scoperte degli ultimi anni. Il ritrovamento nella cava Spalletti di Montecchio è quasi contemporaneo ad un’altra significativa scoperta avvenuta in terra Reggiana: quattordici manufatti in bronzo, quasi tutti integri , tra cui compaiono alcune asce, dei falcetti, un pugnale e due frammenti di panelle, anch’essi databili all’Età del Bronzo, rinvenuti sull’Appennino emiliano, a nord di Castelnovo Monti, sul monte Gebolo, che si affaccia sulla valle del Secchia. I primi dati sul reperto eccezionale, identificato come la “Tazza di Montecchio”, sono già stati illustrati a Firenze ai soci dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria (www.iipp.it) da Filippo Maria Gambari ,soprintendente per i Beni archeologici dell’Emilia Romagna. Gli esperti, in sostanza, parlano di scoperta sensazionale soprattutto per la datazione del reperto che risalirebbe ad un arco di tempo che va da 3.500 a 1.200 anni prima di Cristo. I confronti che Gambari propone rimandano ad altri reperti eccellenti come la cosìddetta “Tazza di Fritzdorf” rinvenuta nel 1954 in Germania, nel comune di Wachtberg; alla “tazza di Ringlemere”, ritrovata in Gran Bretagna nel 2001; e alla “tazza di Rillaton”, rinvenuta in Cornovaglia nel 1837. Nel comune emiliano, ricorda Il Giornale, si trova uno dei rilievi più caratteristici dell’intero Appennino: la Pietra di Bismantova, citata anche da Dante e scelta nel V secolo dai bizantini per ospitare una fortezza. “Ma soprattutto – spiega Il Giornale – montagna sacra fin dalla notte dei tempi, dato che il suo nome potrebbe derivare dalle parole etrusche man (pietra scolpita) e tae (altare per sacrifici) o da un toponimo di origine celtica, da vis (vischio), men (luna) e tua, che rimanderebbe alla raccolta notturna di vischio tra i querceti della zona, espressione di un antico culto lunar”. E questo, quanto meno, confermerebbe un’antropizzazione molto antica dell’intera zona. Info : www.archeobologna.beniculturali.it – 0521 233718. (B.C.)
17 giugno 2012

RITORNA IL COLOSSEO DI NOTTE – Roma – Anche quest’anno, dopo oltre trent’anni di oblio, è possibile visitare di notte i sotterranei dell’anfiteatro Flavio in occasione della terza edizione dell’iniziativa La luna sul Colosseo (foto). Dopo lo straordinario successo delle visite notturne delle due precedenti edizioni, la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma ripropone l’iniziativa ogni giovedì e sabato, fino al 6 ottobre, dalle 20.20 alle 24.00 (ultimo ingresso ore 22.45) con guida in italiano e in inglese. Il percorso – che, appunto, include la visita ai sotterranei – mostra i luoghi in cui gladiatori e belve feroci attendevano prima di apparire al cospetto del pubblico per sfidarsi in giochi e cacce cruente, e si conclude sul piano dell’arena. Ogni giorno venivano massacrati migliaia di animali. Il pubblico si troverà, quindi, nel luogo dove si svolgevano munera (lotte gladiatorie, dal latino munus ) e venationes (cacce, dal latino venatio), godendo di una suggestiva visione sugli abissi del Colosseo: gli ipogei. Il tutto sottolineato da una nuova illuminazione, profusa, questa volta, da un vero e proprio impianto e non da una semplice mongolfiera. Insomma, una passeggiata serale del tutto particolare, dagli echi quasi mistici. Come ha dichiarato Rossella Rea, direttore dell’Anfiteatro Flavio per i Beni culturali, un’esperienza affascinante, con quelle linee dell’arena che sembrano emergere nel silenzio regalato dall’attenuazione del traffico. Il pubblico potrà scegliere tra due percorsi: la visita del Colosseo e quella che include anche i sotterranei. I percorsi, organizzati in gruppi guidati da un archeologo, prevedono in entrambi i casi una visita agli spazi espositivi permanenti dedicati alla storia del monumento, della cui costruzione Vespasiano fu promotore e artefice e che riuniscono reperti trovati negli scavi del monumento, oltre ad una Sezione espositiva dedicata interamente alla storia della valle del Colosseo e dei recenti ritrovamenti. I temi trattati spaziano dall’architettura dell’anfiteatro, con il suo ricco corredo di rivestimenti e arredi marmorei, al funzionamento dell’apparato tecnico che consentiva il sollevamento di uomini e animali dai sotterranei al piano degli spettacoli, l’arena, alle molteplici attività e ai passatempi cui gli spettatori erano dediti nei momenti di pausa. L’ingresso per la visita si effettua dal cancello nord, sul lato verso il Colle Oppio. La prenotazione è obbligatoria. Info : 060608 – 0639967700 – www.pierreci.it. (B.C)
3 giugno 2012

AMORE E PSICHE A CASTEL SANT’ANGELO Roma – La favola antichissima di Psiche che per Amore diventa immortale – almeno nella versione de Le Metamorfosi di Apuleio – è il soggetto della belle mostra romana ospitata a Castel Sant’Angelo che mette in esposizione un centinaio di opere provenienti dai migliori musei italiani e stranieri. La mostra prende avvio dal restauro, appena ultimato, dell’opera di Perin del Vaga che decorò il fregio di una delle salette dell’appartamento di Paolo III a Castel Sant’Angelo, con l’intenzione di illustrare con dipinti, disegni e sculture, i patimenti dell’anima e le prove da superare alla ricerca di Amore divino. Seguendo il percorso articolato i quattro sezioni, è particolarmente interessante constatare come la lettura della favola di Apuleio attraverso i secoli, dall’antichità all’Ottocento, abbia cambiato pelle più volte. Se nell’antichità Amore e Psiche sono due figure che si cercano (foto), si torturano e si amano, nel Rinascimento la cultura umanistica, che poneva le virtù morali alla base del vivere civile, vede nella favola il trionfo dell’amore coniugale e della purificazione dell’anima umana. Nel Seicento invece trionfa da una parte l’aspetto fiabesco e più teatrale tipico di quella società, dall’altro si afferma un fortissimo interesse incentrato sulla scena della lampada per le forti implicazioni allegoriche e per la possibilità di giocare sugli effetti scenografici dalla lanterna. Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento – quando riprende quasi con ossessione il recupero del mito di Psiche – si assiste ad una rilettura delle opere dell’antichità per poi scivolare verso realizzazioni dall’accentuato tono nostalgico e melanconico. Tra le opere più interessanti il gruppo di Amore e Psiche degli Uffizi, la Psiche alata dei Musei Capitolini, la serie completa delle incisioni del Maestro del Dado della prima metà del Cinquecento, due disegni di Raffaello e della sua bottega preparatori per la Loggia di Psiche alla Farnesina, il gesso di Canova proveniente dalla Gipsoteca di Possagno e il bozzetto originale del Canova per il famoso gruppo del Bacio proveniente dal Museo Correr. Il catalogo edito da L’Erma di Bretschneider, è corredato da una mappa dei luoghi di Psiche a Roma, elaborata da Miriam Mirolla. I visitatori, fra l’altro, potranno usufruire della ripresa in 3D, realizzata dall’ENEA, della Loggia di Psiche di Raffaello a Villa Farnesina. La mostra, organizzata dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e del Polo Museale di Roma, in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Culturali – Sovraintendenza ai Beni Culturali, si potrà visitare sino al 10 giugno. Info : 06.32810/6819111 – http://poloromano.beniculturali.it . (B.C.)
20 maggio 2012

CHIESE APERTE CON L’ARCHEOCLUB D’ITALIA -Continua a rimanere chiusa al pubblico l’antica chiesa della martire Severa rinvenuta sul litorale pyrgense dai volontari del Gatc.
Anche quest’anno, come da diciotto anni a questa parte, il 13 maggio tutte le chiese e le abbazie d’Italia saranno aperte ai cittadini con i loro oratori, pievi e cripte generalmente chiusi o, peggio ancora, in grave stato di abbandono. Una buona occasione per riscoprire le antiche radici della nostra civiltà e le sue forme artistiche più suggestive. L’iniziativa, Chiese Aperte, si svolge grazie ai volontari dell’Archeoclub d’Italia, movimento che si batte da 40 anni per la valorizzazione del patrimonio culturale del Paese. Questi edifici sono stati lasciati alla loro sorte perché non c’è più nessuno che possa mantenerli o che abbia interesse a farlo, dichiara Claudio Zucchelli, presidente nazionale dell’Associazione. Il nostro intervento, precisa, vuole riportare all’attenzione una serie di monumenti storici, alcuni anche di pregevole valore architettonico, per evitare che altri pezzi della nostra storia scompaiono nell’incuria. Nel corso di questi anni l’operazione Chiese Aperte ha consentito di riportare alla luce, sebbene per un solo giorno, circa 2.000 monumenti religiosi e molti di essi, nel tempo, sono stati recuperati e restituiti alla fruizione pubblica. La manifestazione è patrocinata dall’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici CEI. Quest’anno la XIX Giornata Nazionale dei beni culturali ecclesiastici (16/17 maggio) affronta proprio il complesso e delicato tema del restauro delle chiese, mettendo in evidenza le “buone pratiche” rilevate sul territorio. Non si tratta di un semplice impegno per addetti ai lavori ma piuttosto di uno dei “beni” più preziosi che la comunità cristiana intende tutelare. Peccato che neanche in questa bella occasione sia possibile aprire al pubblico l’antichissima chiesa della martire Severa, sorta nel luogo del suo martirio – secondo la tradizione flagellata a Pyrgi nel 298 d.C. insieme ai fratelli Calendino e Marco, all’epoca dell’imperatore Diocleziano – dove l’hanno ritrovata (foto) i volontari del Gruppo Archeologico Cerite (Gatc), perché il plesso dell’antico Castello di Santa Severa è chiuso dal pubblico dal 2007. La chiesa, a detta delle fonti, spiega il presidente del Gatc, Flavio Enei, era costruita vicino al mare, presso la rocca castellana, esattamente nel luogo dove secondo la tradizione era avvenuto il martirio della Santa e dei suoi fratelli. Ed è proprio in quella posizione, ben descritta dagli antichi, prosegue, che l’abbiamo a lungo cercata e finalmente ritrovata. (B.C.)
Roma 6 maggio 2012

MUSICA ANTICA A ROMA PER ROMA Roma – Ottanta concerti e sei festival musicali spalmati in sette mesi di iniziative sul tema, da marzo ad ottobre. Questo in poche battute il nocciolo della manifestazione Musica a Roma … per Roma, nata dalla collaborazione tra il Conservatorio e l’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico di Roma Capitale e ospitata presso il Conservatorio Santa Cecilia. La rassegna si propone come un omaggio a Roma, “città eterna”, e prevede una serie di concerti, ad ingresso gratuito, dedicati prevalentemente a compositori che, dal ‘500 ad oggi, hanno lavorato nella Capitale o si sono ispirati alla sua cultura e alla sua arte. La kermesse comprende un repertorio molto vasto, che spazia fra il genio di Mozart e la musica popolare, dai mottetti di Palestrina alla musica da film. La manifestazione, che terminerà il 30 ottobre, oltre ai concerti in programma, prevede sei festival dedicati sia alla musica Antica (dal 14 aprile al 16 giugno) che a quella moderna, con i suoi percorsi Jazz (dal 15 aprile al 13 maggio) ed Elettronici (dal 7 al 14 ottobre). La Rassegna di Musica Antica, ospitata in strutture d’eccellenza – la Basilica dei Santissimi XII Apostoli e l’Oratorio dell’Arciconfraternita dei Bergamaschi – offre un programma ben nutrito e particolarmente interessante in cui spicca una vera e propria chicca per appassionati del genere, il concerto degli Allievi del Corso di canto barocco di Sara Mingardo che si cimenteranno con le Arie ed i madrigali del ‘600 romano (v. programma). È un vero e proprio monumento di note – ha dichiarato l’assessore alla Cultura di Roma Capitale, Dino Gasperini a Il Messaggero – un omaggio meraviglioso che il Conservatorio Santa Cecilia fa alla nostra città, e lo fa raccontando Roma attraverso le suggestioni che ha suscitato nei grandi. L’assessore ha definito l’incontro con il Conservatorio “bello e fortunato perché ha rimesso in rete Roma Capitale come il luogo di riferimento a livello mondiale per la formazione e il perfezionamento musicale” e ha annunciato la collaborazione tra l’Assessorato e il Conservatorio per la futura stagione musicale, prevista nel “distretto culturale del Tridente Mediceo”, la Nuova Piazza San Silvestro. Info: 060608 – www.conservatoriosantacecilia.it. (B.C.)
Roma 29 aprile 2012

VEDUTE DI ROMA “FIN DE SIÈCLE” Roma – Un viaggio a ritroso nel tempo sul finire del XVIII secolo ed i primi del XIX attraverso le più belle vedute della capitale tratteggiate dai famosi vedutisti francesi dell’epoca. Lo propone Luoghi Comuni, la mostra promossa dall’ Assessorato alle Politiche Culturali – Sovraintendenza ai Beni Culturali di Roma Capitale, e organizzata da Zetema progetto cultura, ospitata a Palazzo Braschi. Roma, secondo una consuetudine consolidatasi nell’Ottocento, rappresentava una tappa irrinunciabile nella formazione intellettuale di ogni giovane europeo di buona famiglia. Le opere erano destinate a soddisfare le richieste “di istruzione e di piacere” di una raffinata elite di viaggiatori. La quadreria proposta dalla mostra è stata realizzata, in massima parte, dai pittori che gravitavano intorno all’Accademia di Francia, prestigiosa istituzione creata da Luigi XVI per consentire ai giovani artisti francesi di perfezionarsi a Roma. L’Accademia ancora oggi è ospitata a Villa Medici, dove fu trasferita, nel 1803, per volere di Napoleone. Acquarelli e incisioni mostrano visioni insolite della Roma del tempo dove si alternano il Foro Romano e il Colosseo, Villa Borghese e Castel Sant’Angelo, San Pietro e il Pincio (foto), Ponte Milvio e il sepolcro di Cecilia Metella. E non mancano panoramiche struggenti della campagna romana, all’epoca veramente difficile da raggiungere. Una Roma “fin de siècle” ritratta con tutte le sue contraddizioni, con la sua aura da città del Papa Re, ma proiettata verso la modernità contemporanea. Così mentre Hubert Robert, soprannominato “Robert delle rovine”, e Abraham Louis Rodolphe Ducros, preferivano trarre ispirazione dalla Roma antica con le sue innumerevoli rovine, François Marius Granet preferiva quella moderna. Victor Jean Nicolle e Charles Joseph Natoire, invece, delineavano la loro idea di città con sentimento visionario, ma anche con vedute nitide. La mostra curata da Simonetta Tozzi, è stata realizzata con una settantina di opere provenienti da due importanti collezioni del Museo di Roma: la raccolta di Basile de Lemmerman (Tiflis 1898-Divonne le Bains 1975) e quella di Anna Laetitia Pecci-Blunt (Roma 1885-Marlia1971), appassionati collezionisti che scongiurarono la dispersione delle collezioni donandole ad una istituzione pubblica. La mostra si potrà visitare sino al 27 maggio. Info : 060608 – www.museodiroma.it. (B.C.)
15 aprile 2012

L’ANTIQUARIUM E IL GHETTO RESTITUISCONO I TESORI DEL MARE SARDO Cagliari – Il mare, le sue suggestioni ed i suoi antichi tesori, questo in poche battute il tema di fondo della mostra Le stive e gli abissi che restituisce al pubblico, con un percorso suggestivo, articolato in due sedi – il Ghetto di Cagliari e l’Antiquarium Arborense di Oristano – quasi 350 reperti rinvenuti dalla Soprintendenza Archeologica negli ultimi vent’anni di lavoro nel comprensorio. L’iniziativa, organizzata dai Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Cagliari, prevede un percorso suggestivo relativo alle numerose scoperte di archeologia subacquea, dalle “navi di bronzo” (Oristano) ai manufatti che venivano trasportati via mare in terra etrusca e sarda. Dall’Antiquarium Arborense facevano vela le navi dei Sardi che giungevano al porto di Vetulonia, la celebre città degli Etruschi, la città di metalli, mentre l’approdo del Ghetto di Cagliari racconta storie di Fenici, di Cartaginesi, di Romani e di Bizantini. Questo evento, come ha dichiarato l’Assessore alla Cultura del Comune di Cagliari, Enrica Puggioni, è solo il tassello di un progetto molto più ampio che in futuro vedrà anche una gestione integrata, tra il Comune di Cagliari, la Soprintendenza e l’Università per creare un Sistema museale e archeologico integrato sul territorio. Tra i numerosi manufatti (foto) archeologici esposti, sono di particolare interesse: un modello di nave romana repubblicana, di più di 8, 50 metri di lunghezza, con il suo carico originale di anfore, la testa del Satiro trovata nella laguna di Santa Giusta, il tesoretto di sesterzi in oricalco (una lega di rame e zinco simile all’ottone) del porto di Cagliari e alcune importanti e imponenti riproduzioni lignee di una piroga neolitica monossile. I visitatori vengono accompagnati in un interessante viaggio interattivo alla scoperta dei materiali e dei relitti che le acque del mare nostrum hanno custodito per lungo tempo. Inoltre vengono proiettati filmati subacquei e tre brevi documentari dedicati al relitto del Poetto di Cagliari, alla Laguna di Santa Giusta e al sito preistorico di Marceddì-Terralba. La mostra è accompagnata da una serie di iniziative collaterali, inclusi vari seminari specifici di approfondimento. Sono previsti anche numerosi servizi didattici e visite guidate progettati e curati dall’Associazione no profit WhiteRocksBay e dal Consorzio Camù. La mostra si potrà visitare sino al 12 maggio. Info : 070.6402115. (B.C.)
1 aprile 2012

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Il patrimonio archeo-industriale di Santa Marinella / Fatto costruire nel 1898 dall’imprenditore piemontese Giuseppe Cerrano, è stato sottoposto a vincolo nel 1992. Ma quale sarà il suo futuro ? Ne abbiamo parlato con il sindaco, Roberto Bacheca.

ANCORA INCERTO IL FUTURO DELL’ANTICO CEMENTIFICIO CERRANO

Il cemento Portland arrivò in Italia proprio grazie a Giuseppe Cerrano, imprenditore legato alla storia italiana della produzione di cemento. Era di ottima qualità tanto da poter essere paragonato a quello proveniente dalla Francia, allora leader nel settore. La fabbrica di Santa Marinella venne costruita nel 1898, in una zona a ridosso della ferrovia Roma-Civitavecchia, dalla società “Giuseppe Cerrano e Compagni”. La scelta della località non fu certo casuale, ma dovuta al facile reperimento della materia prima – alcune cave infatti si trovavano a breve distanza dall’impianto, situate nei terreni di proprietà della famiglia Odescalchi-Antonelli – e all’agevole collegamento con Roma che la fabbrica avrebbe potuto avere tramite la ferrovia.  L’impianto venne dotato di una propria centrale elettrica alimentata a carbone e di una zona abitativa per una parte degli operai utilizzati in fabbrica con le proprie famiglie. La massima occupazione venne raggiunta  alla fine degli anni ’30 con oltre 200 persone. A livello architettonico si trattò di un caso unico. Infatti la fabbrica venne decorata in stile liberty per potersi sposare bene con i modelli delle ville e dei palazzi della bella e rinomata cittadina balneare di allora. A distanza di oltre cento anni, l’antica fabbrica svetta verso il cielo bella, ammantata del suo antico fascino liberty, ma abbandonata ormai da troppo tempo, in attesa di un prossimo recupero che noi tutti ci auguriamo. Proprio per questo L’Aruspice ne ha parlato conil sindaco di Santa Marinella, Roberto Bacheca. 

D.  Circa due anni fa, proprio sulle pagine di questo giornale, le chiedevo, signor sindaco, quale sorte la sua giunta, avesse intenzione di riservare allo splendido complesso del cementificio Cerrano, villino e stabilimento – magnifico esempio di archeologia industriale, tanto da essere citato persino nei manuali di architettura –  chiuso dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale e mai più riaperto. All’epoca mi rispondeva, cito le sue parole : “Il cementificio e l’area adiacente ad esso può rappresentare per la nostra città un notevole investimento futuro. La nostra intenzione non è certamente quella di abbatterlo, ma cercare di riqualificarlo e renderlo fruibile alla cittadinanza. Certo, non sarà un compito facile, ma stiamo già intraprendendo vari incontri con i proprietari del terreno per verificare le possibilità di riqualificazione dell’area (…)”. A tutt’oggi però la realtà dei fatti ci mostra uno stato di abbandono totale e immutato. Ci può spiegare cosa intende fare la sua amministrazione ed  eventualmente illustrare i piani di recupero ad appannaggio del Comune di Santa Marella ? 

R. “La volontà politica dell’amministrazione comunale rimane immutata rispetto a ciò che avevo affermato non appena eletto Sindaco di Santa Marinella. Tant’è vero che in questi due anni abbiamo incontrato numerose volte i proprietari dello stabilimento, proprio per cercare di trovare insieme soluzioni condivisibili e fattibili per la riqualificazione dell’area, cercando di ottenere i massimi benefici per la città. Assicuro che stiamo lavorando affinchè si trovi finalmente una soluzione. Bisogna tener conto però che il bene è pur sempre privato, acquistato da una società, con la quale stiamo valutando i progetti cartacei per le varie successive approvazioni utili anche a liberare l’area dai vincoli presenti”.

D. Il suo predecessore, Pietro Tidei, sempre sulle pagine del nostro giornale, in una mia intervista datata 2005, sosteneva che il “Cementificio è destinato ad ospitare un Centro Polivalente dedicato al turismo, alla cultura e al cinema. Questa struttura non dovrà essere integrata soltanto nel tessuto sociale della città, ma dovrà anche essere opportunamente collocata all’interno di un piano urbanistico adeguato su cui io e l’assessore Dani stiamo lavorando assiduamente”. Anche la sua giunta, signor sindaco, è intenzionata a ricavarne una struttura polivalente dall’indirizzo prevalentemente culturale  e sociale ? Può anticiparci il calendario del recupero ?

R.  “Personalmente non mi risulta che in passato sia stato fatto alcunché di concreto. E’ ovvio che se troveremo un accordo con la società in questione, saremo ben lieti di adoperarci per ottenere strutture da destinare all’attività turistica, culturale e sociale”. 

D. Naturalmente, il vincolo a cui è stato sottoposto nel 1992 dall’allora Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, esclude ogni altra diversa ipotesi di utilizzo. E’ d’accordo ?

R. “Un vincolo, in generale, non prevede affatto la destinazione d’uso di un area o una struttura, ma di fatto tutela gli edifici esistenti, in questo caso storici e industriali. Sarà nostro compito far si che l’eventuale destinazione d’uso sia destinata a servizi pubblici, commerciali e in minima parte residenziali.  Comunque, c’è da dire che i vincoli, purtroppo, sono un grande problema per la nostra città. Ne abbiamo praticamente dappertutto; paesaggistici, idrogeologici, demaniali, archeologici. Ogni qual volta si voglia intraprendere un progetto, anche il più semplice sulla carta, dobbiamo affrontare un iter che definirei assurdo, per il completamento del lavoro progettuale e dell’opera in se stessa”.

D. Quindi mi sembra di capire che lei, signor sindaco, escluderebbe completamente l’ipotesi ventilata in più occasioni – ma si  tratta solo di voci di corridoio – di un vero e proprio abbattimento
della vecchia fabbrica e del villino annesso a fini di edilizia  residenziale. Me lo può confermare, anche per tranquillizzare i nostri  associati ?

R. “Come già affermato precedentemente sussiste in quell’area un vincolo, per cui è di tutta evidenza che, anche volendo, non è possibile abbattere le strutture presenti. Non è comunque volontà dell’amministrazione far ciò, ma anzi, impegnarci congiuntamente con il proprietario dell’immobile e del terreno per riqualificarlo e garantire alla comunità opere pubbliche e servizi”.(B.C.)

Dopo un lento ed inesorabile declino economico del settore, iniziato nella prima epoca fascista, il cementificio non riprenderà mai più i fasti delle origini. Progettato dall’architetto romano Gino Sermonti nel 1913, è un raro esempio di liberty industriale nel Lazio.

ABBANDONATO DAL DOPOGUERRA

Il cementificio Cerrano versa oggi in pessime condizioni, il tempo e l’incuria hanno lasciato segni profondissimi sulla sua struttura che oggi non è più di proprietà della Italcementi che la rilevò dai proprietari originari, la famiglia Cerrano, nell’immediato dopoguerra, ma di due grosse società che hanno acquistato e che già stanno ripulendo dai rovi gli spazi esterni e hanno tappezzato di cartelli con la dicitura lavori in corso l’intera struttura. Ci chiediamo che cosa ne sarà del complesso fatto costruire nel 1898 dall’imprenditore piemontese Giuseppe Cerrano, pioniere del settore cementizio in Italia, ritenuto edificio di interesse storico architettonico tanto da essere sottoposto a vincolo nel 1992. Per chi non lo sapesse infatti, il cementificio Cerrano è uno degli esempi del liberty industriale nel Lazio, caratterizzato da eleganti decorazioni fitomorfiche che ritroviamo sulle cancellate, sui blocchi prefabbricati dei parapetti e su alcune finestre non solo del villino, abitazione del direttore chimico del cementificio progettato dell’architetto romano Gino Smorti nel 1913 e raro esempio di costruzione in cemento armato, ma anche nella struttura industriale vera e propria. Unico caso in Italia, tutta una serie di decorazioni e rifiniture di stile anch’essi realizzati in cemento, così da accostare lo stile della fabbrica ai modelli di ville e palazzi che erano sorti in quegli anni nella cittadina. Il complesso è la terza cementeria ad essere impiantata nella nostra regione dopo quelle di Civitavecchia e di Colleferro e la scelta dell’imprenditore piemontese viene determinata dalle caratteristiche morfologiche del territorio di Santa Marinella ricco di quelle materie prime, le marne naturali, che a Casal Monferrato luogo di origine della famiglia Cerrano, si erano andate progressivamente esaurendo. Per questo la scelta di Santa Marinella sembra ideale per essere sede della società, all’epoca già affermata sia in Italia che all’estero. Il complesso industriale sorge attorno ad un grande piazzale ed è composto da due palazzine destinate alla residenza degli operai e prima sede dell’amministrazione, dietro le quali stavano gli impianti produttivi veri e propri, dotati di silos e fornace. Da questo nucleo originario sotto la direzione di Carlo Cerrano, figlio di Giuseppe, nel corso dei decenni la struttura produttiva ed industriale del cementificio subirà varie opere di ammodernamento ed espansione, sia per facilitare la fase produttiva, sia per meglio congiungere logisticamente la zona di cottura e macinazione con quella delle cave che sorgevano in parte su terreni di proprietà di Giuseppe Cerrano nelle vicinanze della struttura dove tuttora nel sottosuolo rimangono profonde gallerie, in parte erano state prese in cessione dalla famiglia Odescalchi Antonelli. Dopo un lento ed inesorabile declino economico del settore, iniziato nella prima epoca fascista, il cementificio non riprenderà mai più i fasti delle origini. La chiusura della produzione avviene nel 1942, quella amministrativa nel 1943; alla fine della guerra la proprietà viene venduta ad una società bergamasca, la Italcementi, divenuta leader del settore sul mercato nazionale della ricostruzione postbellica, che opta per non riaprire mai più, prediligendo una produzione esclusivamente concentrata sulla più grande cementeria di Civitavecchia, con cui per decenni il cementificio Cerrano era stato in concorrenza. Ci auguriamo che il cementificio Cerrano possa continuare a far parte del paesaggio urbanistico di Santa Marinella e che venga recuperato all’uso pubblico, così come si è fatto altrove per strutture industriali del passato come per esempio l’opificio della birra Peroni nel quartiere Salario a Roma, perché tali edifici testimonianza del nostro recente passato, possano diventare, tramite una opportuna progettazione, spazi aperti alle concrete esigenze del presente che portano dentro di se i valori del passato, un giusto processo di riappropriazione di identità storica attraverso il riuso di un patrimonio esistente. E’ proprio questo il senso dell’archeologia industriale, una disciplina relativamente recente che è campo di indagine interdisciplinare di storici dell’arte, storici dell’economia, architetti, restauratori ed esperti di beni culturali, connotandosi come archeologia del presente, ovvero la ricerca, il recupero e lo studio dell’origine della nostra società contemporanea.
Cristina Civinini

A ROMA LA BIENNALE VIE DELLA SETA Roma – Quasi un antico ordito, perduto nella notte dei tempi, percorso dal II a.C. al XIV secolo. E’ la trama delle antiche vie della seta che ci viene raccontata dalla bella mostra L’ultima carovana sulla via della seta (foto). Un cammino lungo migliaia di chilometri e battuto a dorso di cammello che mescolava genti diverse, usi, costumi e che oggi viene riproposto da un dossier fotografico che documenta la magia di questo antico viaggio. Gli scatti provengono da un percorso di dodicimila chilometri, iniziato nello Xinjiang cinese e terminato ad Istanbul, collaudato dai moderni carovanieri, con una equipe di quattro fotografi professionisti e di un regista. L’idea è di Arif Asci, uno dei fotografi turchi piu’ importanti, che in veste di capo carovaniere ha deciso di ripercorrere l’antico tracciato commerciale che univa la Cina a Roma, attraversando Kyrgyzstan, Turkmenistan e Iran. La mostra organizzata dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma in collaborazione con Ministero della Cultura e del Turismo della Repubblica di Turchia, con i servizi museali di Zètema Progetto Cultura, si colloca nell’ambito della Biennale Internazionale di Cultura “Vie della Seta” dedicata a quei Paesi del Medio ed Estremo Oriente che, fino al XIII secolo – in sostanza sino ai viaggi di Marco Polo – hanno costituito un vero mistero per l’intera Europa. La Biennale, ospitata dai musei più prestigiosi della Capitale, dallo straordinario complesso delle Terme di Diocleziano, al Museo di Palazzo Braschi, con ben 11 mostre di alto livello – realizzate con la collaborazione di Armenia, Cina, Corea, Georgia, India, Indonesia e Turchia – si propone come canale di trasmissione dell’antica civiltà orientale. Fra le immagini più belle quelle degli uiguri, turcofoni di fede musulmana che vivono nel nordovest della Cina, quelle del tempio del fuoco zoroastriano in Iran e quelle della Moschea di Selim in Turchia, tenute insieme da un filo di seta che si interseca oggi, come allora, con le grandi metropoli del passato, Samarcanda, Istanbul e Roma, rilanciando il dialogo interculturale. L’ultima carovana – che conclude il ciclo tematico – ospitata dal Museo dei Fori Imperiali ai Mercati di Traiano, si potrà visitare sino al 15 aprile. Fuori dal periodo della Biennale, il Palazzo delle Esposizioni di Roma ospiterà dal 24 novembre 2012 al 25 marzo 2013, la mostra internazionale “La Via della Seta”, realizzata dall’American Museum of Natural History di New York in collaborazione con Azienda Speciale Palaexpo di Roma, che ripercorrerà le tappe delle antiche città, attraverso un percorso espositivo di reperti ed immagini. Info : 060608 – www.viedellaseta.roma.it(B.C.)
18 marzo 2012

GALLERIA BORGHESE : TORNANO A CASA, MA SOLO PER POCHI MESI, I CAPOLAVORI DELL’ “INCANCELLABILE VERGOGNA” Roma – Ritornano a casa, eccezionalmente, dal Louvre di Parigi i capolavori appartenuti alla famiglia Borghese, dopo quasi duecento anni. Si tratta di opere di grande rilievo come il Vaso Borghese con scene dionisiache, l’Ermafrodito (foto) dormiente restaurato da un giovanissimo Bernini, il Sileno e Bacco bambino, Le tre Grazie e il celebre Centauro cavalcato da Amore, che mai prima d’ora avevano lasciato il Museo parigino. La mostra, I Borghese e l’Antico, è organizzata dalla Galleria Borghese in collaborazione con il Louvre e presentata ufficialmente dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale di Roma. Si tratta della più importante collezione di antichità esistente al mondo – raccolta all’inizio del Seicento dal cardinal Scipione Borghese – che viene restituita, anche se temporaneamente, alla sua sede d’origine. Alla fine del Settecento, quando la Villa Borghese fu rinnovata per volere del principe Marcantonio Borghese, furono le opere di scultura a determinare i punti focali dell’allestimento. L’architetto Antonio Asprucci dispose i maggiori capolavori della collezione secondo un nuovo criterio espositivo, ponendoli al centro di ogni sala, collegando all’opera esposta il tema decorativo dell’intero ambiente. Si creò così l’aspetto con cui il Museo appare ancora oggi. Grazie alle riproduzioni dei disegni di Charles Percier, la Villa oggi ritrova l’aspetto che aveva all’epoca e con esso le sue pregevoli sculture. Tra la fine del 1807 e il 1808, in seguito alla cessione di Camillo Borghese – marito di Paolina Bonaparte – a Napoleone, le sculture archeologiche della Villa furono trasportate a Parigi. La perdita di questa straordinaria collezione ebbe un impatto fortissimo sulle coscienze del tempo. Antonio Canova, che sulle sculture della Villa aveva condotto il suo appassionato studio dell’antico, l’avrebbe definita nel 1810 davanti a Napoleone “una incancellabile vergogna” per la famiglia che possedeva “la villa più bella del mondo”. La mostra, che rientra nel Progetto divulgativo della Galleria Borghese “10 Grandi Mostre”, realizzata con il contributo di Arcus, Enel, BNL BNP Paribas e Ferrero, sponsor tecnico Air France, si potrà visitare sino al 9 aprile. Il catalogo è pubblicato da Skira. Info : 068413979 – Prenotazioni : 06 32810 – www.diecigrandimostre.it (BC)
4 marzo 2012

DALLA TABULA PEUTINGERIANA AL PANORAMA ITALIANO DI CAVOUR Roma – Nella Gipsoteca del Vittoriano per gli appassionati e non una mostra singolare e gratuita – in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia – che racconta la storia del nostro paese attraverso una prestigiosa raccolta di carte geografiche e stampe d’epoca, provenienti dalla collezione Brandozzi, che ripercorrono l’avventura delle battaglie risorgimentali, partendo però da molto lontano. Il percorso della rassegna, articolato dal XV al XIX secolo e organizzato in quattro sezioni, parte dalle prime carte tolemaiche – con un’Italia appena abbozzata – per arrivare sino alla carta simbolo dell’unità del nostro paese, Panorama Italiano, del 1861, voluta da Cavour per festeggiare la nascita del nuovo stato, passando per la prima carta d’Italia a stampa datata 1478. Pezzo forte dell’esposizione la prima riproduzione a stampa italiana della famosa carta stradale denominata Tabula Peutingeriana, rinvenuta nel 1507 dall’umanista viennese Celtes (1459-1508) presso il monastero benedettino di Tegersee e donata allo studioso tedesco Konrad Peutinger (1465-1547), da cui ha mutuato il nome. La mappa raffigura una copia medievale di un Itinerarium militare universale dei tempi dell’impero romano, nel quale erano indicate le grandi strade, con le distanze da stazione a stazione, calcolate in miglia per le regioni dell’impero, in leghe per la Gallia e in parasanghe per la Persia. Praticamente la più antica carta da viaggio non solo d’Italia ma anche d’Europa. Lungo l’itinerario della mostra è possibile ammirare l’Italia di Augusto Sylvanus del 1511, la prima carta stampata a due colori in xilografia, l’Italia figurata del Wischer, oltre a delle rarissime carte seicentesche dello Scherer, che mancano alle principali biblioteche italiane. Molto ricco anche l’apparato delle carte risorgimentali con delle vere chicche inedite sulla guerra del ’48 a Roma con stampe da dagherrotipi. La mostra si conclude con una carrellata di carte satiriche che testimoniano le tensioni politiche nei vari paesi d’Europa tra ‘800 e ‘900. Antica Cartografia d’Italia, insomma si propone come una sorta di grande lente di ingrandimento per facilitare la lettura della storia e delle origini del nostro paese. La mostra, a cura dell’Unità Tecnica di Missione per le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia e dell’Associazione Culturale Giovane Europa, organizzata e realizzata da Comunicare Organizzando, si potrà visitare sino al 4 marzo. Info : 0669202049 – www.associazionegiovaneuropa.eu. (B.C.)
19 febbraio 2012

SCOPERTA A VULCI UNA SFINGE ALATA IN MINIATURA Vulci (VT) – Nella zona della Necropoli dell’Osteria, situata all’ingresso del Parco Naturalistico Archeologico, durante gli scavi della Soprintendenza dell’Etruria meridionale, eseguiti dalla Mastarna Srl, che gestisce il Parco di Vulci, è venuta alla luce una sfinge alata in miniatura all’interno di una tomba datata 550 a.C., rinvenuta di recente. Molto simile a quella egiziana di Giza è alta circa un metro. La tomba, paragonabile per grandezza a quella François e che sembra essere già stata violata in epoca romana, deve essere ancora scavata completamente, per cui ai Beni Archeologici sperano di trovare altri preziosi reperti. La tomba François, rimane una delle scoperte più importanti non solo per la sua imponenza ma anche e soprattutto per la sua ricchissima decorazione di affreschi che ne fa, ad oggi, una della più straordinarie tombe etrusche dipinte. I suoi affreschi narrano le imprese del condottiero etrusco Servio Tullio, che fu il leggendario sesto re di Roma. Si tratta di una scoperta molto importante perché potrebbe testimoniare un antichissimo scambio culturale tra la popolazione etrusca e quella egiziana. La sfinge alata risalirebbe al V-VI secolo a. C. ed è simile ad altre sfingi ritrovate nelle sepolture etrusche, dove queste sculture venivano messe per proteggere i defunti (foto). Ancora testimonianze importanti sono arrivate da altri due sepolcri, in corso d’indagine, che hanno restituito alcuni reperti significativi, fra cui un frammento di statua in nenfro raffigurante un leone e la splendida testa di un’altra sfinge, di cui è ben leggibile il profilo. Questi scavi puntano, tra l’altro, ad ampliare l’offerta culturale del Parco di Vulci (www.vulci.it ) – dicono al Ministero – che già propone ai visitatori straordinari esempi di tombe etrusche principesche come il monumentale tumulo della Cuccumella. Gli scavi nell’area della necropoli vanno avanti da oltre un mese grazie a un progetto congiunto, finanziato da Pisana e amministrazione comunale. Di recente, la Mastarna ha rischiato di chiudere, rivela Tusciaweb, quotidiano online della provincia di Viterbo che ha intervistato il sindaco di Montalto di Castro, Salvatore Carai. La Regione l’ha salvata, prosegue, in extremis, con un finanziamento di 500mila euro sull’assestamento di bilancio. Il progetto prevede anche l’apertura di un museo, spiega Carai al quotidiano online. E’ qui che vorremmo portare la sfinge e i vasi trovati nella tomba. Se ognuno farà la sua parte, dichiara, ce la faremo. Info : www.etruriameridionale.beniculturali.it. (B.C.)
5 febbraio 2012

LEONARDO E MICHELANGELO, CAPOLAVORI ROMANI Roma – I Musei Capitolini propongono per la prima volta un confronto d’eccezione fra i due grandi maestri del Rinascimento italiano, Leonardo e Michelangelo. La mostra, allestita nella suggestiva cornice di Palazzo Caffarelli, propone sessantasei disegni provenienti della Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano e dalla Fondazione Casa Buonarroti di Firenze, che l’hanno ideata insieme alla Fondazione Cardinale Federico Borromeo. Si tratta di un evento di livello, anticipato la scorsa primavera dalla presentazione in Casa Buonarroti di una ventina di disegni dei due maestri dedicati alla Battaglia di Anghiari ed a quella di Cascina, dal nome degli affreschi che i due autori avrebbero dovuto dipingere, a gara, nella Sala del Maggior Consiglio, oggi Salone dei Cinquecento, in Palazzo Vecchio a Firenze. Le due opere non vennero portate a termine, ma gli studi preparatori furono importanti e ammiratissimi, tanto da essere definiti da Benvenuto Cellini la “scuola del mondo”. La mostra capitolina, Leonardo e Michelangelo. Capolavori e fogli romani, parte proprio dai capolavori grafici di queste due collezioni, per considerare poi l’attività romana dei due maestri, insieme alle loro passioni personali, come la pratica di cantiere per Michelangelo e l’ottica per Leonardo. Nove capolavori di Leonardo documentano l’attività nel campo delle invenzioni meccaniche, dell’arte e dell’architettura militare, dell’idraulica e del volo, offrendo una panoramica delle sue ricerche. A questi faranno da contraltare i nove più celebri disegni di Michelangelo della Collezione della Casa Buonarroti, come il celebre Nudo di schiena riferibile alla Battaglia di Cascina, l’enigmatica Cleopatra e la Testa di Leda, forse il più bel volto tra i disegni michelangioleschi. Seguono la Sezione sul soggiorno romano di Leonardo, Appunti su Roma, e quelle dedicate a Michelangelo, una sull’utopia e la pratica del cantiere, una sullo studio dell’anatomia, grande passione del genio,ed una sulla Cappella Sistina e quella Paolina. La mostra promossa da Roma Capitale, con i Beni Culturali, la Regione Lazio e la Provincia di Roma, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, si concluderà il prossimo 19 febbraio. Info www.museicapitolini.org – Tel. 39 060608. (B.C.)
22 gennaio 2012

UNA MUMMIA DI GATTO RACCONTA IL CULTO DEGLI DEI – Parma – Un viaggio nel tempo, lungo 2000 anni, per raccontare i profondi legami fra la divinità Bastet e il gatto nell’antico Egitto. Questo il tema di fondo di un recente incontro che si è svolto a Parma, nella sede del  Museo Archeologico Nazionale di Palazzo della Pilotta, per illustrare il Progetto di ricerca del Dipartimento di Salute Animale dell’Università, guidato dal professor Giacomo Gnudi, in collaborazione con Roberta Conversi, archeologa della Soprintendenza per i beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, responsabile della Sezione Egizia. Gli esami sono stati fatti su una mummia di prima qualità, non un feticcio o un prodotto di bassa lega, custodita dal Museo. Le radiografie hanno accertato che all’interno della fasciatura c’è un giovane esemplare dell’età di 4 o 5 mesi, risalente a circa 2000 anni fa. All’interno del bendaggio c’è l’intero corpo del gatto, mentre non è infrequente trovare solo una parte dell’animale oppure un semplice fantoccio. Secondo l’archeologa Conversi si tratta di un’offerta, tipica del periodo tra il 332 a.C. e il 30 a.C. in cui queste mummie venivano prodotte in gran quantità per essere vendute ai devoti come omaggio per la dea gatta. Le bende sono disposte in modo da formare vari motivi geometrici mentre gli occhi sono dipinti con inchiostro nero, su piccoli pezzi tondi di benda di lino. Lo scheletro del gatto è inoltre completo e questo qualifica la mummia (foto) come un reperto di grande importanza scientifica che però ha bisogno di essere restaurata e la Soprintendenza con questo Progetto spera di raccogliere i fondi necessari. E’ possibile ammirarla proprio in questi giorni, in via eccezionale, sino all’Epifania, salvo proroghe dell’ultima ora.  La mummia esaminata era stata acquistata da un antiquario nel XIX secolo insieme alla maggior parte degli altri manufatti della collezione egizia del museo. Protettore della casa, amatissimo dagli Egizi per la sua abilità di cacciatore di topi, a partire dalla XXII Dinastia (945-715 a.C.) il gatto inizia ad essere considerato incarnazione degli dei e l’esemplare femmina, in particolare, il rappresentante in terra della dea Bastet. Gli scavi archeologici hanno recuperato migliaia di mummie di gatti offerti in sacrificio. Nell’antico Egitto, uccidere un gatto era un reato punibile con la morte. È stato appurato che in egiziano antico il suo nome di pronunciava MIU, con evidente riferimento al suo  miagolio; la parola gatto era scritta con un geroglifico rappresentante un gatto seduto.  Info : 0521.23371 – www.archeobologna.beniculturali.it. (B.C.)
6 gennaio 2011

JURASSIK PARK ALLA FIERA DI ROMA Roma – Un salto indietro nel tempo, all’epoca dei dinosauri e per l’esattezza nel Giurassico, più o meno 65 milioni di anni fa, per la gioia di grandi e piccini. Nella scala dei tempi geologici il Giurassico viene considerato come intermedio dell’era Mesozoica. Anche se il periodo è ben definito, le date hanno ancora un’incertezza compresa tra 5 e 10 milioni di anni. Il viaggio nel tempo lo propone la Barley Arts, alla Fiera di Roma, dopo un tour di tutto rispetto, che ha toccato le maggiori capitali europee e molte città del Sud America. La mostra Days of The Dinosaur, in arrivo per la prima volta in Italia alla Fiera di Roma, è stata organizzata con la consulenza di un team di esperti e di paleontologi come un viaggio in un labirinto popolato da 51 affascinanti esseri preistorici a dimensioni naturali, immersi in 12 scenari diversi, che si muovono come se fossero vivi fra effetti di luce, paesaggi e piante, ricostruiti al vero con estrema precisione scientifica. Il viaggio nel Giurassico consentirà di ammirare varie specie emblematiche ricostruite rigorosamente a grandezza reale e ambientate in un’area di circa 3500 metri per 8 metri di altezza con riproduzioni dei diversi panorami di quell’epoca. Alcuni di loro sono vere e proprie icone, come l’Archaeopteryx – l’uccello primitivo più antico i cui fossili sono stati rinvenuti in Baviera in rocce datate al Giurassico superiore (circa 150 milioni di anni fa) – o il Microraptor – un piccolissimo carnivoro vissuto nel Cretaceo inferiore (130 milioni di ani fa) in Cina; altri, come il Brachiosauro (foto), enorme erbivoro il cui nome significa lucertola braccio, e il Tyrannosaurus rex – era uno dei più grandi dinosauri carnivori bipedi mai vissuti, i reperti fossili indicano che misurava circa 12 metri di lunghezza e tra i 4,5 e i 6 metri di altezza – sono molto noti anche grazie a film come Jurassic Park o a spettacoli come Walking With Dinosaurs. Altri ancora sono stati scelti perché i loro resti sono stati ritrovati proprio in Europa e potranno risultare più familiari al pubblico di casa. Al termine del percorso attraverso il labirinto giurassico, dove spadroneggia l’impressionante Gigantosauro – lungo 13 metri e alto 9 – si entra nel parco giochi interattivo dove i più piccoli potranno cimentarsi nello scavo archeologico. Le ossa di dinosauro nascoste sotto la sabbia, una volta ripulite potranno essere inserite in uno scheletro di dinosauro apposito. La mostra si conclude con un set fotografico dedicato dove grandi e piccini potranno immortalare la loro grande avventura. Per i più curiosi è prevista anche un’area dove viene spiegata la tecnologia impiegata per animare i dinosauri. La mostra, che si potrà visitare sino al 18 gennaio, offre anche dei pacchetti famiglia a prezzi agevolati ( 35 e 40 euro ) e per i piccolissimi (fino a 2 anni) l’ingresso è gratuito. E, buon divertimento ! Info: 06 65074200 – 800907080, www.daysofthedinosaur.it. (B.C.)
31 dicembre 2011

Il  2011 ormai volge al termine e la Rubrica dedicata alle Attualità culturali tornerà con l’anno nuovo.  La trovi anche su Facebook. A tutti  gli internauti un cordiale augurio di buone feste.
Barbara Civinini

ICONE RUSSE Roma – Sulle sponde del biondo Tevere sono sbarcate antiche e prestigiose icone russe. Sono esposte nei saloni del Museo di Castel Sant’Angelo. La mostra, organizzata dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etno antropologico e per il Polo Museale della Città di Roma e dalla casa editrice Il Cigno GG Edizioni, mette a disposizione del grande pubblico quaranta opere prodotte fra il XV e il XX secolo, tutte provenienti dal Museo delle Icone Russe di Mosca. L’iniziativa è curata da Nikolaj Zadorozhnyj, Direttore del Museo, e dal soprintendente Giorgio Leone, Storico dell’arte. L’esposizione rientra nel contesto delle manifestazioni per l’anno della Cultura e della Lingua Russa in Italia e della Cultura e della Lingua Italiana in Russia (foto). Di particolare interesse, come segnalano i curatori, gli esemplari più antichi, come l’icona della Madre di Dio Odigitria, della fine del XV secolo, produzione di “Scuola” di Novgorod. Tutte le icone raffiguranti la Madre di Dio Odigitria (Georgiana) sono di grandi dimensioni, riservate alle chiese e destinate a figurare nel primo ordine dell’iconostasi, a sinistra delle Porte Regali. L’iconostasi (parola di derivazione greca) è una parete divisoria decorata con icone che separa la navata delle chiese ortodosse dal presbiterio, dove viene celebrata l’Eucaristia. Insomma, quasi una sorta di “recinto presbiteriale” paleocristiano. Eccezionale anche il gruppo di sei tavole che corrisponde a un intero Secondo Ordine dell’Iconostasi – o Deesis – databile tra la fine del XV e l’inizio del secolo XVI, prodotto a Rostov. Interessante anche la Madre di Dio Umiljenije – o Madonna della Tenerezza – nella variante detta di Koursun (primi decenni del secolo XVI) raffigurante solo i volti dell’abbraccio materno, tenero e affettuoso. Di rilievo anche la produzione del Cinquecento e Seicento, fra cui spicca la figura di un Cristo Salvatore acheropita, il santo Mandylion – o meglio di origine miracolosa, tipo la Sindone, per intenderci – mentre in quella dei due secoli successivi emergono dei particolari di ambientazione che rendono giustizia a una produzione troppo spesso relegata al solo ambito della devozione e dell’artigianato. La mostra si potrà visitare tutti i giorni (tranne il lunedì), dalle 9 alle 19, sino al 12 febbraio. (B.C.)
18 dicembre 2011

VENTO D’ORIENTE, INCATI NELLA PITTURA DELL’OTTOCENTO Roma – Gli Orientalisti. Incanti e scoperte nella pittura dell’Ottocento italiano, questo il titolo della bella esposizione che mette in mostra una pregiata selezione di circa una ottantina di opere, che raccontano l’Oriente nella pittura dell’Ottocento di casa nostra. Curata da Emanuela Angiuli e Anna Villari è allestita nella suggestiva cornice del Chiostro del Bramante con l’alto patrocinio, fra gli altri, del Presidente della Repubblica. Dalle opere trapela la pulsione e il fascino dell’Oriente stimolati dalle mirabolanti imprese di Napoleone in Egitto, dalla voglia di scoprire un mondo lontano e remoto, animato da harem e odalische. L’inconsueta mostra pone come punto d’arrivo, ma non certo come unico riferimento, l’opera di Francesco Hayez, veneziano di origine, che si lasciò contaminare dall’esotismo e dall’erotismo orientale. Una contaminazione particolare dato che l’artista viene considerato come uno degli esponenti più importanti del romanticismo storico, un romanticismo più formale che sostanziale. E’ proprio dal suo quadro più famoso, Il bacio, che Federico Seneca, direttore artistico della Perugina negli anni ’20 creò la famosa scatola blu dei Baci Perugina con l’immagine di due innamorati.Il veneto Ippolito Caffi, invece, deciderà di vive il fascino dell’oriente in prima persona con un lungo viaggio tra Costantinopoli, Smirne, Efeso e il Cairo da cui trae un gusto che connoterà per sempre la sua pittura. Anche nel parmense soffia il vento dell’oriente. Prima Alberto Pasini e poi Roberto Guastalla – il “Pellegrino del sole”- percorrono carovaniere e città per raccontare questi altri mondi. Da Firenze parte alla volta dell’Egitto Stefano Ussi, che lavorerà per il Pascià subito dopo l’apertura del Canale di Suez, prima di trasferirsi in Marocco con l’amico Cesare Biseo, anch’egli proveniente dalla corte del Viceré d’Egitto. Da questo viaggio i due traggono gli spunti per illustrare, magistralmente, “Marocco” di Edmondo De Amicis. Non sfugge al fascino d’oltre oceano anche il Mezzogiorno, come testimoniano le odalische e gli ambienti mistici magistralmente descritti da Domenico Morelli. Il catalogo della mostra, che si potrà visitare sino al 22 gennaio, è edito da Silvana Editoriale. Info : 06.68.80.90.35 – www.chiostrodelbramante.it(B.C.)
FOTO 1 – FOTO 2

4 dicembre 2011

I GRANDI PITTORI TOSCANI RACCONTATI DA VASARI – Arezzo – Nella bellissima Basilica inferiore di San Francesco – restaurata grazie al contributo di Banca Etruria – una versione quasi olografica di Giorgio Vasari (1511-2011) racconta i grandi pittori toscani. Un omaggio della Soprintendenza di Arezzo, a cinquecento anni dalla sua nascita. Il percorso prende il via da coloro che Vasari considerava “precursori” della maniera moderna e prosegue sino al trionfo di quest’ultima con Michelangelo. Il senso del divenire, tipico dell’evoluzionismo vasariano, è reso dall’allestimento distribuito per “tappe” ideali. Il primato dei Toscani nelle “Vite” del Vasari vince la non facile sfida di proporre una mostra chiara ed accattivante, incentrata sul suo lavoro critico. La mostra si sviluppa lungo un percorso centrifugo, segnalato in verde-oro, che in tre sezioni raccoglie sessanta opere – da Cimabue a Simone Martini – per arrivare a quello che il Vasari considerava fulcro e motore primo, il divino Michelangelo. La suggestione evocata dalle opere esposte aumenta grazie a un testo registrato e sincronizzato con il percorso museale e fruibile con l’iPod. Gli presta la voce l’attore Francesco Maria Rossi. Alla definizione del progetto hanno collaborato con Paola Refice i colleghi della Direzione Regionale della Toscana e delle Soprintendenze di Firenze, Siena, Urbino e Perugia. La mostra si potrà visitare sino al 9 gennaio. L’acquisto del biglietto per la mostra dà diritto all’ingresso gratuito al Museo di Casa Vasari (foto) e al Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna. Ma questo non è l’unico omaggio che gli dedica la sua cittadina natale. “Di sopra”, nella Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di San Francesco, infatti, è in mostra il Giorgio Vasari disegnatore e pittore. Istudio, diligenza et amorevole fatica. Una sessantina di opere provenienti anche da Vienna, Parigi e Londra che ci rivelano un giovane artista in continua crescita. Prima cerca la protezione e le commissioni delle corti medicee, da Ippolito ad Alessandro fino a Cosimo, ma poi approda a Venezia e nella Roma di Papa Giulio III. Chiede consiglio a colleghi come Michelangelo – dal quale si farà raccomandare per la realizzazione di Palazzo Vecchio a Firenze – e Pontormo, per salire, poi, così alto fino a diventare uno dei protagonisti del Rinascimento. La mostra curata da Alessandro Cecchi, Alessandra Baroni e Liletta Fornasari e promossa da Regione, Provincia, Comune, Camera di commercio e Soprintendenza si potrà visitare sino all’11 dicembre. Info : 0575 352727 – www.giorgiovasari-ticketoffice.it. (B.C.)
27 novembre 2011

ALLA BANDITACCIA INAUGURATO IL PRIMO PERCORSO CON ALLESTIMENTO MULTIMEDIALE  DEL DISTRETTO TECNOLOGICO DEL LAZIO – Cerveteri (RM)   Nella zona della Necropoli Etrusca di Cerveteri – la più estesa ed antica di tutta l’area mediterranea e patrimonio Unesco – nota come Banditaccia è stato inaugurato il primo percorso archeologico attrezzato con allestimenti multimediali del Distretto Tecnologico per i beni e le attività culturali (Dtc) della Regione Lazio. Il Distretto nasce da un accordo di programma sottoscritto dalla Regione con il Ministero dei Beni Culturali, Miur, Mise, e gestito dalla Filas, società regionale dedicata al sostegno dei processi di sviluppo e innovazione del tessuto imprenditoriale del Lazio.  Si tratta di un’esperienza polivalente innovativa attraverso la quale i visitatori potranno vedere ‘dal vivo’ le tombe etrusche e i loro tesori come erano più di duemila anni fa. Per farla avranno a disposizione un mix di proiezioni audiovisive multilingue, ricostruzioni virtuali nelle tombe etrusche, video in 3D e plastici animati. Nelle otto tombe della Banditaccia attraverso cui si snoda il percorso ipertecnologico – realizzato da  Mizar – proiezioni, effetti luminosi e sonori riporteranno al loro posto gli oggetti che un tempo ornavano realmente le tombe e che oggi sono custoditi nei musei. Oggetti che racconteranno le usanze ed riti funebri dell’epoca con la voce di Piero Angela che ha partecipato alla realizzazione del progetto. Inoltre, sarà possibile ammirare sospesi nella sala, con un filmato 3D, i reperti oggi conservati  nel Museo archeologico di Cerveteri e in molti altri  musei del mondo. E’ stata messa a punto anche una nuova applicazione per smartphone che fungerà da guida interattiva sul posto. Il percorso dovrebbe aprire ufficialmente al pubblico proprio in questi giorni. Inoltre, tra Tarquinia, Vulci, Pyrgi e Veio, attraverso il circuito “Cerveteri e gli Etruschi”, saranno disponibili online, sul sito del Distretto (www.futouring.it), 180 punti di interesse storico, corredati da immagini, mappe e schede informative. Presentato dalla presidente Polverini scende in campo anche il bus digitale ‘Go Futouring’: un pullman unico al mondo e dai dispositivi ultratecnologici per visitare Roma e il Lazio. Il pullman digitale, messo a punto da Infobyte (Roma), Dipartimento DIET dell’Università La Sapienza di Roma, Laboratorio Tevere e Pluservice, è stato realizzato grazie ai fondi messi a disposizione dal Distretto Tecnologico, attraverso Filas, per un progetto del valore di 750mila euro. Per i turisti sarà disponibile dal mese di dicembre e partirà con un primo percorso tra Civitavecchia e Roma per poi estendersi agli altri itinerari realizzati dal Dtc. (B.C.)
13 novembre 2011

VOLENTIERI  IN ARCHEOLOGIA – Ozzano (BO) – In occasione dell’Anno Europeo del Volontariato, la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, in collaborazione con l’Associazione Culturale Civitas Claterna, ha organizzato un convegno regionale sull’importanza del volontariato per la tutela e la valorizzazione del patrimonio archeologico. Volontari per l’Archeologia, volentieri in Archeologia ha visto confrontarsi ben 30 gruppi di volontariato – provenienti da tutta la regione – che si sono incontrati, lo scorso 29 ottobre, nella suggestiva cornice del Palazzo della Cultura di Ozzano dell’Emilia. L’iniziativa, sostenuta dall’Istituzione Anna Frank e da IMA Spa, è stata dedicata a Ludovico Magrini (Roma, 1937-1991), fondatore nel 1965 dei Gruppi Archeologici d’Italia, dei quali è stato il Direttore sino al momento della morte, e ad Elena Rossi, Presidente del Gruppo Archeologico Bolognese, prematuramente scomparsa nel gennaio 2010.  Il tema del volontariato in Archeologia è particolarmente sentito in Emilia-Romagna, regione dove questa forma di associazionismo conta almeno mezzo secolo di vita. E se all’inizio degli anni ’60 l’obiettivo era quello di raccogliere e coordinare l’entusiasmo degli appassionati, oggi il volontariato opera a stretto contatto con la Soprintendenza, che ne garantisce la qualità degli interventi e delle iniziative. Anzi, le forze dei volontari (foto), organizzate sempre più capillarmente sul territorio, sono diventate un supporto  indispensabile non solo per le attività di tutela della Soprintendenza ma anche per quelle di divulgazione e valorizzazione dei beni, alimentando una sempre più radicata necessità di conoscere e preservare la propria identità culturale attraverso le più antiche testimonianze. Non è casuale che l’incontro sia stato ospitato dal Comune di Ozzano, esempio di eccellenza con il Progetto Claterna (antichissima città sviluppatasi lungo la via Emilia) che, iniziato negli anni Ottanta all’interno di un gruppo di volontariato, si è poi evoluto in un ambito di maggior respiro grazie al sostegno economico delle istituzioni pubbliche, ma anche dei privati. L’incontro è stata una buona occasione per visitare la mostra “Museo della città romana di Claterna”, gli scavi archeologici in corso nella località Maggio e in particolare i mosaici venuti alla luce durante l’ultima campagna di scavo. Info : www.civitasclaterna.org(B.C.)
30 ottobre 2011

BEN HUR A ROMA IN LIVE – Sulla soglia del Terzo Millennio, una storia di due mila anni fa, quella del  principe ebreo Giuda Ben Hur – narrata da uno dei primi best seller (oltre 50 milioni di copie) a sfondo storico, quello di Lewis Wallace del 1880 – torna a rivivere nella Capitale con una  megaproduzione tedesca, ma di stampo americano, che rilegge in chiave musical l’indimenticabile film hollywoodiano del 1959, premiato con ben 11 Oscar. Ben Hur Live fa rivivere allo spettatore l’Impero Romano e la Galilea ai tempi della nascita di Cristo, un’esperienza teatrale a 360 gradi. Canti, balli, combattimenti con spade vere, corse con quadrighe trainate da cavalli, affolleranno il palcoscenico della Nuova Fiera di Roma in un musical d’eccezione anche con 200 persone sul palcoscenico e 780 costumi con stoffe provenienti da Istanbul. Lo spettacolo, prodotto da New Art Concerts e organizzato in Italia da The Base, ha già registrato un grosso successo sia a Londra che in Germania. In stile Broadway, in due ore circa, si dipana lungo la regia di Philip McKinley, che ha all’attivo musical del calibro di Spiderman e Hair. Le coreografie sono di  Liam Steel del Royal National Theatre, mentre la musica è di Stewart Copeland, storico batterista dei Police. Le sonorità sono di tipo mediterraneo con influenze arabe. Sono suoni che ho nella mia testa perché sono cresciuto in Libano e in Egitto. E questa storia è eccitante come il rock, ha dichiarato Copeland. Le azioni si svolgono su un ampio palcoscenico con effetti speciali mozzafiato : fuoco, acqua, vento e dalla polvere che si alza durante le gare delle bighe. La storia è la stessa. Ben Hur, condannato ingiustamente ai lavori forzati sulle galere, sopravvive con il solo intento di vendicarsi finché incontra Gesù e decide di perdonare. Riguadagnerà la sua forza grazie anche all’amore della bella schiava Esther ed ai forti legami familiari della famiglia ebrea degli Hur. A narrarla con la sua voce suadente c’è Luca Ward – unico italiano della produzione – doppiatore di classe e attore. E’ sua anche la voce italiana del Gladiatore-Russel Crowe. “Ben Hur Live stabilisce nuovi standard nel mondo dello spettacolo dal vivo e nel teatro: l’evento ha la potenza di un “rock show”, la velocità di un musical, la magia del grande cinema, la passione di una tragedia greca”. Questo il commento di Franz Abraham sulle pagine del  London Times. Al Padiglione 13 le repliche andranno avanti fino alla fine di novembre con sei spettacoli a settimana. Info : 892.101 (TicketOne), 06 54 22 0870 (The Base). (B.C.) – foto 1 – foto 2 – foto 3
16 ottobre 2011

CARAVAGGIO A CUBA – L’Avana – Sicuramente un evento di spessore per la storia culturale e politica di Cuba e dell’Italia. Si tratta della mostra Caravaggio a Cuba, ospitata dal Museo Nazionale di Belle Arti de L’Avana e organizzata dal Mibac in collaborazione con la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Roma a quattromani con l’Ambasciata Italiana a Cuba. Della partita anche la Blue Panorama Airlines leader nel trasporto passeggeri dall’Italia e che per l’occasione si è occupata del trasferimento a L’Avana dei dipinti. Oltre al Narciso che si specchia alla fonte, capolavoro del grande maestro lombardo sono sbarcati oltreoceano altre dodici opere di autori cosiddetti caravaggeschi – tra i quali Giovanni Baglione, Tommaso Salini e Bartolomeo Manfredi – quasi tutte prestate, come “Il Narciso”, dalla Galleria Nazionale d’Arte Antica di palazzo Barberini. Certamente il valore della mostra va oltre quello strettamente artistico, proponendosi come esempio di perfetta commistione di relazioni diplomatiche, tra soggetti pubblici e privati, che hanno collaborato per mettere a disposizione del grande pubblico un pezzo importante del nostro patrimonio artistico, un capitolo della storia dell’arte del Seicento. L’iniziativa intende approfondire un periodo fondamentale dell’arte italiana, che vede la città di Roma protagonista di una profonda trasformazione attuata nel corso del primo trentennio del Seicento. Oltre ai mutamenti dovuti alla Riforma luterana e al Concilio di Trento (1545-1563), che segnarono il nuovo volto della Roma ecclesiastica – spiega Rossella Vodret, soprintendente speciale per il Polo museale della citta’ di Roma – si assiste agli albori del XVII secolo ad una vera e propria rivoluzione artistica che elesse la città papale a meta obbligata di artisti provenienti dal resto d’Italia e d’Europa: una sorta di Capitale artistica d’Europa. Il rinnovamento artistico dell’Urbe coincise proprio con l’arrivo di Michelangelo Merisi da Caravaggio (foto), nei primi anni Novanta del Cinquecento. Il suo linguaggio innovativo determinò l’inizio di una nuova epoca. L’uso drammatico della luce e l’assenza di ogni idealizzazione dei personaggi, spesso ripresi dalla strada e in formato “al naturale”, posti sempre in primo piano, sono elementi di straordinaria novità che presto divennero oggetto di aspre critiche. (B.C.)
2 ottobre 2011

ITALIA TESORO D’EUROPA Anche quest’anno il nostro paese aderisce, insieme ad altri 24 stati europei, alle Giornate europee del patrimonio che si svolgono il 24 e il 25 settembre. Istituite nel 1954, sono sempre state apprezzate dai cittadini che in questo modo hanno avuto un’opportunità in più per conoscere lo straordinario patrimonio culturale europeo. Nel corso degli anni l’iniziativa è cresciuta al punto che nel 1999 il Consiglio d’Europa e la Commissione Europea ne hanno fatto un’azione comune per favorire il dialogo e lo scambio culturale. La recente iscrizione nel Patrimonio mondiale dell’Unesco dei Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino, che si estendono anche nei paesi confinanti con ben 111 villaggi, non si colloca soltanto nello spirito delle Giornate europee, ma testimonia anche l’esistenza di un forte legame comune nelle tradizioni culturali del vecchio continente. Il ministero dei Beni culturali partecipa a questa grande festa organizzando eventi, aperture straordinarie e laboratori didattici sull’intero territorio nazionale. Inoltre, tutti i luoghi d’arte statali che comprendono il patrimonio archeologico, artistico e storico, architettonico, archivistico e librario, cinematografico, teatrale e musicale, per l’occasione saranno aperti gratuitamente a tutti i cittadini. Nel Lazio le iniziative interessanti sono molte. Ve ne segnaliamo soltanto alcune. E’ possibile consultare l’elenco dettagliato sul sito del ministero (www.benicultutali.it). Nell’area degli Scavi di Ostia (foto) con la visita al Complesso delle Case decorate (Casa delle Muse, la Casa di Lucceia Primitiva e la Casa delle Volte Dipinte) sarà possibile uno sguardo “indiscreto” alla vita privata del ceto medio ostiense. Con una bella visita guidata, sempre nell’area degli Scavi, verrà ricostruita la giornata ideale del cittadino ostiense: dal risveglio nella domus o nell’insula al pranzo frugale; dai piaceri nelle terme all’abbondante cena serale. L’alimentazione, l’istruzione, il lavoro e le attività artigianali, la religione. A Roma, invece, al Museo Nazionale Romano delle Teme di Diocleziano, attraverso la documentazione offerta dalle iscrizioni antiche, sarà possibile avvicinarsi ai sentimenti e alle tematiche legate all’amore e al maleficio: fedeltà ed infedeltà, tradimenti e vendette, amore eterno e illusioni vanificate dalla realtà della vita di 2000 anni fa. Info : www. archeoroma.beniculturali.it. (B.C.)


18 settembre 2011

ARCHIGINNASIO, IN MOSTRA LA NASCITA DI UNA NAZIONE Bologna – Il Risorgimento, la nascita di una nazione che già nel suo farsi è subito epopea. Questo il senso della mostra organizzata presso la Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, a Bologna, nell’ambito delle Celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Patrocinata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stata realizzata dall’Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia Romagna (IBC) con il contributo del Ministero dei Beni Culturali. Le arti hanno svolto un ruolo fondamentale nel comunicarne i valori della nuova nazione all’opinione pubblica. Basti pensare al Nabucco di Verdi, ai romanzi di Manzoni e Nievo, alle liriche di Foscolo, Giusti, Carducci. Anche le arti figurative hanno dato un grosso contributo alla nascita dell’epopea risorgimentale non solo con quadri di grande valore ma anche con illustrazioni indimenticabili di libri, riviste e giornali che, appunto, hanno fatto epoca, da subito. La collezione dell’Archiginnasio è veramente imponente ed è stato possibile raccoglierla grazie alla sensibilità patriottica e alla cultura storica dimostrate da privati cittadini, le cui raccolte sono confluite nella biblioteca civica. Per la mostra sono stati selezionati con cura un centinaio esemplari capaci di dare corpo alla formazione della coscienza storica del Risorgimento e della nuova nazione. Le opere sono esposte in due sezioni tematiche. Nella prima dedicata agli Eventi memorabili, viene presentata una cospicua rassegna di stampe e incisioni di alcuni tra i più noti autori dell’epoca, con la raffigurazione di alcuni episodi salienti della nostra storia. Alle stampe si affiancano dei periodici illustrati, che recano una testimonianza visiva più immediata di questi avvenimenti (la locandina dell’evento). Nella seconda, “Fare l’Italia” attraverso le illustrazioni librarie, vengono proposte le pubblicazioni illustrate che contribuirono ad alimentare il mito del Risorgimento nel momento stesso in cui ogni città dedicava monumenti celebrativi e apriva i primi musei ricchi di cimeli e di testimonianze, affiancando così la produzione letteraria contemporanea. La mostra curata da Cristina Bersani, Valeria Roncuzzi e Sandra Saccone, con la collaborazione di Clara Maldini, si potrà visitare sino al 17 settembre. L’ingresso è gratuito. Info : 051 276813 – www.archiginnasio.it(B.C.)


11 settembre 2011

RITRATTI. LE TANTE FACCE DEL POTERE – Roma – Lo specchio di Roma, dalla repubblica all’impero, il suo volto. Questo in poche battute il senso della magnifica mostra in corso d’opera ai Musei Capitolini, nel Palazzo dei Conservatori, un quattromani fra l’Assessorato alle Politiche Culturali di Roma capitale ed i Beni Culturali, organizzato da Zetema, con la collaborazione di MondoMostre. In esposizione oltre 150 pezzi – teste, busti, statue – fra terracotte, bronzi e marmi. Dopo L’Età della Conquista, inaugurata lo scorso anno, Ritratti. Le tante facce del potere (foto)rappresenta il secondo appuntamento del Progetto culturale I Giorni di Roma, ideato per mettere a fuoco i cambiamenti e le trasformazioni ideologiche attraverso l’arte di Roma nell’arco di settecento anni. La mostra nasce da una riflessione dei curatori Eugenio La Rocca e Claudio Parisi Presicce sul valore del ritratto come espressione del desiderio degli uomini di esorcizzare la morte, lasciando ai posteri un’immagine di sé capace di sopravvivere nei secoli. Le opere in esposizione, provenienti dai maggiori musei europei, permettono di ricostruire la tecnica di rappresentazione del ritratto romano dalla città repubblicana all’età tardo-antica, partendo proprio dalle origini. Si parte cioè dai primi ritratti in terracotta per arrivare alla vasta produzione in marmo e in bronzo di età imperiale. Nelle diverse sezioni, pezzi belli e importanti ripercorrono l’evoluzione del ritratto, dai calchi realizzati sul volto dei defunti per approdare al vero volto del potere. Non si tratta tanto di riprodurre il proprio aspetto quanto di offrirne un’immagine eroica o divinizzata, sempre allo scopo di sottolineare la propria concezione del potere e distinguersi dai predecessori. Un fenomeno già presente in ambiente greco. Questi volti li ritroviamo tutti nella sezione “Il volto dei potenti”, dove i ritratti di Nerone, Vespasiano, Tito, Adriano, Antonino Pio e Marco Aurelio mostrano come le loro immagini siano state costruite in chiave di comunicazione politica. L’ultima sezione, “Le acconciature femminili”, evidenzia come anche i cambiamenti di moda e gusto non siano fenomeni esclusivamente estetici, ma riflettano profonde trasformazioni in atto all’interno della società. La mostra si potrà visitare sino al 25 settembre. Il catalogo ricco di contributi prestigiosi è edito dalla Palombi. Info : 060608 – www.museicapitolini.org(B.C.)
28 agosto 2011

NERONE TORNA NEI LUOGHI DELL’INCENDIO Roma – Ancora un imperatore in mostra. Dopo il successo del “Divus Vespasianus”, è la volta di Nerone, figura profondamente controversa della nostra storia antica. Una mostra del tutto particolare che si snoda lungo un percorso di vita che trova il corrispettivo nei luoghi della città antica, dal II ordine del Colosseo alla Curia Iulia, dal Tempio di Romolo al Foro romano, dal Criptoportico neroniano al Museo sul Palatino. L’esposizione, infatti, è articolata in un vero e proprio percorso nei luoghi neroniani dell’area archeologica centrale di Roma. L’iniziativa organizzata dalla Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, in collaborazione con Electa – che ne ha curato anche il catalogo – intende rivisitare la figura dell’ultimo imperatore giulio-claudio, andando a scandagliare due aspetti fondamentali del suo impero : l’incendio, che distrusse buona parte della città nel 64 d.C., e la successiva politica di ricostruzione avviata dallo stesso imperatore fra il 64 e il 68 d.C. Lo scopo è quello di fornire una nuova lettura dell’ambiziosa attività edilizia di Nerone (il ritratto), illustrata anche dalle recenti scoperte condotte negli edifici neroniani nell’area del Palatino e di presentare ufficialmente al grande pubblico gli importanti scavi della valle del Colosseo che hanno permesso di ricostruire nel dettaglio l’incendio. La mostra è articolata in varie sezioni. Presso la Curia Iulia sono esposti i ritratti dei personaggi che fecero parte della quotidianità di Nerone, soprattutto i familiari, il padre Claudio, la madre Agrippina e le mogli; nel Tempio di Romolo invece l’imperatore viene raccontato attraverso il filtro del cinema; presso il Criptoportico, che collegava la Domus Aurea con i palazzi imperiali del Palatino, viene ricostruita la propaganda neroniana, che vide l’assimilazione dell’imperatore al Sole e la sua celebrazione come auriga e come vincitore dei Parti; il fasto del suo palazzo, con le sue incredibili decorazioni, invece, è illustrato al Museo Palatino. La mostra, che si potrà visitare sino al 18 settembre, è arricchita anche dal Nerone di Bononia, un busto marmoreo scoperto nei primi del ‘ 500 e probabilmente voluto dai bolognesi per ricompensarlo del suo finanziamento per ricostruire la città dopo l’incendio di Bologna del 53 d.C. Prima di essere trasportato a Roma, il torso imperiale è stato accuratamente restaurato. Tornerà a casa alla fine di settembre in occasione di Archeopolis .Info e prenotazioni : 06.39967700 – www.archeoroma.beniculturali.it( B.C. )
7 agosto 2011

DiVINO. DALL’ANTICHITA’AD OGGI -Castelbeltrame (NO) – Tutto il fascino del vino e della sua civiltà da molto prima dell’impero romano sino al Risorgimento. Questo in poche battute il senso della mostra organizzata nel centro culturale Materima a Castelbeltrame, nel novarese. Per raccontare questa lunga e affascinante vicenda sono stati riuniti oltre 350 reperti archeologici – in parte mai esposti prima – che abbracciano tutte le civiltà vinicole del Mediterraneo. DiVino. Dall’Antichità ad oggi, nasce dalla collaborazione tra lo Studio Copernico – che da sempre si occupa di arte moderna – la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, il Museo Archeologico Nazionale di Firenze e ARA, Attività di Ricerca Archeologica. L’ampio nucleo dei materiali presentati – afferma Giuseppina Carlotta Cianferoni , curatrice della Mostra – copre un arco cronologico che va dal III millennio a.C. al XIX secolo d.C., dalle più antiche testimonianze del Vicino Oriente alla Grecia, dall’Etruria a Roma, per finire, attraverso Medioevo e Rinascimento, al periodo Risorgimentale. La mostra, articolata in quattro sezioni tematiche è particolarmente attenta alle fonti iconografiche e letterarie ed offre una ricca documentazione sui vini e sul loro approvvigionamento, sul banchetto e sul simposio (foto). A corredo dell’intero percorso vi sono due sale espositive in cui sono stati ricreati scenari suggestivi e sensoriali: un fondale marino con resti del carico di una nave da commercio di epoca etrusca ed una sala tricliniare di epoca romana. Di particolare bellezza degli imponenti calici micenei provenienti da Rodi che ci riportano nelle mense dei grandi principi dei poemi omerici, che al pari dei loro eredi erano già legati al culto del vino e con questo brindavano per suggellare patti e alleanze, festeggiare vittorie e celebrare riti funebri. Indimenticabile la figura del Pelide, narrata dall’Iliade, che per tutta la notte sparge vino attorno alla tomba dell’amico Patroclo. La mostra, che si concluderà il prossimo 5 agosto, vanta anche un valore culturale aggiunto esponendo alcune creazioni particolarmente suggestive di due artisti italiani moderni fra i più importanti: Marino Marini e Giuliano Vangi. Materima è nata dalla ristrutturazione di un cascinale piemontese all’interno dell’oasi naturalistica del Parco delle Lame di Sesia. I lavori, durati quasi dieci anni, hanno recuperato la struttura originale esaltando particolari come la struttura del tetto in legno, le volte in mattoni a vista e le colonne che le sostengono. Info : www.materima.it. (B.C.)
24 luglio 2011

SERE D’ESTATE AL MUSEO NAZIONALE ETRUSCO E AL PARCO ARCHEOLOGICO – Marzabotto (BO).
Nella necropoli di Marzabotto, unica città etrusca interamente visitabile a nord degli Appennini, è di scena il Festival della Commedia Antica (v. depliant), promosso dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna, dalla Soprintendenza e dal Comune, in collaborazione con Provincia di Bologna e il Parco Storico Naturalistico di Monte Sole. L’obiettivo non è solo quello di far conoscere un sito archeologico di straordinaria importanza scientifica e di grande bellezza, ma anche di portare in regione l’antica letteratura greca, dimostrandone l’attualità e la sostanziale modernità. La seconda edizione del Festival (il depliant) propone un cartellone di assoluto interesse nel panorama del teatro classico estivo con nove appuntamenti, in cui si alternano musica, teatro, danza e tre divertenti serate con Giorgio Comaschi (15, 22, 28 luglio) che con L’Etrusco uccide ancora”ha espressamente creato un invito a cena con delitto”dedicato al Museo e al mondo etrusco, coinvolgendo tre ristoratori del territorio che realizzeranno una cena etrusca. Nella pièce persino l’esordio on stage della direttrice del museo, Paola Desantis, che interpreterà sé stessa. Con la collaborazione dei Teatri di Pietra e dei Due Mari il Festival porta in scena : Cassandra da Seneca, Eschilo, Euripide, Il Ciclope di Euripide ed Edipo o della colpa da Sofocle e Seneca. Il 27 luglio quattro giovani attori della Scuola di Teatro Galante Garrone di Bologna, accompagnati dal sax di Claudio Carboni e dagli strumenti medievali e orientali di alcuni componenti del gruppo Musica Officinalis, leggeranno le cronache della Caduta di Costantinopoli lasciate da tre superstiti del grande assedio, testimonianza dell’orrenda strage del 1453. La rassegna si dipana nella cornice ideale disegnata dal Parco Archeologico, dalla Necropoli orientale e dal Museo Nazionale Etrusco di Marzabotto. Il biglietto per gli spettacoli dà diritto all’ingresso gratuito al museo e agli scavi, che per l’occasione rimarranno aperti fino alle 21. In queste aree archeologiche, dice il Soprintendente Gambari, è nato il grande commediografo latino Tito Maccio Plauto e proprio alla civiltà etrusca possiamo attribuire con certezza la figura di probabili attori mascherati, phersu, che daranno il nome prima alle maschere latine, personae, e, poi, alle odierne parole persona e personaggio. Info : 051 932907 – www.comune.marzabotto.bo.it(B.C.)
10 luglio 2011

DA FIRENZE A SHANGHAI A PECHINO
Shanghai – E’ partita dallo Shanghai Museum la maratona dei capolavori provenienti dagli Uffizi. 82 capolavori esposti in cinque grandi Musei cinesi per una durata complessiva di 18 mesi. Il progetto della mostra (From the Collections of the Uffizi Gallery. The Genres of Painting: Landscape, Still Life & Portrait Paintings ) è nato dalla collaborazione di due grandi società specializzate in esposizioni itineranti, la Contemporanea Progetti di Firenze e la China Italy Museum League Culture Media, con il contributo del Direttore Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale al MIBAC, Mario Resca, e della Soprintendente per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, Cristina Acidini.L’evento vuole essere un’occasione  di scambio culturale con un popolo antichissimo e da sempre affascinato dalla cultura e dall’arte occidentale. Le opere scelte, che raccontano l’espressione figurativa italiana ed europea dalla fine del XV  alla seconda metà del XX secolo, sono esposte in tre sezioni tematiche : Paesaggio, Natura morta e Ritratto.  Fra le opere in esposizione spiccano per notorietà l’Adorazione dei Magi del Botticelli, la Venere della pernice di Tiziano(foto) e la Leda e il cigno del Tintoretto. I visitatori cinesi hanno l’opportunità rara di ammirare dal vivo i grandi autori italiani e fiorentini come Guercino, Canaletto, Bartolomeo Bimbi e Giacomo Balla, solo per citarne alcuni dei più famosi. In occasione della mostra, numerosi sono stati gli interventi di conservazione e di restauro. Inoltre, un importante lavoro di ricerca ha portato anche alla scoperta di nuove attribuzioni che hanno arricchito l’archivio della Soprintendenza. Da Shanghai la mostra proseguirà il suo itinerario in altre tre grandi metropoli cinesi, Shenyang, Guangzhou, Chengdu, per terminare il suo viaggio a Pechino, in piena estate, il 2 agosto. Info : www.uffizichina.com(B.C.)
26 giugno 2011

CON  i-MiBAC Voyager VIAGGIO VIRTUALE NELLA ROMA DI  COSTANTINO
Roma – Da oggi all’applicazione gratuita per l’iPhone 3GS/4G, con cui è possibile ricostruire virtualmente – in 3D ed in tempo reale – il Foro Romano dell’età costantiniana mentre si passeggia all’interno dell’area archeologica, si aggiunge anche quella per l’iPad. i-MiBAC Voyager, in pratica, utilizza la cosiddetta “realtà aumentata”, sovrapponendo, tramite un dispositivo mobile, più livelli di informazione ad uno scenario reale. L’applicazione, spiegano al Ministero, può essere utilizzata in due modi, il primo, in loco, con il supporto GPS che allinea la posizione della camera virtuale con quella dell’utente nel mondo reale. La seconda modalità, proseguono, consente di accedere a tutti i contenuti in qualsiasi luogo si trovi l’utente, controllando manualmente la camera virtuale attraverso i pulsanti dell’interfaccia. L’applicazione, cioè, è utilizzabile anche “off-line”. Per veder i Fori com’erano all’epoca di Costantino è sufficiente avviarla – magari comodamente seduti sul divano di casa propria – spostandosi in modo virtuale usando i tasti di spostamento presenti sullo schermo anziché i movimenti reali del corpo. Voyager per riconoscere la posizione ed il punto di vista dell’utente utilizza il GPS, la bussola elettronica e gli accelerometri dei terminali iPhone/iPad, consentendo una navigazione molto semplice ed intuitiva. Basta solamente puntare l’iPhone o l’iPad verso un monumento per godersi la nuova esperienza virtuale. In sostanza, si tratta di una evoluzione in 3D delle vecchie audioguide turistiche prodotta da Illusionetwork, grazie alla collaborazione di una equipe di studio molto qualificata. Al progetto promosso dal Mibac, infatti, hanno collaborato il CATTID (Centro per le Applicazioni della Televisione e delle Tecniche di Istruzione a Distanza) dell’Università di Roma, la Sapienza, e la società Artchivium. La Illusionetwork è una società di progettazione e sviluppo di videogiochi di terza generazione, specializzata in  tecnologie per il 3D e architettura virtuale. Capace, cioè, di far rivivere il passato attraverso gli strumenti del futuro, spianando così la strada ad un cambiamento epocale di mentalità. Il download dell’applicazione è disponibile tramite l’AppStore o iTunes. i-MiBAC Voyager, a breve, dovrebbe espandersi in altre importanti aree geografiche con pacchetti dedicati. Info : www.illusionetwork.com(B.C.)
12 giugno 2011

EDIARCHE’, L’EDITORIA E IL GIORNALISMO PER LA TUTELA DEI BENI CULTURALI – Roma – Si è conclusa in questi giorni a Roma, nella sede del Museo Nazionale Preistorico Etnografico Pigorini, la seconda edizione di Ediarché, il Salone dell’Editoria archeologica, manifestazione culturale promossa dalla Ediarché-Editoria per l’Archeologia Srl e patrocinata dalla SAIA-Scuola Archeologica Italiana di Atene, dal DAINST-Istituto Archeologico Germanico e dall’ÉCOLE Française de Rome. Protagonista della manifestazione l’editoria e il giornalismo per la tutela dei beni culturali, in particolare archeologici. Cuore della manifestazione, infatti, è stata proprio l’esposizione e la vendita di pubblicazioni di archeologia, antropologia e storia antica all’interno degli stand espositivi, oppure nella Biblioarché, la Libreria in Comune, che raccoglie i prodotti editoriali più significativi e le novità delle case editrici specializzate. Quest’anno si è registrata anche la presenza di ben 19 enti pubblici che hanno proposto i propri volumi. Il percorso espositivo si è snodato lungo uno scenario suggestivo creato con reperti e immagini messi a disposizione dallo stesso Pigorini. Il filo conduttore della manifestazione è sempre quello della prima edizione, mettere l’archeologia e la nostra storia antica alla portata di tutti. Sono state organizzate presentazioni di libri, tavole rotonde a tema, laboratori didattici per bambini e adulti, lezioni universitarie e conferenze sull’archeologia, l’antropologia, la storia antica e il cinema archeologico. Inoltre sono state organizzate visite guidate gratuite al Museo Etnografico. Di particolare interesse un incontro internazionale di studio, promosso dalla Soprintendenza al Museo Pigorini in collaborazione con Ediarché Srl, e curato dallo stesso Soprintendente La Rocca, incentrato sul confronto tra archeologia e antropologia nei rapporti fra sacro e profano. Gli specialisti si sono misurati in sei diversi ambiti: luoghi, tempi, scopi e gesti, operatori, immagini e oggetti del sacro. Il soprintendente si è soffermato sugli aspetti archetipici del sacro, che possono essere individuati, nello loro molteplici manifestazioni, attraverso l’indagine etnografica e la ricerca archeologica. Grande afflusso al workshop sulle ville romane, metafora dell’ideologia e dell’autorità imperiale. L’ambizione è quella di porsi come un vero e proprio punto di riferimento per gli studiosi e gli appassionati. Info : 06.710561 – www.ediarche.it. (B.C.)
22 maggio 2011

GOGLE ART, I MUSEI DEL MONDO IN UN CLICK Google approda al mondo dell’arte. Adesso conArt Project è possibile visitare alcuni dei musei più prestigiosi di tutto il mondo con un semplice click. Il progetto è stato realizzato da Google con il contributo del Ministero dei Beni culturali e dell’azienda Mountain View. Per il Mibac si tratta della terza volta. Infatti aveva già collaborato con Google per la digitalizzazione di un milione di volumi dalle Biblioteche nazionali di Roma e Firenze (Google Books) e per la mappatura delle principali aree archeologiche italiane (Street view). Adesso, collegandosi all’indirizzo : www.googleartproject.com,si può fare un vero e proprio tour virtuale. Ma non solo. Selezionando le opere di interesse si possono avere ulteriori informazioni.Il riquadro informativo permette di saperne di più sul dipinto, trovare altre opere dello stesso artista e vedere i video YouTube ad esso correlati.Art Project è il frutto della collaborazione di Google con 17 musei d’arte, in prima fila la Galleria degli Uffizi, il museo più anticodell’Europa moderna, creato nel cuore di Firenze per accogliere le raccolte d’arte dei Medici. Presto alla galleria on-line se ne aggiungeranno molti altri. Grazie alla nuovissima tecnologia “per interni” di Street View sono disponibili oltre 1000 immagini in alta risoluzione. Le opere che fanno parte del progetto spaziano dalla Nascita di Venere del Botticelli (vedi foto)– icona degli Uffizi – a No Woman, No cry di Chris Offili. E ancora: i soffitti della Reggia di Versailles, i templi Egizi e una collezione mondiale che va da Whistler a Rembrandt. In totale, sono presenti opere di 486 artisti di tutto il mondo.Queste immagini sono state poi montate in modo da offrire una navigazione scorrevole in oltre 385 sale, come se ci si trovasse realmente all’interno gli edifici. Gli interni delle gallerie sono visibili anche su Google Maps con il servizio Street View.Ogni museo mette a disposizione anche un’opera in “gigapixel”, cioè in altissima risoluzione, tanto da poter rendere visibili quei particolari che l’occhio umano, da solo, non riesce a cogliere, come pennellate e patina. Il sistema, inoltre, consente agli utenti di salvare specifiche porzioni di immagine per ciascuna delle 1000 opere disponibili e di creare così una propria collezione personale.Possono essere aggiunti commenti ad ogni dipinto e l’intera collezione può essere condivisa con chi si desidera.L’accesso è gratuito.(B.C.)
15 maggio 2011

MELOZZO E L’UMANA BELLEZZA. CAPOLAVORI A CONFRONTO – Forlì Una personale ricerca della bellezza della figura umana, in grado non solo di possedere lo spazio in cui si colloca, ma anche di imporsi come canone di una perfezione formale su tutto il creato. Proprio su questa base Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, ha potuto affermare che “senza Melozzo difficilmente si spiegherebbe Raffello”. Ed è proprio in questo contesto che si è cercato di restituirlo alla sua dimensione più autentica con la mostra forlivese dei Musei San Domenico, promossa dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì in collaborazione con il Comune, e curata da Antonio Paolucci, Daniele Benati e Mauro Natale. Melozzo da Forlì. L’umana bellezza tra Piero della Francesca e Raffello praticamente espone tutte le opere “mobili” dell’artista, riunendo anche i pochi affreschi che sono rimasti del colossale ciclo – purtroppo distaccato – creato per l’abside della Chiesa dei Santi Apostoli a Roma, come gli Apostoli ed i bellissimi Angeli musicanti (vedi foto), disperso tra Musei Vaticani e Quirinale. La mostra propone anche il suo capolavoro, l’affresco monumentale “Sisto IV nomina Bartolomeo Platina Prefetto della biblioteca apostolica”, per molto tempo attribuito a Piero della Francesca, che esce per la prima volta dai Musei Vaticani. Siamo nel 1475. Il Papa della Rovere, che fra un anno chiamerà i fiorentini e gli umbri ( Ghirlandaio, Perugino, Botticelli, Signorelli ) ad affrescare la Sistina, affida all’affresco di Melozzo il valore di un vero e proprio manifesto politico. E Melozzo per primo, con linguaggio raffinato, erige la forma della pittura “vaticana”, la stessa che in seguito sarà soprattutto di Raffaello. Un percorso che gli valse l’appellativo di Pictor Papalis. La mostra inoltre propone alcuni capolavori dei grandi da cui il maestro trasse insegnamenti e suggerimenti, dal Mantegna al Bramante, o che frequentò nella Roma pontificia, come il Beato Angelico. Proposte anche molte opere di artisti che si ispirarono al maestro forlivese, come il suo allievo migliore Marco Palmezzano, oltre ad un nucleo strepitoso di capolavori di Raffaello. Insomma, una carrellata di grandi interpreti per tratteggiare uno dei momenti più felici della nostra storia dell’arte. Il catalogo della mostra, che si potrà visitare sino al 12 giugno, è pubblicato da Silvana Editoriale. Info : 199 75 75 15 – www.mostramelozzo.it(B.C.)
30 aprile 2011

150 ITALIAMOBILE. IL 21 APRILE L’APPLICAZIONE E’ GRATUITA -Nasce una nuova applicazione istituzionale per smartphone legata all’Unità d’Italia, ai luoghi e ai protagonisti di questa nostra storia appassionante, 150 Italiamobile. Il progetto, ideato e coordinato da Artchivium, è stato realizzato nell’ambito delle celebrazioni per l’anniversario grazie al contributo della Presidenza dei Consiglio dei Ministri, del Ministero dei Turismo e di quello dei Beni culturali. Voluto per avvicinare i cittadini alle vicende dell’Unità e agli eventi legati alle celebrazioni, in programma per tutto il 2011, 150 Italiamobile grazie alla sua intuitività è di facile utilizzo (esempio). La nuova applicazione permette di orientarsi agevolmente all’interno delle varie sezioni che la compongono. Un percorso visivo che, attraverso le immagini di luoghi, monumenti, dipinti e documenti che scorrono sul display propone il racconto degli eventi storici che portarono all’Unità, con la possibilità di individuare quei luoghi in una mappa georefenziata integrata da contenuti altamente interattivi.Il 21 aprile, in occasione del Natale di Roma, l’applicazione si potrà scaricare gratuitamente dal proprio smartphon.Tutti i contenuti e gli itinerari saranno disponibili anche online sul portale nazionale del turismo ltalia.it. e sul sito ufficiale per le Celebrazioni ltaliaunital50.it.Il progetto Artchivium nasce dall’incontro fra arte e digitalizzazione, tra studio e condivisione web.La doppia vocazione si concretizza nella pubblicazione in rete delle informazioni ricavate da quei documenti d’archivio – editi e inediti – che non sono facilmente reperibili e nello studio archivistico vero e proprio.In particolare, Artchiviumha concentrato la propria attenzione sulle gallerie ex fedecommissarie romane, divenute dalla fine dell’Ottocento musei pubblici.Ricostruire la storia delle opere “ex fedecommissarie” e le loro vicende collezionistiche – si legge sul sito della società – vuol dire recuperare la testimonianza tangibile delle trasformazioni di gusto, di interesse e di coscienza critica nella cultura artistica italiana.Un lavoro multidisciplinare, i cui risultati confluiscono in una bancadati informatizzata fruibili liberamente on-line.Artchivium, fra l’altro, sta realizzando per conto dei Beni culturali il progetto i-MiBAC, il primo del genere in Italia, per la realizzazione di un portale mobile di applicazioni tematiche in multipiattaforma, già parzialmente attivo.Info : www.artchivium.com(B.C.)
17 aprile 2011

NUOVO TOUR VIRTUALE SU STREET VIEW – Nuove bellezze storico-artistiche si aggiungono al patrimonio già visitabile su Street View con il servizio integrato di Google Maps che consente di navigare a 360° per le strade e nei siti d’interesse di tutto il mondo. Le immagini sono state raccolte nei mesi passati grazie al Google-trike, una sorta di triciclo dotato di apposite apparecchiature che permettono di scattare foto panoramiche a 360°. Il trike ha percorso in lungo e in largo luoghi non accessibili alle automobili, come i siti archeologici più belli di Roma, vicoli medievali e giardini di ville e residenze storiche. Le immagini, poi, sono state elaborate e oggi sono visibili su Google Street View.Grazie al supporto dei Beni Culturali, il trike ha potuto accedere per la prima volta all’interno di aree archeologiche (esempio 1) come: i Fori Imperiali, il Colosseo, il comprensorio dell’Appia Antica e le Terme di Diocleziano (esempio 2). Ma non basta. Adesso sono entrate a fare parte della raccolta di Street View anche le dimore storiche come i giardini della Venaria Reale di Torino, oltre al centro storico di Firenze (Piazza della Signoria, Piazza del Duomo, Ponte Vecchio) e altre antichissime piazze italiane.Queste meraviglie (v. tab.) si aggiungono agli altri “luoghi simbolo” visitati dal trike all’estero come il Castello di Chenonceau in Francia e i Giardini Botanici Reali di Kew nei pressi di Londra.Tutti visibili all’interno della Street ViewGallery,nella sezione Patrimonio dell’Umanità.Street View- ha dichiarato Stefano Maruzzi, Country Director di Google Italy- è uno dei progetti che abbiamo il piacere di portare avanti con la Direzione Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale del Mibac.E’ anche la prova – ha proseguito – dell’impegno che da tempo Google pone nei riguardi di attività che si traducono nella valorizzazione del territorio italiano attraverso la nostra tecnologia. Le innovative tecnologie di ricerca di Google consentono a milioni di persone in tutto il mondo di accedere quotidianamente alle miriadi di informazioni (lista siti italiani) disponibili su web. Fondata nel 1998 da due studenti della Stanford, Larry Page e SergeyBrin, Google è oggi uno dei più importanti domini web in tutti i principali mercati del mondo.(B.C.)
10 aprile 2011

IL TESORO DI SPILAMBERTO. SIGNORI LONGOBARDI ALLA FRONTIERA Siplamberto (MO) – All’alba del Medioevo, quindici secoli fa, una piccola colonia di guerrieri Longobardi si insedia con le proprie famiglie sulla riva dell’antico Scultenna. Una mostra racconta come vissero e morirono questi primi Longobardi di Spilamberto grazie al ritrovamento della loro necropoli, scoperta nel 2003 nei pressi del fiume Panaro. La mostra, Il Tesoro di Spilamberto. Signori Longobardi alla frontiera, è promossa da Comune di Spilamberto e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici. Nei primissimi tempi dell’invasione, i Longobardi si spingono nel cuore dell’Emilia-Romagna, conquistando Parma, Reggio e Modena ed attestandosi con piccoli insediamenti di carattere militare sulla linea del Panaro e del Secchia. In questo difficile contesto, tra il 570 e 590, si colloca la vicenda dei primi Longobardi di Spilamberto, che oggi possiamo raccontare, almeno in parte, grazie alla recente scoperta della loro necropoli. Nelle città i nobili guerrieri occupano le dimore signorili e i palazzi superstiti mentre il resto della popolazione ricava modeste case nelle antiche domus romane. Nelle campagne, come a Spilamberto, piccole comunità si insediano nelle fattorie di età romana o in nuovi villaggi di capanne. Non conosciamo le loro case ma solo i loro cimiteri. Le pratiche funerarie e i reperti delle sepolture – alcuni dei quali di altissima qualità e di indubbio valore simbolico – hanno consentito di avere un’idea della loro cultura, della loro vita quotidiana e di intravedere le relazioni che intrattenevano con le popolazioni romane, al di qua e di là del confine. I guerrieri furono seppelliti in modo assai semplice, con le armi individuali (spada, lancia e scudo) che nella tradizione germanica connotavano l’uomo libero e combattente. I corredi delle numerose tombe femminili, invece, più ricchi (fibula) e complessi, testimoniano l’assimilazione non recente di costumi e gusti bizantini, ma anche la comunanza culturale con altre nazioni barbariche. Tra i reperti, resi ancora più suggestivi dalla grafica ricostruttiva, spiccano i filamenti in oro di un tessuto di broccato che probabilmente velava il volto di una giovane defunta, un raffinato corno potorio in vetro e una rarissima sedia pieghevole in ferro (sella plicatilis) decorata con agemina in ottone a motivi geometrici. Un ritrovamento che, per l’integrità e la varietà culturale dei reperti, fa di Spilamberto un luogo nodale per la storia della inquieta frontiera fra Langobardia e Romania. La mostra rimarrà aperta sino al 25 aprile. Info : 059.789.929 – 0522.532.094.(B.C.)
3 aprile 2011

ORI ANTICHI DELLA ROMANIA – Roma – Una vetrina degli antichi tesori della Romania, dall’età del bronzo al periodo bizantino, che testimonia il lontano rapporto della nostra storia e della nostra cultura con quei popoli. La stessa denominazione dello stato trae origine dall’aggettivo latino Romanus, romano. Comincia ad essere utilizzato ufficialmente solo nel XIX secolo, ma veniva usato da alcuni autori già nel XVI. L’esposizione, allestita nei bellissimi Mercati Traianei, è stata curata dal direttore del Museo Nazionale di Storia della Romania di Bucarest, Ernest Oberländer-Târnoveanu e dalla responsabile del Museo dei Fori Imperiali nei Mercati di Traiano, Lucrezia Ungaro. Per la prima volta è stato portato in Italia un nucleo consistente degli antichi tesori romeni in cui risaltano gli oggetti prodotti dai Daci, la popolazione resa celebre dalla conquista dei Romani guidati dall’imperatore Traiano, all’inizio del II secolo d.C. La mostra (locandina della mostra) espone 140 oggetti provenienti in gran parte dal Tesoro Nazionale conservato nella Sala degli Ori del Museo Nazionale di Storia di Bucarest. I reperti  coprono un arco cronologico molto ampio, dal XVII secolo a.C. al VI secolo d.C., e sono particolarmente interessanti per le loro molteplici destinazioni d’uso. E’ possibile ammirare la preziosissima collana di Hinova del XII secolo a.C., proveniente dal più ricco tesoro protostorico, ma di fattura incredibilmente moderna; i famosi bracciali spiraliformi di Sarmizegetusa (la capitale della Dacia conquistata da Traiano), realizzati nel II-I secolo a.C. e recuperati di recente dopo il loro trafugamento, che vengono prestati per la prima volta ad un museo estero dal governo romeno e molto altro ancora. In mostra anche una discreta porzione degli stateri d’oro rinvenuti nella capitale della Dacia, con il nome del re Koson scritto in lettere greche. Queste monete, datate alla metà del I secolo a.C., rappresentano l’unico caso in tutta la produzione numismatica dacica nel quale compare il nome dell’autorità emittente. Roma non ospitava una mostra dedicata all’antica Dacia – territorio che il processo di romanizzazione trasformò in una vera e propria isola “romana” nel cuore dei balcani – dai primi settanta. La mostra, promossa dal MAE e dal MIBAC in collaborazione con il governo romeno, si potrà visitare sino al 3 aprile. Info :  060608. (B.C.)
20 marzo 2011

IL 17 MARZO APERTURA GRATUITA NO STOP DEI MUSEI ITALIANI PER FESTAGGIARE IL 150° ANNIVERSARIO DELL’UNITA’. NASCE IL MUSEO NAZIONALE G. GARIBALDI – Il Comitato Interministeriale per le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia ha deciso di festeggiare la ricorrenza storica della sua proclamazione – il 17 marzo, dichiarato festa nazionale dalla legge 100/2010 (art. 7 bis) – con un’apertura gratuita no stop di tutti i musei italiani. “Lo spirito – ha dichiarato il ministro Bondi, che fra l’altro presiede il Comitato –  è quello di offrire ai cittadini, e in particolare ai più giovani, un’opportunità per riflettere sul senso e la ragione della nostra comunità nazionale proprio nei luoghi che ne custodiscono le radici (…)”.L’obiettivo di fondo  è quello di recuperare la memoria storica dei luoghi e per questo il Mibac  sta lavorando già da diversi anni al progetto dedicato, I luoghi della memoria, appunto. “E’ evidente che in un Paese con una geografia e una storia così strettamente interrelate, i luoghi e la loro specificità culturale, politica e istituzionale, hanno un peso specifico ineludibile”, come ha sottolineato a suo tempo lo stesso Comitato dei Garanti. In pratica, si sta lavorando ad una mappatura che incroci l’importanza di ciascun luogo nel processo di unificazione nazionalecon la dimensione  storico-culturale, legata alla memoria, quella più vissuta e più vera. Lo scorso anno Il Comitato dei Garanti ha persino individuato i parametri per fare l’elenco degli interventi prioritari. E lo scorso gennaio Il Comitato per le Celebrazioni ha presentato ufficialmente il Progetto di restauro del Forte Arbuticci, che sorge nell’isola di Caprera, non lontano dalla casa dell’Eroe, dove sarà allestito il Museo Nazionale Giuseppe Garibaldi (foto).L’iniziativaè sostenuta dallo Stato e in parte dalle Fondazioni di origine bancariaAcri con un contributo pari a oltre il 30% dell’intervento.Il termine dei lavori è previsto per il prossimo ottobre, ma iniziative culturali legate alla memoria di Garibaldi saranno svolte fin dal prossimo 4 luglio.L’intervento complessivo -comprensivo del nuovo allestimento museale, della sistemazione stradale dell’accesso all’area che si trova a 150 metri di altezza, delle iniziative dell’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago de La Maddalena sulle attività sviluppate dall’Eroe in ambito agricolo e ambientale – ammonta a circa 6 milioni di euro.In questo modo, fra l’altro,si potrà inglobare in un unico contesto anche il Museo della Casa di Garibaldi, meta di circa centomila visitatori ogni anno.Info www.italiaunita150.it(B.C.)
06 marzo 2011

ETRUSCHI, IL FASCINO DI UNA CIVILTA’ – Porcari (LU) – Abitudini di vita quotidiana, oggetti, gioielli, anche urne, porcellane, incensiere, bronzi, anfore, armi, che trovano spazio in suggestive ambientazioni grazie a plastici e modelli in scala che ricostruiscono i templi, le abitazioni e le tombe. Questa in poche battute Etruschi, il fascino di una civiltà, la mostra ospitata dal Palazzo di Vetro a Porcari che intende raccontare l’eccellenza del popolo etrusco, la prima grande civiltà sorta in Italia, proprio in Toscana. La mostra, curata dalla Fondazione Giuseppe Lazzareschi di Porcari e dalla Fondazione Antica Zecca di Lucca in collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale di Firenze, che ha carattere didattico e non pretende di essere esaustiva, oltre dare uno spaccato della quotidianità di questa antica civiltà, sempre affascinante, offre anche una sezione molto interessante dedicata ai ritrovamenti sul territorio (foto), molti dei quali vengono esposti al pubblico in anteprima assoluta. Numerosi anche i volumi della Biblioteca Statale di Lucca che testimoniano la “Fortuna degli Etruschi”, ovvero la riscoperta dell’interesse e della passione per questo antico e sapiente popolo, avvenuta, dopo un millenario oblio, ad opera degli studiosi e intellettuali a partire dal XVIII secolo. L’evento, reso possibile grazie al contributo, fra gli altri,  della Cassa di Risparmio di Lucca, Pisa, Livorno e della Fondazione Banca del Monte di Lucca, ha ottenuto anche il patrocinio della Regione Toscana e dei comuni di Porcari, Lucca, Capannori e Altopascio. La mostra che si potrà visitare sino al 27 marzo è accompagnata da un ben nutrito calendario di appuntamenti culturali fra cui la conferenza dell’archeologo Giulio Ciampoltrini “Gli Etruschi di Porcari e della Piana di Lucca” e un incontro con il direttore della Soprintendenza Archeologica di Roma, Fiorenzo Catalli, dedicato alle monete degli Etruschi, presso la Fondazione Antica Zecca di Lucca. Il ciclo di incontri si concluderà il 4 marzo con uno spettacolo di danza contemporanea ispirata a musiche etrusche con le coreografie di Rosella Musetti. L’ingresso è libero. Info : 0583 298163 – www.fondazionelazzareschi.it. (B.C.)
27 febbraio 2011

RIAPERTA LA CASA DELLE VESTALI – Roma – Uno dei gioielli del Foro romano ritorna agli antichi splendori: dopo venti anni e importanti lavori di restauro è statarestituita alla citta’ la Casa delle Vestali, che si trova la’ dove la piazza del Foro romano comincia a salire verso il Palatino, tra la via Nova e la via Sacra, dietro al Tempio di Vesta.Nelle settimane scorse è stato inaugurato l’itinerario denominato via Nova, che va dall’atriumVestae fino all’inizio del Clivo Palatino. Il tracciato stradale, visibile sulla pendice Nord-Occidentale del Palatino (foto), viene comunemente ricondotto alla pianificazione urbanistica successiva all’incendio del 64 d.C., ma potrebbe anche essere precedente.Il nuovo percorso si inserisce nell’ambito del programma di valorizzazione del patrimonio del Foro romano da parte della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, sostenuto dall’azione del Commissario delegato alle aree archeologiche di Roma e Ostia antica, Roberto Cecchi.I lavori hanno riguardato un’estensione di 4.085 metri quadri. Le opere di restauro e manutenzione sono state finanziate con i fondi Arcus e con quelli della programmazione ordinaria 2010 della Soprintendenza. Il primo intervento ha avuto come obiettivo la riapertura dell’AtriumVestaee del percorso di collegamento con la soprastante Via Nova.L’importanza della Casa è data dal fatto che si trova dietro al Tempio di Vesta dove era custodito il fuoco sacro della dea protettrice della comunità e simbolo dell’eternità di Roma. Ospitava le sacerdotesse dalla loro iniziazione,che avveniva intorno ai dieci anni.Dopo aver custodito il sacro fuoco per  trent’anni si potevano sposare, ma durante il loro ministero avevano l’obbligo della castità e se lo infrangevano venivano sepolte vive.Andrea Carandini,presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali – che ha illustrato i lavori (foto 2) dall’alto della sua grande competenza dettata  dall’esperienza ventennale di scavo lungo la via Sacra – la definisce “la perla più bella nella collana del Palatino”. Lo stesso Cicerone nel De Divinatione(44 a.C.)rende omaggio alla sacralità del sito e le sue parole oggi le ritroviamo in bella vista nell’AtriumVestae. Prossima riapertura in programma  quella della “Rampa Domizianea”, chiusa  dall’inizio del Novecento .Info e prenotazioni : 06 39967700 – www.060608.it(B.C.)
13 febbraio 2011

I FATTI D’ARME CHE FECERO L’UNITA’ D’ITALIA – Firenze – La Galleria dei Medici è diventata un campo di battaglia.  Gli eserciti che fecero la storia dell’Italia fino alla fine di gennaio hanno occupato lo spazio espositivo per raccontare la storia del nostro Paese. Un riguardo particolare è stato riservato al contributo dato all’unificazione dai toscani con il plastico della battaglia di Curtatone e Montanara (29 maggio 1848), capace di mettere in evidenza l’enorme divario di forze in campo tra tosco-napoletani e austriaci. Presenti anche la guerra di Crimea con la Carica di Balaclava e lo scontro della Cernaia, la Battaglia di Palestro (31 maggio 1859) e quella di Calatafimi (15 maggio 1860). Addio mia bella addio. Da Curtatone a Calatafimi, i fatti d’arme che fecero l’Unità d’Italia prosegue fino al 17 marzo nelle antiche sale delle biblioteche Riccardiana (nella foto) e Moreniana, con l’esposizione di una ricca documentazione sui figurini, uniformi, cimeli risorgimentali, giornali e volumi d’epoca.  Documenti conservati dalle biblioteche e dai fondi Fucini, Basevi e Zannetti. Il comando provinciale della Guardia di Finanza – che ha pubblicato una storia del Corpo, dalle origini nel Granducato fino all’unificazione, portando alla luce importanti documenti – ha messo a disposizione i figurini che riproducono per la prima volta i finanzieri granducali. La mostra rientra nelle manifestazioni per celebrare il 150° anniversario dell’Unità nazionale ed è stata organizzata dalla Provincia di Firenze e dall’associazione Cantiere della Memoria che hanno messo a diposizione i plastici, animati da migliaia di figurini che ricostruiscono le battaglie più significative, dalla prima guerra di indipendenza alla spedizione dei Mille, con l’importante contributo dell’Associazione Fiorentina Battaglie in Scala (AFBIS) e dell’associazione di modellisti La Condotta, che raccoglie pezzi unici a livello internazionale. I figurini storici sono dei soldatini realizzati secondo i criteri dell’archeologia ricostruttiva in scala. Fra i contributi provenienti dalle collezioni italiane più importanti anche i figurini piatti “Norimberga” e i celebri Xiloplasto, prodotti nel 1961 per commemorare il primo centenario dell’Unità. Info : 39 055 212586 – www.riccardiana.firenze.sbn.it(B.C.)
30 gennaio 2011

TEOTIHUACAN: LA CITTA’ DEGLI DEI – Roma – A Palazzo delle Esposizioni un viaggio antropologico per scoprire i segreti e la vita quotidiana della piu’ importante civiltà dell’antica Mesoamerica, Teotihuacan la citta’ degli Dei, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCOLa mostra, frutto di una convenzione tra il nostro ministero dei Beni Culturali con il Mexico – come ha dichiarato il sottosegretario Giro – e organizzata dall’Instituto Nacional de Antropologia e Historia, presenta opere in gran parte provenienti dal Museo di Archeologia di Città del Messico. “Il luogo dove gli uomini diventano dei”: questo è il significato della parola Teotihuacàn, il nome dell’antica città che oggi è il più importante sito precolombiano del Centroamerica, 40 chilometri a nord est della capitale dello stato sudamericano, un tempo una metropoli da 150 mila abitanti. Il nome di provenienza  náhuatl è legato al mito del Quinto Sole, racconto azteco precoloniale giunto sino a noi grazie al lavoro dei missionari che raccolsero e trascrissero miti e credenze indigene. La denominazione, infatti, venne attribuita dagli Aztechi solo secoli dopo la sua caduta. Molto prima dell’avvento della civiltà europea sul suolo americano, il rispetto per il suo nome si profuse in tutte le culture che occupavano quello che oggi è il Messico e parte dell’America centrale.  L’origine di Teotihuacan si fa risalire intorno al II secolo d.C. nella zona centrale del Messico, ove si stabilì e proliferò, fino a raggiungere la maggior parte dell’attuale Messico. La città degli dei raggiunse il culmine del suo splendore nel periodo compreso tra il 150 e il 450 d.C. Grazie alle testimonianze di grandi archeologi e antropologi  e all’esposizione di oltre 300 reperti viene offerta al pubblico una visione completa di questa grande civiltà precolombiana (II sec.-VII sec. d.C.), dalla vita quotidiana a quella sociale, politica e religiosa, sacrifici inclusi (foto maschera). I tunnel recentemente scavati all’interno della Piramide della Luna hanno messo in luce grandi offerte sacrificali deposte in occasione dei sette stadi di costruzione della piramide, tra il 100 e il 400 d.C. Le offerte includevano sacrifici umani e animali, oltre a centinaia di manufatti in pietra e ceramica. Il crollo di Teotihuacàn, che si verificò intorno al 700 d.C. e  tutto oggi rimane parzialmente inspiegato. Della  mostra, che si potrà vistare sino al 27 febbraio, è disponibile un dettagliato catalogo, a cura di Felipe Solís, edito da Skira. Info : www.palazzoesposizioni.it. (B.C.)
23 gennaio 2011

L’ARTE TI FA GLI AUGURI – Con l’anno appena arrivato il Mibac regala una nuova iniziativa gratuita agli appassionati della cultura, L’arte ti fa gli auguri, con l’obiettivo di fare buoni proseliti.Si tratta della prima promozione del 2011 che punta a confermare ed incrementare gli ottimi risultati ottenuti l’anno scorso in termini di aumento di visitatori e di incassi nei luoghi della cultura statali, dopo anni di trend negativo.Gli ultimi dati rilevati dall’Ufficio Statistica dei Beni Culturali,infatti, hanno registrato, da gennaio ad ottobre, un incremento del 15,5% dei visitatori e dell’8,73% degli incassi rispetto allo stesso periodo del 2009. Risultati, questi, frutto di una strategia comunicativa mirata che ha previsto, lungo il corso dell’intero anno, tutta una serie di “eventi promozione” che hanno riscosso il deciso apprezzamento del pubblico e che verranno riproposti anche nel 2011. Ritornerà quindi la Domenica di carta, con l’apertura straordinaria e gratuita di archivi e biblioteche statali, la Notte dei Musei in cui saranno aperti gratuitamente dalle 20.00 alle 2.00, laMusica nei Musei con i grandi concerti serali gratuiti in oltre 150 musei italiani, insieme a tutte le altre iniziative culturali della stagione scorsa. Con L’arte ti fa gli auguri per l’intero 2011 il Mibac offre a tutti cittadini italiani e dell’Unione Europea un ingresso gratuito in qualunque luogo dell’arte statale, nel giorno del loro compleanno.E’ sufficiente esibire la carta d’identità al botteghino. Nel caso in cui il compleanno coincida conil giorno di chiusura, l’ingresso omaggio sarà valido per il giorno successivo (la locandina dell’iniziativa). Le categorie già destinatarie di agevolazioni riceveranno un ingresso omaggio per un accompagnatore che non goda degli stessi benefici.Per sapere se il museo o il sito che abbiamo scelto rientrano nell’iniziativa e conoscere gli orari di apertura e le altre informazioni accessorie basta fare una rapida ricerca nella sezione dedicata (Luoghi della Cultura e agevolazioni per l’ingresso) sul sito del Mibac.La promozione rientra nel quadro delle iniziative messe in campo per celebrare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, con la convinzione, dicono al Ministero, che il nostro patrimonio culturale sia un forte collante nazionale e motivo di orgoglio patriottico.Info :www.beniculturali.it. (B.C.)
9 gennaio 2011

MYTHOLOGY, “SCANDALOSAMENTE PIRELLI 2011 – Un anno in compagnia degli dei, da Castore e Polluce a Dioniso e Ade, passando per Orfeo e Euridice. Trentasei scatti per raffigurare i miti e gli eroi dell’antica Grecia, firmati dal genio creativo di Karl Lagerfeld. Questo in estrema sintesi è Mythology, il Calendario Pirelli 2011 presentato in anteprima mondiale, a Mosca, sul palcoscenico dello storico teatro “Stanislavsky and Nemirovich-Danchenko”. Mythology riflette una delle passioni più radicate di Lagerfeld, quella per le leggende e la mitologia greco-romana, per il racconto dell’origine dell’uomo e del mondo. In un viaggio a ritroso nel tempo, attraverso il linguaggio universale della fotografia, Mythology ci riporta alle radici della civiltà classica, riavvicinando così la Pirelli al Vecchio Continente, dove iniziò la sua attività quasi 140 anni fa. Sembra proprio che il creativo tedesco abbia scelto l’Olimpo, con Hera e Zeus in testa, per immortalare i dodici mesi dell’anno, parlando di bellezza, libertà e sessualità. E Lagerfeld spiega anche perché ha scelto una mitologia senza inferno né peccato, né perdono. Bisogna tornare alla bellezza dell’antichità, ha dichiarato il fotografo-stilista a Mosca. Simone Weil diceva che Gesù discende direttamente da Prometeo. All’epoca fece scandalo. Io adoro le dee perché furono le prime donne liberate, avevano finalmente diritto a tutto. Così nei suoi scatti in bianco e nero propone la rappresentazione ideale della bellezza immortale con le modelle e gli indossatori più belli del mondo. L’attrice americana Julianne Moore veste i panni della dea Hera, Apollo invece è ritratto dal bellissimo Baptiste Giabiconi di lauro vestito. Tra le italiane ci sono anche Bianca Balti ed Elisa Sednaoui. La modernità della mitologia è nell’amore per la giovinezza, nel culto del corpo, nell’accettazione del desiderio senza punizione divina e nell’omaggio permanente reso alla Natura, spiega lo stilista. Insomma, un calendario dove l’erotismo cede il passo alla bellezza pura, come se a scolpire quei corpi di dei in bianco e nero fosse un architetto (una foto). Accostare la mitologia classica, sostengono in Pirelli, significa comprendere, attraverso le sue figure e forme memorabili, il significato di una civiltà e quanto di universale e atemporale ha saputo trasmetterci. (B.C.)
26 dicembre 2010

Il  2010 ormai volge al termine e la rubrica dedicata alle attualità culturali tornerà con l’anno nuovo, dopo l’Epifania. A tutti  gli internauti un cordiale augurio di buone feste.
Barbara Civinini

1861, DIETRO LE QUINTE DI UNA STORIA POPOLARE – Roma – La storia della nostra Guerra d’Indipendenza riletta attraverso la pittura popolare degli artisti-soldato e non solo. Questo in poche battute il senso della bella mostra 1861.I pittori del Risorgimento ospitata dalle Scuderie del Quirinale in occasione delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Una grande mostra che rilegge attraverso il linguaggio dell’arte il percorso storico che portò all’unificazione del nostro paese, tratteggiato non solo dalle grandi battaglie, da quella di Crimea alla Seconda Guerra d’Indipendenza, ma anche dai sentimenti del popolo e dai suoi volti. Così accanto alle opere monumentali dei pittori del Risorgimento che rappresentarono l’epopea bellica attraverso le sue grandi battaglie troviamo le tele dei pittori-soldato che hanno immortalato il dietro le quinte della nostra storia. Il cuore della mostra è rappresentato proprio dalle opere di questi artisti, lombardi, toscani e napoletani, come Eleuterio Pagliano, Federico Faruffini e Michele Cammarano, convinti patrioti che presero parte in prima persona a molte di quelle battaglie, e ne resero testimonianza attraverso una pittura esatta e fedele agli eventi, mai retorica e sempre attenta ai tanti risvolti umani della guerra (foto). Testimoni di una giovane arte italiana del tutto nuova rispetto all’accademia, rivoluzionaria anche nella forma. Rappresentarono il dietro le quinte dei soldati semplici, dei feriti curati grazie alle prime forme di assistenza, degli stessi nemici caduti, accomunati all’esercito piemontese nella tragedia della morte, come si può vedere nel capolavoro monumentale di Girolamo Induno  La battaglia della Cernaja,  del 1857. In tutto sono esposte una quarantina di opere dei maggiori artisti dell’epoca, da Francesco Hayez a Silvestro Lega. La mostra si chiude con i capolavori tardi di Giovanni Fattori, capofila livornese dei Macchiaioli – riuniti insieme per la prima volta – come Lo staffato e Lo scoppio del cassone che, a molti anni di distanza dall’Unità d’Italia, denunciano gli orrori della guerra e il sacrificio di tanti, quasi un monito per il nuovo impegno civile e morale: quello di essere, dopo tante sofferenze, finalmente italiani. Vengono proposti anche una serie di approfondimenti con incontri, concerti e proiezioni. Per i più giovani, dai 7 agli 11 anni, invece è in programma, ogni fine settimana, il Laboratorio “Giro d’Italia” sulla storia del Risorgimento (Prenotazioni al : 06.39967500). La mostra si potrà visitare sino al 16 gennaio. Info :  www.scuderiequirinale.it(B.C)
19 dicembre 2010      

SOTTO LA STAZIONE DELL’ALTA VELOCITA’ UN “CIMITERO DI MALEDETTI” – Bologna –Sotto le Due Torri in mostra un mistero antichissimo e oscuro. Il Museo di Antropologia di Bologna espone un discreto campionario di scheletri di epoca romana e altomedievale che attestano pratiche e rituali funerari non convenzionali, rivelando un complesso rapporto dell’uomo con la morte. I poveri resti sono emersi durante gli scavi per la modernissima stazione dell’Alta velocità di Bologna Centrale, in via Carracci. Sono quasi sempre maschi, giovani adulti di età compresa tra i 25 e i 35 anni, gli arti orrendamente mutilati, i crani asportati o trafitti da chiodi, i corpi sepolti faccia a terra, spesso legati, parzialmente cremati o devastati in modo cruento. Gli antropologi dell’università di Bologna e Ferrara, che stanno studiando il problematico caso, le chiamano “sepolture anomale”.Gli scavi hanno riportato alla luce circa duecento sepolture di cui una quarantina “anomale”. Proprio queste presentano un interesse antropologico. “Hanno caratteristiche sconosciute nel mondo romano”, spiega Maria Giovanna Belcastro, curatrice della mostra, antropologo-fisica dell’Alma Mater Studiorum, Università di Bologna. Questi rinvenimenti – dicono al Dipartimento di Biologia Evoluzionistica Sperimentale dell’Università di Bologna – possono essere interpretati alla luce delle diffuse credenze che il defunto non fosse definitivamente morto e che potesse stabilire un inquietante rapporto con il mondo dei vivi che ha alimentato, in tempi storici, il folklore sui vampiri o revenantes: da qui gli interventi sul cadavere volti ad impedirne il ritorno.  La necropoli dei reietti bolognesi, oltre tutto, è un’assoluta novità per l’elevata concentrazione di “sepolture anomale”. Sembra  quasi che queste persone avessero una colpa  da scontare. E per questo tutti i cadaveri vennero trattati in modo differente con strane pratiche post mortem, che hanno rivelato elementi simbolici a noi sconosciuti (foto). Gli esperti lavorano su pochi indizi: lo scheletro, i chiodi e il materiale di cui è composta la tomba. Il resto è difficile immaginarlo e probabilmente rappresenta un mistero che, al contrario dei resti trovati in via Carracci, è destinato a restare sepolto. La mostra ospitata presso il Dipartimento di Biologia Evoluzionistica Sperimentale dell’Università di Bologna si potrà visitare sino al 28 febbraio 2011. L’ingresso è gratuito. Info : 051 354190. (B.C.)
05 dicembre 2010

DOPO CENTO ANNI, ESPOSTI I TESORI DELLA MISSIONE ARCHEOLOGICA ITALIANA DI SCHIAPARELLI – Forlì – I segreti della vita quotidiana dell’antico Egitto, aldilà incluso, tornano alla luce dopo che il deserto li ha custoditi per 4.000 anni. Li scoprì il grande egittologo Ernesto Schiaparelli (1856 – 1928)  nelle necropoli di Assiut e Gebelein  durante la Missione Archeologica Italiana, che venne effettuata fra il 1908 e il 1920. A quell’epoca Schiaparelli era responsabile della Missione Archeologica Italiana, impegnata nelle campagne di scavo nella valle del Nilo, e direttore del Museo Egizio di Torino.  Nelle necropoli di Assiut e Gebelein la Missione aveva portato alla luce straordinarie sepolture, ricche di testimonianze della vita sociale e del contesto culturale di una provincia del Medio Egitto fra il 2100-1900 a.C. I preziosi reperti sono stati premurosamente conservati per un secolo proprio  nei depositi del Museo Egizio di Torino. La mostra è allestita nel complesso museale di San Domenico, in piazza Guido da Montefeltro, grazie al contributo della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, del Comune e della Soprintendenza Archeologica del Piemonte.  Dopo un accurato lavoro di studio e di restauro, è finalmente possibile per tutti rivivere le emozioni di quelle straordinarie scoperte. Egitto mai visto. Le dimore eterne di Assiut e Gebelein presenta 400 reperti straordinari. L’esposizione ruota intorno ad un nucleo di dodici sarcofagi a cassa in legno stuccato e dipinto con iscrizioni che tramandano formule d’offerta e rituali funerari magico-religiosi. In molti casi grazie alla lettura dei geroglifici è stato possibile svelare i nomi dei defunti, uomini e donne appartenuti alla classe media, amministratori e piccoli proprietari terrieri, vissuti nel Medio Egitto intorno al 2000 a.C. Attraverso gli arredi del corredo funebre – che fra l’altro testimonia la grande maestria degli artigiani del legno di Assiut durante il Primo Periodo Intermedio – è stato possibile ricostruire le loro storie e quelle delle loro famiglie. In totale sono esposti circa 40 pareti di sarcofago con geroglifici incisi e dipinti e 10 stele, recentemente restaurate, che svelano i segreti della scrittura geroglifica e permettono di conoscere le credenze funerarie e le principali divinità del pantheon egiziano. Il progetto scientifico della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte, del Museo Antichità Egizie e della Società Cooperativa Archeologica, è curato da Elvira D’Amicone e Massimiliana Pozzi Battaglia. La mostra si potrà visitare sino al prossimo 9 gennaio. Info : 0543 712659. (B.C.)
21 novembre 2010

DAL 4000 AL 1000 A.C.,UN VIAGGIO NELLA PREISTORIA – Forlì (BO) In mostra oltre tremila anni di storia, vite di uomini e donne eccellenti, guerrieri, arcieri, artigiani, viaggiatori e pastori, quando il metallo misurava il potere e Forlì era il cuore della Romagna. Questo in poche battute il quadro dell’iniziativa organizzata dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna con il Comune di Forlì e il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio cittadina. Con questa esposizione, ospitata dai Musei San Domenico, Monica Miari, Annalisa Pozzi e Luciana Prati, raccontano necropoli, villaggi, ripostigli e quei rituali dell’età del Rame e del Bronzo che saldano la Romagna con l’Europa. Il tutto dal 4000 al 1000 a.C. Si apre la porta del passato alla scoperta di quel tempo in cui Forlì era uno dei più importanti centri della regione. La preistoria forlivese cala il suo poker d’assi esponendo per la prima volta le più importanti scoperte archeologiche degli ultimi anni. Il percorso della mostra inizia con i corredi delle tombe della necropoli dell’età del Rame (tra il IV e il III millennio a.C.) rinvenute alla periferia occidentale di Forlì, prosegue con l’abitato del Bronzo Antico di Via Ravegnana, degli inizi del II millennio a.C., e del coevo ripostiglio di San Lorenzo in Noceto e si conclude con l’esposizione dei 200 bronzi del ripostiglio di Forlimpopoli, deposto agli inizi del IX sec. a. C. L’eccezionale rinvenimento della necropoli di Via Celletta dei Passeri, sottolineano in   Soprintendenza,  iscrive Forlì tra i più importanti centri preistorici della regione. La necropoli scoperta nel 2009 alla periferia sud-occidentale della città è, con i suoi 5.000 mq di superficie, la più estesa necropoli eneolitica dell’Emilia-Romagna. La mostra, che si potrà visitare sino al 5 dicembre, è accompagnata dalla Settimana della preistoria (la locandina), altra importante iniziativa organizzata dalla  Soprintendenza con Musei Civici Archeologici della regione. Fino alla fine di novembre sono in programma decine di eventi gratuiti in 29 musei per promuovere la conoscenza di questo straordinario periodo storico. Info : 0543 712659 – www.archeobologna.beniculturali.it(B.C.)
7 novembre 2010

MARTEDI’ IN ARTE. Roma Ogni ultimo martedì del mese, sino al 28 dicembre, il ministero dei Beni Culturali ha organizzato aperture straordinarie e gratuite nei principali musei statali in tutte le regioni ( vai all’elenco). Le aperture sono serali. Le visite si possono svolgere fra le 19.00 e le 23.00.  Un’iniziativa – sottolineano al Mibac –  che, oltre all’obiettivo di coinvolgere un pubblico sempre più numeroso con proposte alternative ai consueti svaghi serali, vuole anche andare incontro alle difficoltà economiche di giovani e famiglie. Con questa iniziativa, fra l’altro, il ministero intende rispondere alla sempre maggiore richiesta di eventi culturali da parte sia dei cittadini italiani che dei turisti. Nel Lazio, e in particolare nella capitale, le proposte sono molte e allettanti. Fra gli altri, a Roma,  è possibile vistare lo splendido Palazzo Altemps, il Pantheon, le Terme di Diocleziano, la Galleria Borghese e in provincia, la suggestiva Villa d’Este (Tivoli) e il  Museo archeologico Nazionale tarquiniense (Tarquinia). Info :  800991199.(B.C.)
7 novembre 2010

LAZIO

– Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Viale delle Belle Arti, 131 – Roma (RM)
– Terme di Diocleziano, Via Romita, 8 – Roma (RM)
– Crypta Balbi, Via delle Botteghe Oscure, 31 – Roma (RM)
– Museo Nazionale Romano – Palazzo Massimo alle Terme, Largo di Villa Peretti, 1 – Roma (RM)
– Palazzo Altemps, Via di S. Apollinare, 44 – Roma (RM)
– Pantheon Piazza della Rotonda – Roma (RM)
– Galleria d’Arte Antica – Palazzo Barberini, Via Quattro Fontane, 13 – Roma (RM)
– Museo e Galleria Borghese, Piazzale Scipione Borghese, 5 – Roma (RM)
– Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, Lungotevere Castello, 50 – Roma (RM)
– Villa d’Este, Piazza Trento, 1 – Tivoli (RM)
– Area Archeologica di Villa Adriana, Largo Marguerite Yourcenar, 1 – Tivoli (RM)
– Necropoli, Strada Provinciale Monterozzi Marina – Tarquinia (VT)

 

VILLA ADRIANA, RIVIVONO I FASTI DELL’IMPERO. -Villa Adriana (RM). Rivivono i fasti della città ideale voluta dall’imperatore Adriano e costruita a più riprese a partire dal 117 d.C., sperimentando gli ideali estetici ed architettonici ispirati al mondo ellenico e orientale, in una grande mostra organizzata dalla Soprintendenza su progetto della responsabile Marina Sapelli Ragni. Dal Seicento in poi, questo sogno immanente di un imperatore architetto ha sempre esercitato un fascino straordinario e l’ampio catalogo edito da Electa ne rende conto, grazie ai contributi dei maggiori specialisti italiani e stranieri. Un interprete d’eccezione, Andrea Carandini, attraverso questi contributi ha ricostruito lo stato dell’arte degli ultimi venti anni di studi, senza dimenticare le novità delle ricerche più recenti. In occasione della mostra sono tornate a casa le sculture scavate a più riprese nei secoli e finite ad arricchire i musei italiani ed europei. Il capolavoro di maggior richiamo è senza dubbio il celebre Fauno ebbro, in marmo rosso, di matrice ellenistica, rinvenuto nel 1736 e diventato fulcro del Museo Capitolino dopo il sapiente restauro di Bianchi e Cavaceppi, riprodotto anche nella locandina della mostra e divenuto emblema dell’intera iniziativa. Negli spazi musealizzati dell’Antiquarium del Canopo si possono ammirare sculture raffinatissime come un bel cratere con gru e serpenti e una serie di ritratti e di busti, provenienti dal Museo Nazionale Romano e dal Museo Vaticano che consentono di ricostruire una vera e propria galleria degli imperatori romani, da Marco Aurelio a Alessandro Severo. Altra sezione ricca di reperti prestigiosi è quella dedicata ad Adriano e all’Egitto: tra i vari reperti, spiccano il cratere con scene egittizzanti e i meravigliosi fregi decorativi del Teatro Marittimo, oggi conservati presso il British Museum. Inoltre, grazie alle nuove tecnologie i visitatori possono paragonare le tarsie marmoree in situ che decorano pareti e pavimenti della Villa con altri manufatti tuttora esposti in vari musei. Infine, una sezione cartografica espone le mappe che, a partire dal Seicento, hanno testimoniato i ritrovamenti grazie ai quali il sito ha preso forma ed è tornato a testimoniare il fasto dell’Impero Romano al culmine del suo potere. La mostra si potrà visitare sino alla fine di ottobre. Info : 06.39967900 – www.villaadriana.com. (B.C.)
24 ottobre 2010

STARGATE SU BOLOGNA ETRUSCA E PREROMANA -San Giovanni in Persiceto (BO). Una ricerca stratigrafica serrata, che ha coperto un arco cronologico di circa duemila anni, racconta la storia cittadina bolognese che va dall’VIII-VII sec. a.C. all’età rinascimentale. Sfogliando gli strati sovrapposti dello scavo archeologico, riemerge dal passato la storia di un’area che, almeno nel periodo villanoviano, etrusco e celtico, appare tra le più popolate e importanti del centro abitato dell’antica Bologna. I risultati della ricerca, che si è svolta tra il 2006 e il 2009 nella piazzetta tra le vie D’Azeglio e Tagliapietre in seguito allo scavo per la realizzazione di un parcheggio multipiano, sono esposti nella chiesa sconsacrata di Sant’Apollinare, pieve romanica del XIV-XV secolo situata nel cuore del centro storico di San Giovanni in Persiceto, in una mostra tematica che si è rivelata un vero e proprio Stargate, aprendo la porta del tempo su Bologna.(foto) Questa suggestiva opera architettonica fa da sfondo ideale ad un percorso espositivo che accompagna il visitatore in un vero e proprio “cammino” a ritroso nel tempo, partendo dall’età medievale, inoltrandosi nell’epoca romana, fino a raggiungere la prima età del Ferro, con ritrovamenti etruschi e di fase villanoviana orientalizzante. Le indagini stratigrafiche hanno restituito un quadro complesso e articolato della frequentazione di una parte di territorio ancora oggi densamente urbanizzato, fornendo nuovi elementi di conoscenza sull’assetto topografico della zona. La mostra, che si potrà visitare sino alla fine di ottobre, è stata organizzata in collaborazione fra la Soprintendenza per i Beni Archeologici e l’Istituto Beni Artistici Culturali e Naturali dell’Emilia-Romagna, il Museo Archeologico Ambientale ed il Comune di San Giovanni in Persiceto. In esposizione un’ampia selezione dei materiali rinvenuti nel corso delle indagini archeologiche come verghette, vasi biconici, ossa lavorate, bicchieri, ciotole, lucerne, monete, rocchetti, fusaiole e pesi da telaio, un lacerto di mosaico in tessere bianche e nere, oltre a tegole, mattoni e anelli di pozzo. Di grande impatto visivo una matassa in ‘filo’ in bronzo attorcigliato a cerchio, mattonelle di alare decorate a stampiglie e soprattutto una piccola gemma su cui è incisa la scritta “ROMA”. Info : 051.6871757 – www.archeobologna.beniculturali.it. (B.C.)
17 ottobre 2010

LE GIORNATE DELL’ARCHEOLOGIA RITROVATA Sabato e domenica sull’intero territorio nazionale si svolgerà la settima edizione delle Giornate Nazionali di Archeologia Ritrovata organizzata dai Gruppi Archeologici d’Italia. Obiettivo della manifestazione, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, con il Patrocinio del Ministero dei Beni Culturali, valorizzare la tutela dei beni culturali cosiddetti “minori”, che rischiano di essere dimenticati e cancellati dalla memoria storica degli uomini. In questi due giorni i volontari dell’associazione promuoveranno interventi di ripulita, oltre ad una fitta lista di appuntamenti con mostre e stand informativi vari che saranno allestititi nei luoghi più frequentati come Musei, Archivi, Biblioteche, strade e piazze dei centri storici delle città.Nel Lazio domenica, In collaborazione con la Soprintendenza Archeologica per l’Etruria Meridionale, verrà ripulita la Mansio ad Vacanas, una stazione di posta (mansio) costruita nel I secolo d.C. al ventesimo miglio romano della Via Cassia, nell’attuale comune di Campagnano di Roma su strutture di epoca repubblicana, per offrire un’area di sosta ai viaggiatori e facilitare gli spostamenti verso l’Etruria settentrionale (Info: 06.638.52.56). Sempre domenica, a Ladispoli, In collaborazione con l’ Assessorato alla Cultura, verrà illustrata l’operazione di restauro della Grottaccia, con vite guidate al sito archeologico (Info: 338.270.58.83).(locandina) L’Associazione dei Gruppi Archeologici (G.A) d’Italia venne fondata nel dicembre del 1965 da Ludovico Magrini-definito inventore del volontariato nel campo nei beni culturali, impegnato nella lotta al degrado archeologico della sua Etruria, di nascita tarquiniese, e direttore responsabile della più nota testata “Archeologia”- unendo vari gruppi archeologici già costituiti con lo scopo di contribuire alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio culturale italiano, al fianco delle istituzioni, e in particolare con l’obiettivo di battersi contro lo stato di abbandono che da sempre lo attanaglia. “Il cemento ideale di una comunità, diceva Magrini, è formato dalla coscienza della propria cultura e dalla capacità che abbiamo di conservarla e di accrescerla.”L’Associazione è iscritta all’Albo delle organizzazioni di volontariato presso il Dipartimento della Protezione Civile ed in passato ha svolto importanti operazioni di recupero in occasione dell’alluvione di Firenze (1966), dei terremoti di Tuscania (1971), Friuli (1976), Irpinia (1980) e Assisi (1997). Info : www.gruppiarcheologici.org (B.C.)
09 ottobre 2010

FERRARA TRA MONDO DI SOPRA E MONDO DI SOTTO -Ferrara La Loggia del Cortile d’Onore di palazzo Costabili, detto di Ludovico il Moro, a Ferrara, ospita un “matrimonio morganatico” d’eccezione tra i capolavori dell’arte classica e quelli dell’era industriale. Più di 2.500 anni, infatti, separano i crateri attici esposti nel Museo Archeologico Nazionale di Ferrara, ospitato sul piano nobile del palazzo, dai primi tombini in ghisa messi in mostra dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna nell’ambito di un insolito gemellaggio con la città di Stoccolma. L’iniziativa nasce dalla donazione di un tombino della cittadina scandinava e per ricordare la figura di Re Gustavo VI, che partecipò agli scavi di Spina negli anni Sessanta. Lo chiamavano il “Re archeologo”, e lo era davvero. (il Re Gustavo) I sui scavi a Luni sul Mignone e nell’acropoli di San Giovenale gli valsero, nel 1955, la laurea ad honoris causa dell’Università di Oxford. In mostra ci sono una settantina di esemplari del Manhole Museum , il Museo delle Ghise, provenienti da tutto il mondo. Per il momento la raccolta è ospitata in uno spazio antico del Comune di Ferrara, dietro il Monastero di Sant’Antonio in Polesine, ed è aperta solo su richiesta. Non è un caso che il progetto del Museo sia nato proprio nella terra che ha visto fiorire, a Spina (VI-III sec. a.C.), l’antica civiltà degli Etruschi, i primi in Italia ad introdurre l’arco e la volta e a costruire città con poderose cinte murarie, strade lastricate e fognature. Cos’è in fondo un tombino se non la chiave di volta tra il mondo di sopra, quello architettonico, e il mondo sotterraneo dell’archeologia? Capolavori calpestati. Quando l’arte è sotto i piedi ci offre l’occasione per fare un viaggio in questi due mondi. Tra i manholes, letteralmente buchi da uomo, in esposizione ci sono pezzi di grande valore, dal chiusino di Valencia, con il marchio del pipistrello di Fagundo Bacardi che troviamo sull’omonimo rhum, al tombino di Praga, con la Torre del Ponte di Mala Strana, al tombino di Roma, decorato con il fascio littorio, a quello di Danzica, con la corona e due croci, che ci ricorda come da quel porto salparono i Crociati per la terra Santa. La mostra si potrà visitare sino alla fine di ottobre. Info : 0532.66299 – www.manholemuseum.it. (B.C.)
3 ottobre 2010

E’ QUASI ULTIMATO IL POLO MUSEALE DI ROMA – Roma Sono state riaperte al pubblico ventidue sale delle quaranta in cui si articola l’intero percorso espositivo del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, quelle ubicate nell’ala sinistra, a lungo inaccessibili a causa di complessi interventi di consolidamento statico che hanno interessato lo storico “ballatoio Minissi”. Il nuova percorso museale incrementa consistentemente la ricca offerta culturale delle sezioni già aperte, che vantano molti celebri capolavori, come i due eccezionali corredi orientalizzanti delle tombe principesche Barberini e Bernardini di Palestrina, ricche di bronzi e di oreficerie. Il nuovo allestimento propone, attraverso circa duemila oggetti, la storia di due importanti centri etruschi, Vulci e Cerveteri. Vengono ripresentati ampi nuclei delle Raccolte antiquarie, e in particolare quello proveniente dall’antico Museo Kircheriano, un tempo al Collegio Romano.(Museo) La sezione dedicata a Vulci si apre con l’enigmatica statua del Centauro in nenfro (590-580 a.C.) cui si affianca il gruppo del Giovane su ippocampo (550-540 sec. a.C.). Una novità è costituita dalla suggestiva Tomba del Carro di bronzo (680-670 a.C.), ricostruita al vero con il suo ricco corredo, così come fu rinvenuto al momento della scoperta circa cinquant’anni fa. La collezione dedicata a Cerveteri, in cui eccelle il Sarcofago degli Sposi (530-520 a.C.), è stata arricchita da ritrovamenti recenti e, in particolare, da una serie di preziosi vasi da poco restituiti all’Italia dai Musei statunitensi come il cratere di Euphronios (510 a.C.) con la raffigurazione del mito di Sarpedonte cantato da Omero, già al Metropolitan Museum of Art di New York, e la coppa di Onesimos (500-490 a.C.) con drammatiche scene della caduta di Troia, già al J. Paul Getty Museum di Malibu. Di particolare interesse l’esposizione delle antichità del Santuario di Pyrgi, uno dei tre porti dell’etrusca Caere (Cerveteri), il più grande, che rivive un momento  emozionante nel celebre altorilievo (460 a.C. circa) raffigurante episodi del mito dei Sette contro Tebe.  Con questa operazione, che è costata 3.939.000,00 euro, si è quasi concluso il progetto del Polo Museale Etrusco di Roma elaborato nel 1995. Grazie a fondi 2006-07 di Roma Capitale (1.500.000,00 euro) stanno per iniziare gli interventi conclusivi che prevedono sia l’allestimento dell’edificio del Valadier a Villa Poniatowski, sia l’esposizione delle antichità di Veio nelle ultime cinque sale dell’ala destra di Villa Giulia. Info : 06.3226571, 06.3201951, 06.3611434. (B.C.)
20 settembre 2010

AL NASTRO DI PARTENZA IL RESTAURO DEL COLOSSEO Roma Sono appena scaduti i termini dell’avviso pubblico europeo per il recupero dell’anfiteatro Flavio. Si tratta di un progetto da 25 milioni di euro, completamente finanziato con sponsor privati. Come contropartita gli verrà concessa l’ambita possibilità di promuovere la propria immagine mettendo la loro firma discreta sulla riqualificazione del monumento. Il piano degli interventi, elaborato dal Commissario e dalla Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, rendera’ visitabili tutti i cinque livelli del Colosseo, incluso quello sotterraneo.Colosseo La cifra non comprende l’illuminazione del monumento che potrà essere quotata soltanto a conclusione del progetto di illuminazione dell’intero Foro Romano. L’ambizioso progetto di recupero prosegue il lavoro svolto negli anni ’90 con il finanziato dalla Banca di Roma e quello attualmente in corso, costato 2 milioni e mezzo, che costituisce un primo importante passo per consolidare le strutture. Dopo il vaglio delle proposte, a ottobre apriranno i cantieri. Durante i lavori, che dureranno al massimo due anni, più uno per realizzare il nuovo centro servizi (l’area, a ridosso dell’anfiteatro, è già stata individuata), non ci sarà nessun blocco delle visite turistiche. Il bando, ha sottolineato il sindaco Alemanno, durante la presentazione ufficiale dell’iniziativa, è “un segno epocale di trasformazione”, all’insegna “di un nuovo mecenatismo” che mobilita “forze private per forme di sponsorizzazione alta”. “Un esempio, a livello nazionale e internazionale, di come si possano unire le forze private alla tutela pubblica del sistema archeologico”. Il restauro del Colosseo è un fatto storico importante per la storia del nostro paese, ha sottolineato lo stesso ministro Bondi. Una ipotesi di lavoro sulla quale possiamo continuare a lavorare anche per altri monumenti italiani, ha detto. Il sottosegretario Giro ha ricordato l’avvenuta istituzione di “un tavolo su grandi progetti di valorizzazione del patrimonio culturale di Roma”, che si sta occupando dell’area archeologica centrale, della rete museale e dei luoghi dell’arte contemporanea.(B.C.)
05 settembre 2010

I COLORI DI GIOTTO– Assisi (PG) Il Comune di Assisi e la Comunità del Sacro Convento hanno organizzato una iniziativa eccezionale, in occasione dell’VIII Centenario dell’Approvazione della Regola di San Francesco, dedicata agli affreschi dipinti da Giotto nella Basilica intorno alla fine del XIII secolo. La mostra, I colori di Giotto, presentata come un cantiere aperto, è stata organizzata di concerto con il Ministero dei Beni Culturali, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia. Grazie alle più moderne tecnologie l’opera di Giotto viene messa a confronto con se stessa : come era e com’è. L’iniziativa, curata da Giuseppe Basile, comprende il restauro dei dipinti murali della Cappella di S.Nicola, nella Basilica Inferiore – che i visitatori possono ammirare sui ponteggi – e la visita nella Basilica Superiore a 28 scene che compongono le Storie Francescane, uno dei cicli pittorici più importanti di tutta la storia dell’arte occidentale. Ma il viaggio prosegue nel virtuale. A pochi passi dalla Basilica, nelle suggestive sale del trecentesco Palazzo Monte Frumentario, infatti, è stata allestita una mostra “virtuale”su Giotto com’era, che offre ai visitatori la possibilità di conoscere l’aspetto originale degli affreschi della Basilica Superiore, ricostruito grazie agli studi di un’équipe dell’Istituto Centrale del Restauro. Si tratta del primo esempio in assoluto di un “recupero virtuale” di un ciclo pittorico condotto alla luce di ricognizioni specialistiche sull’opera. Giotto Gli affreschi, inoltre, vengono messi a confronto con il loro aspetto attuale, disponibile in una serie di schermi con touch screen disposti in corrispondenza di ogni gruppo di scene. Una seconda installazione virtuale viene dedicata all’indagine prospettica dell’immagine giottesca. Il Progetto è del CNR. La mostra viene completata da una sezione dedicata alla tecnica dell’affresco e dalla proiezione di un filmato dedicato ai restauri della Basilica realizzato da Artmediastudio. Il catalogo è edito da Silvana Editoriale. La mostra si potrà visitare sino al 5 settembre. Il biglietto consente anche la visita a Palazzo Vallemani, sede della Pinacoteca Civica, dove si conservano alcuni straordinari affreschi distaccati del maestro. Info : 199 757 516 http://www.icoloridigiotto.it. (B.C.)
30 agosto 2010

I GIORNI DI ROMA : L’ETA’ DELLA CONQUISTA– Roma Dalla conquista alla multietnicità, alla nuova cultura. Un progetto ambizioso che si propone di illustrare al grande pubblico in modo semplice e chiaro la nascita dello stile romano. Questo in poche battute il senso del progetto quinquennale “I Giorni di Roma” che si apre con la mostra “L’età della conquista”, una carrellata di capolavori dell’arte antica provenienti dai maggiori Musei europei, databili nel periodo successivo alle campagne di Grecia (dalla fine del III alla seconda metà del I secolo a.C.). La rassegna, allestita presso i Musei Capitolini, nello splendido Palazzo Caffarelli, sicuramente offre occasione di riflessione su un’epoca di profondi cambiamenti nei canoni stilistici e sul gusto estetico della Roma antica: uno dei momenti fondamentali per la futura identità culturale e artistica romana, non solo dell’età repubblicana. E’ questo il periodo in cui l’élite al potere avverte, con sempre maggior consapevolezza, il consolidarsi del proprio prestigio esprimendolo attraverso l’arte. Il percorso della mostra, attraverso capolavori provenienti dall’intero bacino del Mediterraneo, descrive uno dei periodi più innovativi ed originali per l’intero sviluppo dell’arte occidentale. Un difficile processo di “acculturazione inversa” era ormai compiutamente avviato. Citiamo Orazio : Graecia capta ferum victorem cepit et ars intulit agrestis Latio. Nonostante la resistenza della fazione conservatrice di Catone, una rapida ellenizzazione mutò per sempre l’Urbe anche attraverso la commistione di modelli greci e romani, come nel caso di uno dei templi di largo Argentina: un edificio circolare, tipicamente greco, costruito tuttavia su un alto podio come consuetudine italica. L’esposizione, articolata in quattro sezioni tematiche ( Dei e Santuari, Monumenti onorari, Vivere alla greca, Costumi funerari ) è organizzata dal Comune di Roma in collaborazione con il Ministero dei Beni culturali, con il contributo di molti sponsor. Si potrà visitare sino al 5 settembre. E’ possibile prenotare la visita guidata presso la cooperativa Il Sogno.Info: www.museicapitolini.org – www.romeguide.it Prenotazione:0685301758 – 0685301756. (B.C.)
03 agosto 2010

POMPEI E IL VESUVIO – Pompei (Na) La storia dell’antica città partenopea e dei sui scavi vengono messi in mostra, all’interno dell’area archeologica, grazie all’aiuto delle tecnologie più avanzate, con l’iniziativa Pompei e il Vesuvio.Vesuvio L’obiettivo non è soltanto quello di approfondire la secolare evoluzione del sito – le prime campagne di scavo furono intraprese per volere di Carlo di Borbone nel 1768 – ma anche di diffondere la cultura della prevenzione del rischio vulcanico. La mostra, infatti, in futuro si trasformerà in un punto informativo stabile. Pompei è il ricordo di una tragedia che per noi è divenuta opportunità unica di saperi, afferma Marcello Fiori, commissario delegato dell’area archeologica e ideatore dell’iniziativa. Il legame con il territorio e con i suoi rischi non va mai dimenticato, prosegue. L’obiettivo, spiega, è quello di far crescere sempre più questa esperienza rendendola parte integrante della visita. L’esposizione si articola in cinque sezioni tematiche che affrontano in modo significativo il rapporto con il sito, dal Vesuvio, il vulcano che causò la tragedia nel 79 d.C., agli ultimi giorni della città, dalla storia degli scavi, 250 anni di ricerche , alle antiche vestigia riportate alla luce. Il percorso termina con il punto informativo nel quale il visitatore può personalizzare la sua esperienza nel sito archeologico scoprendo le nuove iniziative e godendosi il meraviglioso spettacolo dell’antica città in piena autonomia. La mostra offre anche un laboratorio didattico con una speciale tavola sismica “vibrante” per le simulazioni. Numerosi i contributi audiovisivi insieme all’esposizione delle attrezzature e tecnologie di ultima generazione per la prevenzione del rischio vulcanico. La mostra è organizzata dalla Soprintendenza Speciale per i Beni archeologici di Napoli insieme alla Provincia, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Istituto Nazionale di Geofisica e l’Osservatorio Vesuviano. All’iniziativa hanno contribuito anche Cinecittà Luce e Raiteche. La mostra si potrà visitare sino al 31 luglio. Info : 081.8575347 www.pompeiisites.org (B.C.)
25 luglio 2010

DUE IMPERI A CONFRONTO – Milano Per la prima volta in Italia e nel mondo i due imperi più importanti della storia, quello Romano e le dinastie cinesi Qin e Han nel periodo che va dal II sec. a.C. al IV sec. d.C., si ritrovano a confronto nella splendida cornice di Palazzo Reale, a Milano. Con oltre 300 capolavori vengono ricostruite le tappe salienti della nascita e dello sviluppo di queste due importanti civiltà mettendo in luce gli aspetti della vita quotidiana, della società e della comunicazione sociale, del culto e dell’economia. Due imperi di dimensioni quasi equivalenti che controllavano circa quattro milioni di chilometri quadrati, con una popolazione di circa 50-60 milioni di abitanti. Entrambi si consideravano il centro dell’intero mondo, e cioè dell’Orbis Terrarum e del Tianxia, tutto quello che sta sotto il cielo. Oltre agli ormai famosi guerrieri di terracotta, si possono ammirare straordinarie statuette di ceramica che raccontano i costumi, la moda, le arti cavalleresche e militari della cultura cinese, Due-imperi.jpg affiancati a maestosi gruppi statuari in marmo, affreschi, mosaici, utensili in argento e altari funebri appartenenti alla tradizione artistica dell’impero romano.Due-imperi_B.jpg La rassegna, organizzata da Palazzo Reale di Milano e MondoMostre con il contributo di Credit Suisse, è il risultato di una cooperazione pluriennale tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali della Repubblica Italiana e l’omologo State Administration for Cultural Heritage della Repubblica Popolare Cinese. Si tratta di un progetto culturale ambizioso, che ha aperto la sua prima tappa a Pechino, al Beijing World Museum, in occasione delle celebrazioni del 60° Anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese, per proseguire, poi, con quella del Luoyang Museum. Ora, dopo la tappa milanese, che si concluderà il 5 settembre, la mostra inaugurerà, il prossimo ottobre, nella Capitale, l’Anno della Cina in Italia, al Foro Boario e al Colosseo. Unica nel suo genere, la rassegna, che ha coinvolto le più importanti sedi museali cinesi, è stata curata a quattromani da Stefano De Caro, direttore generale per i Beni Archeologici del MIBAC, e da Xu Pingfang, Responsabile dell’Istituto di Ricerca Archeologica dell’Accademia cinese di Studi sociali e direttore della Società cinese di Archeologia. Il catalogo, curato da Stefano De Caro e Maurizio Scarpai, è pubblicato da 24 Ore Cultura. Info: 02 54910-11; prenotazioni: www.ticket.it/imperi. (B.C.)
15 luglio 2010

RESTAURATI GLI AFFRESCHI GIOTTESCHI DI CHIARAVALLE – Chiaravalle (Mi) Sono tornati al loro antico splendore, dopo un lungo lavoro di restauro, i prestigiosi affreschi dell’Abbazia cistercense di Chiaravalle, a dieci chilometri dal cuore di Milano, grazie al sostanzioso contributo del Gruppo Intesa SanPaolo che ha inserito il loro recupero nel progetto Restituzioni, il collaudato programma di restauri di opere appartenenti al patrimonio artistico nazionale, gestito in collaborazione con le Soprintendenze archeologiche e storico-artistiche competenti per territorio. Restituzioni è stato avviato nel 1989 dall’allora Banca Cattolica del Veneto, confluita poi nel nucleo iniziale che avrebbe dato origine ad Intesa Sanpaolo. Il programma oggi vanta un curriculum di alto profilo, ed un museo virtuale delle oltre 600 opere restaurate. L’abbazia di Chiaravalle rappresenta uno dei capitoli più importanti della storia artistica del Trecento italiano. Gli affreschi principali della Torre nolare o tiburio sono dedicati alla Vergine, Stefano_Fiorentino_La_Glorificazione_della_Vergine tema caro alla spiritualità cistercense, e in particolare rappresentano le storie post ressurrectionem tratte dalla “Legenda Aurea”, scritta dal frate domenicano Jacopo da Varagine. La paternitá degli affreschi del tiburio è attribuita a pittori di scuola giottesca e risale agli anni Trenta-Quaranta del Trecento. In particolare quelli al di sotto del tamburo dedicati alla Vergine sono di Stefano Fiorentino, uno degli allievi più dotati di Giotto – ricordato dallo stesso Vasari nelle sue Vite e dal Ghiberti – e padre artistico del Giottino, altro grandissimo artista fiorentino strettamente connesso alla tradizione di Giotto. Il volume edito da Electa, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, Un poema cistercense, Affreschi giotteschi a Chiaravalle Milanese, documenta per la prima volta in modo esaustivo la storia dell’importante ciclo pittorico. Il testo di Sandrina Bandera ricostruisce in modo puntuale la storia degli affreschi, dalla costruzione del tiburio, alla committenza, alle personalità coinvolte nel ciclo pittorico. Il saggio di Mina Gregori , invece, si sofferma su Stefano Fiorentino e ripercorre la letteratura critica di cui è stato oggetto di studio. Il volume presenta anche una documentazione fotografica degli affreschi eccezionale, oltre 200 immagini, firmate Antonio Quattrone, tra cui molti particolari a grandezza naturale.Info: www.bancaintesaarteecultura.com (B.C.)
04 luglio 2010

GLI ARAZZI DEI GONZAGA NEL RINASCIENTO – Mantova Palazzo Te, Palazzo Ducale e il Museo Diocesano di Mantova propongono un viaggio intrigante tra i magnifici arazzi fatti realizzare dai Gonzaga nel Rinascimento, offrendo uno spaccato di quest’arte in Europa. La Mostra curata da Guy Delmarcel, uno dei massimi esperti europei di arte del tessuto, presenta una selezione – trentaquattro opere – degli arazzi più belli appartenuti all’antico casato. I signori di Mantova, infatti, li acquistarono fin dal Quattrocento, seguendo l’esempio delle altre grandi famiglie italiane, come gli Estensi a Ferrara o i Farnese a Parma. La collezione, una volta molto numerosa, oggi si è ridotta a poche decine di pezzi. Tra i più prestigiosi i nove arazzi degli Atti degli Apostoli, copie della serie della Cappella Sistina eseguiti su cartoni di Raffaello, acquistati dal cardinale Ercole Gonzaga e poi donati alla basilica palatina di Santa Barbara, e oggi custoditi presso il Palazzo Ducale. La serie di Mantova costituisce la più antica replica superstite degli arazzi della Scuola Vecchia disegnati da Raffaello. pesca_miracolosa I cartoni di Raffaello sono tuttora conservati a Londra. L’evento, Gli arazzi dei Gonzaga nel Rinascimento. Da Mantegna a Raffaello e Giulio Romano, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana e di Alberto II Re del Belgio, è stato promosso e organizzato dal Comune di Mantova, dal Centro Internazionale d’Arte e Cultura di Palazzo Te, dal Museo Diocesano Francesco Gonzaga e dal Museo di Palazzo Ducale, con il contributo, fra gli altri, della Fondazione Banca Agricola Mantovana e di quella del Monte dei Paschi di Siena. Quasi tutti gli arazzi furono realizzati nelle Fiandre, oppure in Italia ad opera di arazzieri di origine fiamminga. A quell’epoca, infatti, Bruxelles era l’epicentro della produzione. La maggior parte dei tessitori rimangono senza nome, anche se i loro prodotti sono contraddistinti dal marchio di bottega, obbligatorio a Bruxelles dopo il 1528. Lo studio sistematico della collezione di arazzi gonzagheschi è cominciato nel 1977 ed è culminato in una monografia pubblicata dalla College Art Association of America nel 1996, punto di partenza anche per l’allestimento dell’iniziativa. La Guida alla mostra, che si conclude a fine mese, è edita da Skira ed include anche Gli Atti degli Apostoli di Palazzo Ducale. Info: – 0376.369198. www.centropalazzote.it.(B.C.)
27 giugno 2010

CAMMEI E INTAGLI DEI MEDICI. – Firenze – Il Museo degli Argenti di Palazzo Pitti mette in mostra il tesoro dei Medici, oltre centosettanta pezzi, e ne racconta la storia, a partire dalla sua costituzione ad opera di Cosimo, Piero e, soprattutto, Lorenzo de’ Medici, che ai cammei e agli intagli riservò un posto di rilievo all’interno delle sue collezioni d’arte e al quale si deve l’acquisto di esemplari prestigiosi come il celeberrimo Sigillo di Nerone, la splendida corniola con Apollo, Marsia e Olimpo. Lorenzo Ghiberti, Donatello e Sandro Botticelli sono solo alcuni degli autori che nelle diafane raffigurazioni delle gemme medicee trovarono importanti spunti creativi. Persino Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti riscoprirono questo repertorio e con esso il senso di equilibrio e di misura delle proporzioni caratteristico dell’arte classica. Questo aspetto viene documentato dalla mostra, Pregio e bellezza. Cammei e intagli dei Medici, Cammeo_con_ritratti con un’ampia varietà di opere, codici miniati, medaglie, disegni, dipinti e sculture, tutte ispirate a questi piccoli tesori. Fulcro di questa sezione è il Ritratto ideale di Botticelli che, grazie alla collaborazione con lo Städel Museum di Francoforte,viene esposto in Italia per la prima volta. Un omaggio al pittore in occasione del V centenario della sua morte. Nel Rinascimento il collezionismo di gemme e cammei costituì uno degli aspetti più affascinanti del processo di riscoperta del mondo classico. Ai cammei e agli intagli si attribuivano persino particolari virtù magiche e misteriose, in relazione al tipo di materia utilizzata e al soggetto della raffigurazione. Inoltre, le loro ridotte dimensioni e la facilità di trasporto, ne facevano un regalo ideale, oltre a rappresentare un’ottima forma di investimento. La mostra apre Firenze 2010. Un anno ad arte, l’ambizioso e articolato progetto espositivo dei Musei Statali Fiorentini promosso dal Ministero per i Beni Culturali, con la Direzione Regionale Toscana, la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, il Museo degli Argenti, Firenze Musei e l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. Il catalogo è edito da Sillabe. La mostra rimarrà aperta sino alla fine di giugno. Info : 055. 2654321 – www.polomuseale.firenze.it..(B.C.)
20 giugno 2010

LE GIORNATE DEL TIEPOLO. – Udine – Il capoluogo friulano ha ricordato uno dei suoi maggiori artisti, Giambattista Tiepolo (1696- 1770), con un ciclo di giornate a tema, in occasione della Pentecoste, animate da esposizioni, musica ed altri eventi. Terra di passaggio e zona d’incontro tra civiltà diverse, Udine ha intrecciato, nel corso dei secoli, la sua storia a quella del Patriarcato di Aquileia, soppresso nel 1751 e la Serenissima Repubblica di San Marco, il cui dominio sulla regione si estese dal 1420 al 1797. Per l’ultimo grande pittore di scuola veneziana si può dire che Udine sia stata, dopo Venezia, la seconda patria. Udine è la prima città di terraferma dove ottiene, non ancora trentenne, importanti commissioni che gli apriranno le porte al successo europeo. L’artista vi trascorse uno dei periodi più creativi della sua carriera, lasciandovi numerosi capolavori visibili nel Duomo, nella Galleria d’Arte Antica, situata nel castello che domina il centro storico, e soprattutto nel Palazzo Patriarcale. Il momento più importante è proprio il ciclo degli affreschi della “Galleria”, situata nel Palazzo Patriarcale: è il suo primo importante intervento pittorico su larga scala, quello in cui riesce a svincolarsi definitivamente dalla tradizione barocca, per elaborare un linguaggio autonomo e originale. Qui, con la collaborazione del suo quadraturista di fiducia, Gerolamo Mengozzi-Colonna, affresca scene della Genesi: Il sogno di Giacobbe, Il sacrificio di Isacco,Il sacrificio di Isacco Agar nel deserto, Rachele nasconde gli idoli, Abramo e gli Angel, Sara e l’Angelo, affreschi nei quali, nonostante qualche reminiscenza ancora barocca, il clima è confidenziale. L’importanza delle opere che vi sono state realizzate ha valso ad Udine l’appellativo di “Città del Tiepolo” e, proprio per questo, il Comune, in collaborazione con il Museo del Duomo e il Museo Diocesano, ha ideato le Giornate del Tiepolo che si svolgono, con cadenza annuale, tra maggio e giugno. Agli appuntamenti in calendario per la seconda edizione dell’iniziativa si aggiunge la mostra dedicata l’intero corpus di incisioni del Tiepolo, capolavori assoluti della storia dell’arte grafica, come la doppia serie dei Capricci e degli Scherzi. La mostra, a 22 anni dall’ultima che lo ha ricordato, si potrà visitare sino alla fine di ottobre. Info : tel. 0432 414 717 – www.udinecultura.it . www.udinecultura.it.(B.C.)
13 giugno 2010

 

CARAVAGGIO, IL PITTORE CHE HA DATO LUCE AL BUIO 30 maggio 2010
PERCORSI DI LUCE ALLA REGGIA DI CASERTA 23 maggio 2010
RESTAURATI I CAPOLAVORI FIAMMINGHI DELLA GALLERIA SABAUDA 15 maggio 2010
POMPEI SU STREET VIEW 1 maggio 2010
IL TESORO DI MORGANTINA TORNA A CASA 18 a 2010prile 2010
IL VERO E IL FALSO 11 aprile 2010
ARCHITETTI A SIENA FRA IL XV E IL XVIII SECOLO 4 aprile 2010
LE ORE DELLA DONNA. 28 marzo 2010
CAVALIERI ETRUSCHI. 21 marzo 2010
IL LABORATORIO DI LEONARDO 14 marzo 2010
L’8 MARZO ALL’INSULA SAPIENTIAE 7 marzo 2010
IN RESTAURO LA TRIBUNA DEGLI UFFIZI 28 febbraio 2010
DA REMBRANDT A GAUGUIN A PICASSO 21 febbraio 2010
RESTAURATA LA FONTANA DEL BICCHIERONE 14 febbraio 2010
SEGRETI E TECNOLOGIA ALLA CORTE DEI VISCONTI E DEGLI SFORZA 7 febbraio 2010
RATIFICATA LA CONVENZIONE UNESCO PER IL PATRIMONIO SUBACQUEO 31 gennaio 2010
ANTOLOGIA DI MERAVIGLIE. 22 gennaio 2010
Ritrovata la coenatio rotunda di Nerone? 17 gennaio 2010
CARAVAGGIO. RESTAURO APERTO 10 gennaio 2010
LUXUS. IL PIACERE DELLA VITA NELLA ROMA IMPERIALE. 3 gennaio 2010
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